EDITORIALE – Tra risolutezza e coup d’oeil
Dopo il derby targato Milito è arrivato un mese in cui alla stentata vittoria contro la Lazio sono seguite prima una brutta eliminazione in Coppa Italia e poi un punto in tre partite coronate dalla sconfitta di Roma. La sentenza è amara: l’Inter è definitivamente fuori dai giochi scudetto.
UN DEBITO CHE SI STA PAGANDO – Dopo il derby tutti sognavano una nuova cavalcata sulle orme della Leomuntada della stagione precedente che aveva portato lo scorso aprile l’Inter a giocarsi il titolo. Mentre dieci mesi fa l’ex tecnico brasiliano arrivò però a giocarsi ? perdendoli ? gli appuntamenti importanti, l’attuale allenatore Claudio Ranieri tali incontri non li disputerà nemmeno nonostante abbia preso la squadra già a ottobre. Il ciclo di vittorie pre e post natalizio era caratterizzato da una lunga serie di coincidenze ed episodi favorevoli piuttosto che di una ritrovata brillantezza ? partite contro Lecce e Parma escluse. L’Inter ha sempre dato l’impressione di vivere alla giornata con i guizzi dei vari Milito, Castaignos e Nagatomo piuttosto che di costruire un progetto importante con un vero impianto di gioco e di uomini, ciò a lungo andare costa caro e si sta pagando adesso il debito con la sorte accumulato nelle partite precedenti.
SPETTRI DEL PASSATO ? Una menzione particolare merita il modulo tattico della squadra che ha provocato una spaccatura tra Ranieri, giocatori e società. Più di una volta l’allenatore ha giustificato lo scarso impiego di Sneijder dicendo che la squadra era più portata a giocare con il 4-4-2 piuttosto che con il trequartista. Noi cogliamo l’occasione per porci dubbi sulla veridicità di tale affermazione dal momento che sono anni (o se preferite ere geologiche calcistiche) che l’Inter non gioca con un centrocampo a quattro allineato ma con uno o più trequartisti. E? il terzo anno che Sneijder gioca a Milano e prima del suo arrivo erano state proposte soluzioni come Stankovic e a volte Figo o Jimenez come vertice alto o più spesso due ali o attaccanti laterali al fianco di Ibrahimovic. L’unico allenatore ad aver allenato questo gruppo di giocatori schierando un quartetto di centrocampo non ha vinto nemmeno una partita in nerazzurro ed è stato mandato via dopo ridicole sconfitte come quella contro il Trabzonspor e il Novara. Inutile ripetere il suo nome, folle emulare le sue gesta. A questo punto è facile chiedersi se le dichiarazioni di Ranieri sull’abitudine della squadra a giocare senza trequartista fossero una reale convinzione o un modo goffo per giustificare una situazione paradossale come quella che ci sta offrendo con Sneijder. Ne vedremo, ahimè, delle brutte.
LA SOTTILE LINEA ROSSA ? Ultima considerazione da fare è quella su Ranieri, un allenatore che nonostante abbia allenato alcuni tra i più importanti club europei ha ottenuto pochi successi in carriera. Troppo facile in questo momento puntare il dito su di lui anche in virtù delle sue ultime discutibili scelte, egli resta comunque un discreto allenatore e un?ottima persona, qualità questa che gli ha permesso di non far affondare la barca nerazzurra nell’abisso in cui si trovava a ottobre. Qual è allora il problema di Ranieri? Ranieri non ha un problema, egli è solamente un tecnico a cui manca (e verosimilmente mancherà per sempre) l’ultimo gradino per diventare un vincente. Esiste una sottile linea rossa che divide la buona normalità dall’eccellenza, un labile confine che solo pochi eletti riescono ad oltrepassare e che Ranieri come tanti suoi colleghi non riesce a valicare. Ma cosa fa di un allenatore o di un condottiero in generale un vincente? Sicuramente la giusta commistione tra coup d?oeil e risolutezza quella che secondo Carl von Clausewitz rende un comandante di un esercito un genio militare. Il coup d?oeil comprende tutte le risoluzioni prese al momento dell’azione ovvero il cogliere prontamente una verità non visibile a uno sguardo normale se non dopo una lunga riflessione, il capire al momento quando è giunta ora di osare piuttosto che di riflettere, quella molla interiore che differenzia e non poco Ranieri dal gotha degli allenatori. La risolutezza è invece l’atto di intelligenza che fa prendere coscienza della necessità di osare e determina con essa la volontà di rischiare. Con Mourinho tante volte i tifosi nerazzurri hanno assistito ad audaci finali di partita con quattro attaccanti in campo e vedendo ora i cambi di Ranieri è evidente la grande paura dell’attuale allenatore nerazzurro di osare. La fortuna aiuta gli audaci e lui paga le conseguenze della sua eccessiva razionalità.
Ranieri si è sempre dimostrato una buona guida ma non un genio militare che è però ciò di cui la squadra ha bisogno, ovvero un allenatore che porti l’Inter a nuovi traguardi tra risolutezza e coup d?oeil. A quando allora un nuovo genio in nerazzurro? La risposta al tempo. E a Moratti.