25 Marzo 2014

FOCUS – Stagione e numeri di un allenatore criticato: salviamo il sergente Mazzarri

Di Antonio Carboni.

Taciturno non lo è mai stato, simpatico ai giornalisti neppure. Amato dai suoi calciatori, che spesso gli riconoscono degli importanti meriti sportivi e non, questo si, e la sensazione è che lo sarà sempre indipendentemente da come finirà anche questa prima stagione nerazzurra. Walter Mazzarri è arrivato all’Inter rifiutando un’ipotesi di progetto, quello della Roma, che sicuramente gli avrebbe dato meno problemi e più gioie ma è risaputo a tutti che il tecnico di San Vincenzo non è mai stato uno a cui piacciono le cose semplici.

Quando arrivi in una società che viene da una delle stagioni più terribili della sua storia, sai già che niente potrà mai essere semplice. Sai benissimo che ti troverai di fronte ad un tifo inferocito che non ti perdonerà niente, neanche il minimo errore, che incontrerai e dovrai “curare” i mali di una squadra svuotata e demoralizzata con tantissimi giocatori sul piede di partenza. Il tifoso nerazzurro vive di passione e ama la squadra a tal punto che se la domenica perdi una partita come quella contro l’Atalanta, la notte non riesce a prendere sonno e si tormenta nel suo letto alla ricerca di un perché. L’allenatore toscano non è un tifoso nerazzurro, è un mister attento e preparato che da tutto ciò che ha in corpo per il suo lavoro, e per questo probabilmente domenica notte ha passato una nottata per buona parte insonne (come tanti di noi) a riavvolgere il nastro ed esaminare una partita maledetta.

Quando è sbarcato a Milano Mazzarri non conosceva il futuro della società, non sapeva niente di un cambio di proprietà all’orizzonte e ne tanto meno che sarebbe stato l’ultimo allenatore dell’era Moratti e il primo dell’era Thohir. Nonostante mille fattori esterni penalizzanti, con una società poco presente nei mesi di ottobre, novembre e dicembre, il tecnico toscano è riuscito a creare un muro invisibile tra ciò che succedeva fuori dalla Pinetina e il suo gruppo di ragazzi ed è riuscito, con grandi meriti personali, a raccogliere dei risultati proporzionali al valore della rosa che aveva a disposizione.

Fin da luglio il messaggio della famiglia Moratti era stato chiaro: il tempo delle spese folli era finito, doveva lavorare e trarre il massimo dai calciatori che aveva a disposizione. Guardare Jonathan, zimbello dei tifosi, o Rolando, accolto tra lo scetticismo generale, e pensare di farne due colonne portanti della squadra poteva sembrare a tutti una mission impossible, quasi suicida, ma la capacità più incredibile di WM è proprio questa e l’ha ripetuta più volte: riesce a spremere i suoi calciatori a tal punto che tutti danno il massimo e forse anche qualcosa in più.

Dopo il mercato estivo la squadra era incompleta, mancavano dei tasselli fondamentali e non era facile trovare un equilibrio stabile anche a causa della scarsa condizione fisica e degli infortuni degli attaccanti. Mazzarri ha pensato e lavorato tanto, ha fatto degli esperimenti e poi ha tolto dal cilindro quel tanto criticato 3-5-1-1 che ha reso l’Inter come la squadra più prolifica del campionato fino ad un certo punto della stagione, statistica che in tanti hanno dimenticato o fatto finto di non vedere.

A dicembre, in un momento di stagione non semplice, vince il suo primo derby contro il Milan e regala la prima vera gioia al Presidente Thohir presente in tribuna. La sosta invernale pare essere un toccasana per una squadra stanca e provata dall’essere andata oltre il limite dei propri mezzi ma gennaio si rivela un mese difficile: la squadra è scombussolata dal mercato, troppi giocatori sono al centro di trattative con altre squadre e il futuro è molto incerto anche per le operazioni in entrata. Arriva l’eliminazione dalla coppa Italia, la piazza insorge per lo scambio Vucinic-Guarin e sembra essere arrivato l’epilogo, la fine dei giochi e il riacutizzarsi dell’incubo della stagione precedente.

