FOCUS – La rosa attuale: che farne? Parte II
Di Giorgio Crico.
Andando avanti con l’analisi delle prestazioni offerte dai calciatori dell’Inter nella stagione 2012/2013, per capire chi sarebbe il caso di confermare e chi invece ha deluso le aspettative, ecco arrivare il centrocampo e l’attacco (cliccando qui leggi invece l’analisi su difesa ed esterni), per molti versi i reparti più criticati ma soprattutto i più falcidiati dagli infortuni. Tra malasorte, legamenti e tendini rotti, stiramenti di secondo grado e partite incolori, la carne al fuoco è tantissima ma, persino dopo una stagione così storta, del buono c’è e bisogna cercare di individuarlo, quanto meno per gettare delle basi solide per il prossimo anno che, ormai è chiaro, non si può fallire.
IL CENTROCAMPO ? Vista e ?sezionata? la situazione sugli esterni ieri, oggi tocca a chi ha giocato sempre in mezzo al campo ma nella fascia centrale del rettangolo verde. Posto che il futuro dell’Inter è già Kovacic, il quale ha dimostrato una personalità eccezionale e una media voto molto più che soddisfacente nonostante i pessimi risultati di squadra, su quasi tutti gli altri suoi compagni di reparto è il caso di interrogarsi a fondo. Mateo, dal canto suo, ha impressionato per come ha raccolto (ad appena diciotto anni!) un?eredità pesantissima com?era quella di Sneijder che, nonostante non sia più riuscito a fare un?intera annata sui livelli del 2009/2010 dopo il Triplete, ha comunque regalato sprazzi della sua classe e ha catalizzato la gran parte dei palloni giocabili finché è rimasto (e ha giocato) in nerazzurro. In pratica, già da marzo, è stato evidente come i giocatori della Beneamata cercassero Kovacic e gli recapitassero spesso e volentieri la sfera, affidandone a lui lo smistamento. Unica pecca dei primi sei mesi della stellina croata? Lo zero nella casellina dei gol fatti un pochino pesa, in effetti, ma giocando così lontano dall’area avversaria non era pensabile che il numero 10 riuscisse anche solo a concludere molto spesso… Non può che essere confermatissimo. Discorso radicalmente diverso per Walter Gargano: il muscolare centrocampista uruguaiano ex Napoli è stato additato tra i protagonisti negativi della stagione da molti tifosi. Ora, è evidente come El Mota non sia proprio uno Zidane nel tocco di palla e nella tecnica individuale ma il suo spirito di sacrificio e la sua corsa continua per 90?, sempre e comunque, sono altresì due frecce al suo arco che meritano la giusta considerazione, soprattutto in virtù del fatto che spesso e volentieri ha dovuto mettere i suoi polmoni al posto di quelli di alcuni suoi compagni, immobili come statue nel momento in cui bisognasse tornare in difesa a coprire. Per finire, è stato uno dei pochi a rimanere in forma per quasi tutta la stagione, crollando atleticamente anch?egli solo nel finale. Confermare o non riscattare? La domanda è complessa: il numero 21 rende probabilmente al meglio nel momento in cui è affiancato da un playmaker abile coi piedi che supplisca alle sue meno sviluppate capacità d?impostazione ma oltre 5 milioni di euro per un giocatore che, tutto sommato, nelle ultime due stagioni non ha reso granché (perdendo il posto in Nazionale) e ha già 29 anni non sembrano un buon investimento in tempo di crisi. Se si riuscisse a strappare uno sconto della metà, Gargano potrebbe anche restare ed essere la prima alternativa al mediano incontrista titolare (che comunque si sta già cercando sul mercato). Altro mediano di contenimento che quest?anno non ha reso secondo le aspettative è stato Gaby Mundingayi. Presentato come ?il centrocampista che recupera più palloni della Serie A? (statistica peraltro vera), è stato prelevato a un prezzo bassissimo dal Bologna, è vero, ma è apparso in campo solo 14 volte in stagione, con un minutaggio per giunta basso e senza impressionare particolarmente, al netto della spaventosa sequela di infortuni occorsagli. Il riscatto costerebbe 750?000 euro, non certo una gran cifra, ma bisogna valutare se spendere questi soldi (più quelli dell’ingaggio del rimanente anno di contratto) per un calciatore 32enne, al momento non integro fisicamente e che quando è stato in forma comunque non ha lasciato un ricordo particolarmente positivo. Se l’Inter deve ripartire dai giovani forse val più la pena investire su Benassi o Obi e lasciar tornare il mediano belga a Bologna. Proprio il giovane nigeriano è in realtà un altro degli oggetti misteriosi della stagione: quattro presenze, un elenco di infortuni impressionante, tempi di recupero biblici e una marea di punti interrogativi rimasti senza alcuna risposta. Che fare adesso? Forse, data la giovane età di Obi, la soluzione più indicata sarebbe un anno di prestito in una società di mezza classifica dove il ragazzo possa rigenerarsi dal punto di vista fisico e mentale, libero dalle pressioni tipiche dell’ambiente nerazzurro, che non sono certo un toccasana per quando ci si deve riprendere, per riaverlo ai nastri di partenza nel 2014 più carico e in forma che mai. Capitolo Benassi: altro giovane di belle speranze, aveva impressionato molto al debutto e nelle partite immediatamente successive per poi perdersi leggermente alla lunga. È giovanissimo (nemmeno 19 anni, li compirà solo a settembre) e ha chiaramente mostrato un?ottima stoffa: l’anno prossimo potrebbe senz?altro essere un rincalzo di prim?ordine giacché combina bene interdizione e geometrie, magari arrivando a racimolare più delle 13 presenze di questa stagione (si spera almeno una ventina). Ancora differente la situazione di Zdravko Kuzmanovic: il centrocampista serbo è arrivato a gennaio dal non brillante Stoccarda (12° posto finale in Bundesliga ma Europa League agguantata grazie all’approdo in finale di Coppa di Germania) per una cifra molto bassa, considerando l’età del giocatore e la sua esperienza, ma va sottolineato che dell’energico mediano che si ricordava dai tempi della Fiorentina non si è visto granché. Kuz non ha impressionato né per quantità né per qualità di gioco, risultando spesso lento, macchinoso e un po’ imballato: c’è però da dire che è stato proprio il centrocampo a risentire di più del crollo verticale nerazzurro nella seconda parte di stagione e il numero 17 è stato probabilmente travolto dall’inerzia generale (dalla quale s?è salvato il solo Kovacic, come detto). Il fatto che resta preponderante è che sei mesi sono troppo pochi per poter giudicare degnamente un calciatore e Kuzmanovic merita senz?altro una seconda chance per l’anno prossimo, nel quale avrà a disposizione tutta l’estate per lavorare su di sé e l’intesa coi compagni, con la speranza che possa davvero trasformarsi nell’agognato erede di Stankovic. Proprio il Drago è un altro interrogativo per Mazzarri e il suo staff: Dejan ha dato troppo all’Inter e agli interisti per poter essere semplicemente messo alla porta come un venditore ambulante di bottoni ma le primavere sul groppone sono quasi 35. Tuttavia Deki ha più che meritato il diritto di concludere la sua carriera in nerazzurro, se lo desidera, magari raggiungendo (con la prossima stagione) i dieci anni di militanza in nerazzurro e cancellando l’immagine dell’ex campione ferito e perennemente in infermeria che ci siamo fatti di lui quest?anno; va però anche aggiunto che, in questo caso, gli debba esser fatto presente che giocherà poco e non proprio nelle partite chiave (a meno di catastrofi): la sua condizione fisica è ormai troppo precaria per annoverarlo tra i titolari fissi, così come l’età è troppo avanzata. Però il suo apporto in allenamento e i suoi consigli ai giovani ne possono fare senz?altro un elemento non solo importante ma ancora imprescindibile dello spogliatoio (un po’ come l’ultimo Figo visto in nerazzurro). Proprio Pasa può essere uno di quei giovani ai quali Stankovic può fare da chioccia, anche se il giovanissimo mediano è stato schierato da Stramaccioni più spesso in difesa che non nel suo ruolo naturale (che sarebbe frangiflutti di fronte alla retroguardia), vista la crisi di infortuni tristemente famosa. Probabilmente, però, per la prossima stagione sarebbe più giusto puntare su Benassi, al momento più esperto del compagno di Primavera, e invece far sbocciare il Condor Pasa in qualche altra piazza prestigiosa, magari di Serie B, cedendolo in prestito (un iter alla Bardi, per dire). Fredy Guarìn invece è sostanzialmente una nota lieta della pessima annata disastrosa, nonostante anche lui abbia avuto un trimestre abbondante di appannamento. Il Guaro deve necessariamente essere un?altra delle basi da cui ripartire per il 2013/2014 e Mazzarri sembra addirittura volerlo (finalmente?) impiegare nel suo ruolo naturale, senza costringerlo a compiti da trequartista in realtà alieni a quello che è il suo gioco (ma che comunque ha saputo spesso assolvere bene). Rimangono le perplessità sul suo calo verticale da febbraio in poi. Cos?è accaduto? Le spiegazioni possono essere molteplici: una preparazione troppo ?leggera? per un giocatore fisico come lui (ma fatta per preservare i ?delicati? veterani), una situazione tattica talmente complicata e che l’ha addirittura spostato sulla fascia dove non si raccapezzava, qualche dolorino di troppo anche per lui, qualche rumor (mai confermato, per la verità) di troppo sulla sua vita notturna… Insomma, la questione è complessa. Ma è stato sotto gli occhi di tutti come, a tratti, l’Inter fosse sostanzialmente Handanovic, Guarìn e Palacio (le due sfide di gennaio con la Roma, la partita interna col Pescara, la trasferta di Bergamo con l’Atalanta…). Non ci si può proprio lamentare del Guaro, quest?anno, visto anche il rendimento complessivo dei suoi compagni. Alvarez è un?altra situazione ancora: rendimento molto discontinuo ma finale di stagione in crescendo wagneriano, durante il quale ha mostrato una grinta e uno spirito di sacrificio raramente apparsi in precedenza nello sguardo di Ricky. S?è dunque meritato la conferma? Non si sa, in realtà. Perché Mazzarri non utilizza, di solito, giocatori con le sue caratteristiche nel suo modulo e, a fronte di una sessantina di presenze totali, un mese e mezzo fatto alla grande ma nel grigiore generale non è poi molto: in sostanza, vale anche per lui il discorso già fatto su Jonathan. Al momento l’ex Maravilla (ha dichiarato lui stesso di non volerlo più sentire) non è deprezzato e gode di estimatori all’estero: può essere una buona occasione per fare cassa.
