Cordoba: “Addio all’Inter? Ci soffro ancora, darei la vita per questi colori. Moratti un signore. Il triplete…”
Ivan Cordoba, indimenticabile ex bandiera nerazzurra e attuale dirigente interista, ha parlato del suo addio all’Inter e di due importanti momenti che hanno segnato la sua carriera e il suo spirito da campione e guerriero. Ecco la lunga intervista rilasciata al quotidiano L’Avvenire: “Il discorso sarebbe lungo, ma se vogliamo semplificarlo con una metafora calcistica è come se l’allenatore mi avesse chiesto: ‘Iván se fai il bravo giocherai l’ultimo minuto’. Che è diverso da quando la squadra vince 1-0 e il mister all’89? ti dice: ‘Dai Iván scaldati, tocca a te’. Ma i tifosi sanno che io per l’Inter ho dato e darei ancora la vita. Nostalgia e sofferenza? È stata una separazione molto dolorosa. Confesso che ci soffro ancora, perché io non ho lavorato per l’Inter, io ho vissuto per quella società”.
MORATTI – “È stato il presidente in persona a volermi all’Inter. Moratti oltre che un signore del calcio è un grande esperto. Guardava tutte le videocassette dei campionati sudamericani, così quando Lippi gli chiese un centrale difensivo mi mandò a prendere al San Lorenzo de Almagro”.
IL TRIPLETTE – “Il 2010 resterà un anno mitico. Eravamo talmente consapevoli della nostra forza che entravamo in campo pensando già a che minuto avremmo fatto gol. Mourinho è il più grande motivatore che ci sia, ma con lui mi sono anche scontrato duramente. Quando?Dopo la sconfitta di Bergamo Mou ci ha urlato di tutto? Non avete vinto niente, e quel poco solo grazie ai tribunali?, Il giorno dopo lui era ancora furioso ma io più di lui, perché non conosceva bene la storia ed esagerò nello sminuire tutto quello che a noi era costato tantissimo in termini di sofferenza. Ogni volta che si parla di Calciopoli poi si scatenano polemiche che non servono al calcio… Posso dire, però, che noi giocatori avevamo spesso la sensazione che certe decisioni fossero un po’ strane. La giustizia sportiva e quella ordinaria hanno poi stabilito che effettivamente qualcosa c’è stato e per quanto mi riguarda questo chiude il cerchio e dimostra che le nostre sensazioni erano fondate. Ora mi auguro che questa triste pagina si chiuda una volta per tutte”.
IL 5 MAGGIO 2002 – “Era una finale da vincere senza se e senza ma, e l’abbiamo buttata via solamente noi. Tra il primo e il secondo tempo è successo qualcosa che non so spiegare… Mi dispiace ancora, anche per Cuper, con lui la mentalità dell’Inter era comunque cambiata. Quando è arrivato Mancini ha trovato una squadra più quadrata, già indirizzata sulla strada del successo”.