Materazzi: “Facchetti un padre che non mi fece andare al Milan. Mou a Barcellona mi disse…”
L'idolo della tifoseria nerazzurra si è raccontato durante un incontro con un Inter ClubCi sono nomi difficili da scordare per un tifoso di calcio, ed uno di questi è sicuramente quello di Marco Materazzi. Difensore vecchio stampo dal fisico statuario e dal comportamento burbero, almeno sul campo: un mix perfetto per farsi amare dai propri tifosi, un po’ meno da quelli avversari…L’ex difensore dell’Inter ieri sera è stato ospite di un evento organizzato dall’Inter club “Peppino Prisco” di Bitonto, dove Francesco Ippolito di TUTTOcalcioPuglia.com ha potuto estrapolare queste dichiarazioni:
EVERTON – “Arrivai in Inghilterra senza sapere mezza parola nella loro lingua, per questo non chiesi la maglia numero 23. Sotto il punto di vista professionale però imparai molto, e fui anche fortunato perché di solito gli anglosassoni sono molto nazionalisti, mentre in quel periodo esplose la mania dello straniero. Di fatto a torello andavamo sempre io o Dacourt in mezzo…Ora le cose sono cambiate, loro sono un passo avanti rispetto all’Italia e lo si può capire facilmente. Io in quel periodo avevo a carico un figlio di appena sei mesi, per questo feci solo mezza stagione prima di fare le valigie ed andarmene”
INTER – “Dopo un Perugia-Inter finita 2-3 con un mio gol arrivò nello spogliatoio Giacinto Facchetti e mi disse di non segnare più, altrimenti avrei eguagliato il suo record. Lui fu la persona che mi accudì nei miei primi giorni interisti, e fu quello che poi mi permise di rimanere all’Inter e non andare al Milan. Un giocatore che mi dava fastidio in campo era sicuramente Julio Cruz ai tempi del Bologna: veloce, tecnico, alto e con una certa attitudine a ‘picchiare’. Però devo ammettere di sentirmi fortunato a non aver mai affrontato gente come Messi, Cristiano Ronaldo o il Ronaldo nerazzurro”.
MOURINHO E LEONARDO – “Mourinho dopo il match di ritorno con il Barcellona venne da me e mi disse che avrei giocato la finale del Bernabeu. Conseguimmo il Triplete, e dopo pochi mesi divenne ‘La Manita’: in quei anni avremmo dovuto fare le foto di rito, ma poi arrivò Leonardo e ce lo impedì. Il giorno delle foto io ero pronto a far vedere al mondo la mia coppa tatuata, ma poi arrivò lui e disse che non avremmo scattato alcuna foto. Per questo non abbiamo nessun ricordo stampato di quella squadra affiancata dai 5 trofei”.
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