ATTACCANTI ? Che dire di Milito, Cassano, Palacio e Rocchi? Posto che Milito è stato sfortunatissimo a rimediare un orrido infortunio quando già aveva segnato quasi una decina di reti in stagione e, anzi, si era appena ripreso da un malanno muscolare precedente, è difficile dare una valutazione negativa sulla stagione del Principe. Piaccia o no, ma l’Inter, quando gioca il numero 22, è un?altra squadra. Poi può anche perdere, ma Milito non è solo un goleador ma anche un riferimento per il gioco, un calciatore in grado aprire l’azione quasi come un centrocampista, una punta dotata di quel quid in più che mette in crisi da sola le difese avversarie: insomma, un campione vero, uno degli ultimi di questa Inter. Gli anni però sono 34 anche per lui e dunque nemmeno Diego è eterno ma l’anno prossimo è fondamentale che rimanga in squadra, soprattutto per proteggere e ?coltivare? Mauro Icardi (e Samuele Longo?) che rappresenta il futuro nerazzurro. Altro encomio assoluto per Rodrigo Palacio: il Trenza è stato semplicemente fantastico lungo tutta la stagione, siglando una caterva di gol (22) e non facendo mai mancare una dose settimanale di corsa che tanti diciottenni di Serie A nemmeno si sognano. Il tutto giocando mezza stagione da prima punta, che non sarebbe nemmeno il suo ruolo. Cosa dire se non che è un?altra delle granitiche certezze per il prossimo anno? Agli scettici si può solo consigliare di vedere e rivedere il secondo gol firmato contro la Sampdoria a Genova: Palacio quest?anno non ha solo segnato ma ha inventato i gol quand?anche non gli arrivassero palloni giocabili. Antonio Cassano, dal canto suo, è invece un capitolo aperto: che, numeri alla mano, abbia fatto bene in stagione è indubbio ma a tenere banco è per l’ennesima volta il suo carattere e le sue cassanate. Tenere o cedere è, relativamente a Fantantonio, più che un dibattito, quasi una questione di principio. Se adottassimo un criterio meritocratico, il numero 99 dovrebbe rimanere assolutamente perché più di venti giocate personali decisive in stagione, tra gol e assist, sono un dato importantissimo. Mazzarri, inoltre, lo conosce benissimo e magari potrebbe decidere di impiegarlo ?alla Altafini?, cioè facendolo entrare spesso nel secondo tempo per smuovere quelle sfide tatticamente bloccate o per dare la proverbiale ?scossa? alla squadra: staremo a vedere. Infine ecco Tommaso Rocchi: il più vituperato, preso in giro e “additato come inutile” dell’anno. Comprato a gennaio per fare da vice Milito (35enne, fuori condizione, sul viale del tramonto), non ha certo acceso gli entusiasmi dei tifosi ma l’ex capitano della Lazio s?è dimostrato un professionista serissimo: ha fatto molta fatica ma ha ritrovato la condizione nonostante l’impiego praticamente nullo finché Palacio s?è retto sulle sue gambe e, in un paio di occasioni, s?è anche rivelato decisivo (contro il Parma soprattutto). Giocatore ancora capace di dare la sua ?zampata?, come punta d?emergenza la prossima stagione potrebbe anche restare, magari per aiutare anche lui l’integrazione delle nuove e giovani punte nello spogliatoio nerazzurro. Certo, il campo lo vedrebbe molto di rado senza l’Europa League, in un reparto che potrebbe contare anche sei giocatori il prossimo anno, ma l’uomo, prima ancora che il calciatore, ha dimostrato una professionalità encomiabile e quasi commovente nel suo piccolo. E poi, diciamocelo chiaro, con quello che costa si può anche tenere…