A tal proposito è stato intervistato da La Gazzetta dello Sport, queste le sue parole: “Maradona, Falcao, Antognoni, Rossi, Tardelli, Oriali. E io che ci faccio qui? A Firenze, dove è stato celebrato il mio ingresso nella Hall of Fame del calcio italiano, ho vissuto una giornata incredibile: io, nel Salone dei Cinquecento in mezzo a dei campioni straordinari. Quelli che mi hanno fatto vincere il Mondiale del 1982 e altri che hanno fatto la storia del calcio. Non solo: tra i difensori, nella Hall of Fame ci sono già Baresi, Cannavaro, Maldini, ed è un enorme motivo di orgoglio averli raggiunti. In pochi momenti, ho ripercorso il film della mia carriera e della mia vita: dall’oratorio di Settala alla vittoria di un Mondiale e a una carriera di 20 anni con la maglia dell’Inter. Mi ha premiato Gianni Rivera e, sul palco, Ilaria D’Amico mi ha chiesto se avrei scambiato il mio Mondiale con il suo Pallone d’oro. Ma io non ero uno da Pallone d’oro, anche perché ho sopperito al talento con la voglia di raggiungere un sogno. Mi tengo stretto il mio Mondiale, perché nessuna maglia ti dà sensazioni irripetibili come quella azzurra. Io, poi, ne ho giocati quattro, e il massimo traguardo per un calciatore l’ho raggiunto giovanissimo. Rivera ha perso una finale Mondiale e vinto un Pallone d’oro, giusto che anche lui si tenga il suo. Sono premi diversi: uno è personale, l’altro è il coronamento di un lavoro di gruppo. E sono felice che negli ultimi tempi si sia riscoperto l’attaccamento alla maglia azzurra. La Nazionale, soprattutto in determinate partite, non veniva presa tanto in considerazione. Ora, anche grazie al rinnovamento federale partito dai settori giovanili e iniziato con Sacchi, stanno arrivando annate pieni di giocatori di talento. Grazie a questo lavoro, e all’organizzazione di amichevoli di prestigio, anche lo stage diventa una motivazione”.
“La mia prima dedica va alla famiglia, il nucleo della mia vita: mia madre e mio fratello che mi sono stati vicini a inizio carriera, poi ovviamente mia moglie. E poi, ancora, a tanti allenatori, su tutti Bearzot; all’Inter, che mi ha dato fiducia con Bersellini a 17 anni, e a tutti quelli che mi hanno accompagnato in tanti anni. Nella Hall of Fame, da ieri, c’è anche Cesare Maldini: vorrei ricordarlo con un aneddoto della finale di Coppa Uefa del 1998, che saltai per infortunio. Ero in mezzo al campo, lui dalla tribuna mi salutò: «Ti faccio una telefonata». Risposi: «Un attimo, mister, sto salendo». Mi disse: «Se guarisci, ti porto al Mondiale». Mancavano tre partite, non rischiai una ricaduta, mi portò lo stesso. E quel Mondiale fu una grande rivincita. A Cesare Maldini sarò sempre riconoscente: ricongiungermi idealmente con lui, grazie a Paolo, in questa occasione, mi ha messo i brividi. ”