Ma all’improvviso qualcosa cambia: la società segue le direttive del tecnico, acquista D’Ambrosio ed Hernanes, gli consegna i calciatori che aveva chiesto per completare la rosa e l’infermeria gli restituisce calciatori importanti come Milito e Mauro Icardi. Mazzarri studia, lavora sodo e decide il cambio di schema di gioco: dal 3-5-1-1, diventato prevedibile per gli avversari, si passa al 3-4-2-1 e al 3-5-2 e la squadra ricomincia a far punti pur non giocando una partita brillante con il Sassuolo. Il bel gioco arriva il sabato seguente nello scontro diretto contro la Fiorentina: la squadra si impone per 1-2 e torna a credere in un quarto posto che sembrava un miraggio. Nelle domeniche seguenti arrivano 8 punti contro Cagliari, Roma, Torino e Verona, il mister riconquista le simpatie dei suoi tifosi, ma proprio al momento del -1 dalla Viola arriva la doccia fredda: sconfitta interna in una partita incredibile contro l’Atalanta.

La squadra gioca bene, crea un’infinità di palle gol e colpisce 4 legni (2 pali e 2 traverse), i giornalisti ne ammirano il bel gioco definendo straordinario il secondo tempo, ma i tifosi colgono al volo l’occasione e si scagliano nuovamente con rabbia contro chi ha ridato credibilità e identità ad una squadra che appena una stagione appariva confusa e cambiava moduli e interpreti continuamente. Tuttavia, i dati da febbraio parlano chiaro: 7 partite, 4 vittorie, 2 pareggi e una sconfitta. 14 punti fatti su 21 disponibili nonostante impegni difficili come le trasferte di Firenze, Roma e Verona. La difesa, colabrodo nelle ultime due annate, è la terza meno battuta del campionato di serie A e in queste 7 partite ha incassato solamente 4 reti (di cui 2 nella partita di domenica). Il rendimento dell’Inter in queste ultime giornate è da terzo posto e grazie a Mazzarri sono stati rivalutati calciatori che nel mercato estivo valevano neanche la metà dell’attuale valore: Andrea Ranocchia, ammirato nelle ultime 3 partite in una versione Mondiale, Jonathan, Alvarez e un sempre solido Rolando, entrato nell’elite dei migliori difensori della Serie A per rendimento offerto sul campo.

L’astio e la poca fiducia nei confronti di Mazzarri, la cui squadra in stagione non ha potuto mai usufruire di un calcio di rigore ed è stata penalizzata da numerose ed evidenti decisioni arbitrali sfavorevoli, rimane agli occhi di tanti come incomprensibile ed è stata motivata fin’ora con un classico “scarsità di bel gioco” che lascia più di qualche dubbio e perplessità sulla costruttività delle critiche di troppi tifosi. Bisognerebbe ricordare ogni tanto, che nella non troppo lontana Napoli, dove il mercato è stato molto ricco e ha portato dei top-player, in tanti rimpiangono quel Mazzarri che a Milano, a causa delle illusioni di tanti tifosi che probabilmente si aspettavano un Inter da scudetto nonostante una rosa incompleta dal valore mediocre fino a febbraio, rischiano di far passare come incompetente e inadeguato alla Beneamata.

Fortunatamente, e di conseguenza sfortunatamente per alcuni, per il tecnico di San Vincenzo parla la carriera e questa dice che dovunque è andato ha sempre fatto bene e raggiunto e i suoi obiettivi. Anche quest’anno, con l’obiettivo quinto posto ed Europa League decisamente alla portata di una squadra ritrovata, Mazzarri potrebbe portare a termine con successo la sua missione per incrementare la già solida fiducia della dirigenza e per zittire e ridare anche ai tanti scettici un Inter europea e ancor più forte e competitiva a partire dalla prossima stagione.

A nove giornate dalla fine della stagione, con l’Inter ancora in corsa per i suoi obiettivi, la cosa certa è solo una: nonostante le troppe critiche esagerate c’è chi ancora ripone la totale fiducia nel suo allenatore e sarà così fino a quando il sergente Mazzarri siederà fiero e determinato sulla panchina dello stadio Giuseppe Meazza di San Siro.