EDITORIALE – É tutto un equilibrio sopra la follia
Mancini Mazzarri
E alla fine arriva l’Inter: pazza, folle, capace di dire tutto e fare il contrario di tutto, abile a far credere come tutto sia razionale e rigido almeno quanto poi sia astutamente in grado di riportarsi in casa l’uomo che rimette più in alto di tutto i sogni e le fantasie del tifoso. E alla fine arriva il Mancio: la sua innata centralità, la sua capacità di brillare di luce propria agli occhi degli interisti che in un attimo hanno potuto togliere ai loro pensieri proibiti un veto che da lontano sembrava fatto di acciaio inossidabile.
Rendere possibile l’impossibile sembrava esercizio ormai vetusto per chi considerava le morattiane memorie un retaggio di epoche anacronistiche, eppure i colori meravigliosi del cielo di Milano portano in grembo ancora lampi di genuina follia, il duello tra le logiche conseguenze del portafoglio e le imprevedibili dinamiche del cuore non ha più un vincitore annunciato e scontato. Così abbiamo congedato Walter Mazzarri, la sua rigidità di campo, la sua logica fredda e distaccata, il suo mai sopito intento di cambiare qualche regola ferrea dell’interismo. Certe tradizioni non si possono toccare così a buon mercato, senza dare in cambio qualcosa di tangibile e concreto come i risultati e quel senso di appartenenza a una famiglia speciale da cui il burbero Walter aveva pensato di potersi smarcare.
Dalle colonne di Passioneinter.com avevamo trasmesso a reti unificate un messaggio tanto forte quanto, nostro malgrado, asettico nel suo insieme. Avevamo davvero creduto che l’Inter fosse diventata un ingrediente di riconoscibile eccezionalità nel pentolone umorale della cultura calcistica italiana, avevamo tentato di ammonire i rischi di una destabilizzazione esterna che aveva reso l’Inter materia di dileggio durante gli anni più tenebrosi, dove la logica dell’avanti un altro era l’unica porta aperta in un corridoio stretto e senza soluzioni alternative. Il pragmatismo, la programmazione, la coerenza, la stabilità ci erano saltati all’occhio come elemento di svolta autoritaria incastonata in un’epoca frenetica in cui l’immediatezza è l’unico veicolo concreto per recapitare a destinazione un messaggio di cambiamento. Avevamo fatto i conti senza l’oste, anzi senza l’ostilità. Accettare brodino e gallette in cambio della promessa di mettere in cascina quanto bastasse per imbastire inesauribili banchetti luculliani negli anni a venire, era un concetto troppo stridente per chi ha la necessità di trovare alla propria tavola quantomeno il pranzo della domenica, in cui trovare i sapori più cari al palato acuendo la voglia di stare insieme alla stessa tavola respirando l’atmosfera del convivio dato dalla condivisione di qualcosa di prelibato.
Ci siamo accorti così, senza avvisaglie né sospetti, che l’Inter non è mai cambiata e se fino a ieri questo poteva essere il male assoluto oggi apre una riflessione importante sulla necessità di stabilire sinergie con i committenti finali dell’Inter, ovvero i tifosi. Riavvolgendo il nastro, la rigidità e la razionalità improntata in un progetto tecnico mai decollato ha fatto a pugni con l’emotività e il sentimento che il tifoso interista da sempre ci mette come valore aggiunto. Non poteva e non doveva essere una guerra di trincea tra la Società ed i tifosi e in un minuto ci siamo risvegliati all’interno di un nuovo sogno, le cui fila sono tirate da chi come Mancini ha speso tutta la sua carriera di giocatore a realizzare giocate oniriche e gran parte della sua carriera di allenatore a rintuzzare le fantasie sopite di chi non era più abituato ai caroselli ed ai bagordi.
Tutto ad un tratto, il progetto cambia strada e ciò che oggi la Società ci vuole comunicare è che conta il viaggio più che la destinazione: deleterio quindi avventurarsi su una sconnessa mulattiera da affrontare nella prospettiva di essere destinati ad un paradisiaco resort piuttosto che viaggiare comodamente in autostrada ed aprire alla possibilità di godersi le tappe intermedie prima di giungere ad un approdo studiato a tavolino. Perchè noi interisti alla fine siamo inguaribili e innamorati, non possiamo stare a lungo senza ricevere estemporanee dimostrazioni di affetto da parte della nostra amata, anzi Beneamata.
Programmazione, stabilità, pragmatismo sono forse termini troppo aziendali per vivere l’Inter come ci è sempre piaciuto fare e la sola conclusione che ci restituisce questa situazione è come tutto possa essere accettato di buon grado un domani, purchè nell’immediato l’Inter ci abbracci e ci tolga i cattivi pensieri. Perchè in fondo stare in bilico porta dei rischi ma anche un’irrestibile adrenalina senza cui il calcio perde la sua unicità. E’ tutto un equilibrio sopra la follia.
di Fulvio Santucci Follow @SantucciFulvio