26 Novembre 2014

FOCUS – Mancio, 50 anni e non sentirli: dall’oratorio di Jesi alla panchina nerazzurra, dieci anni dopo

Mancini Inter

Mancini Inter

Il 27 novembre del 1964 nasceva in quel di Jesi Roberto Mancini, lo stesso che il 27 novembre del 2014 avrebbe esordito per la seconda volta al timone dell’Inter in campo europeo, però nell’Europa che conta di meno rispetto ai suoi standard. Ma, soprattutto, domani il tecnico nerazzurro spegnerà 50 candeline e il caso ha voluto che in questa giornata di festa per lui, la sua nuova Inter potesse seguirla soltanto dalla tribuna. Già, una vecchia squalifica non gli permetterà di essere sul campo ad incitare i suoi per centrare la qualificazione e il primo posto nel girone F di EL. E allora dovranno essere i suoi ragazzi a fargli un bel regalo di compleanno. Proprio strano come chi abbia consegnato gran parte della propria vita ad un campo da calcio, nel giorno del cinquantesimo compleanno debba starne lontano. Ma siamo sicuri che la lontananza dall’area tecnica non impedirà al Mancio di lottare per la sua passione anche domani, anche quando i ricordi di una carriera lunga e gloriosa scorreranno davanti agli occhi.

Roberto Mancini, uno che il numero 10 lo aveva nel destino, sin dai tempi in cui il mister calcava i campi dell’oratorio San Sebastiano di Jesi e alla tenera età di nemmeno 6 anni aveva quelle due cifre già stampate sulle spalle ma probabilmente anche nella testa. E, forse, il destino aveva visto bene per RM, aveva visto quello che avrebbe rappresentato per la squadra nerazzurra tanti anni dopo, quando solo un errore logistico e puramente casuale impedì il suo passaggio ai cugini del Milan e la sua vita proseguì in direzione Bologna.

L’ISTINTO E IL CASOUn istintivo, si definisce così il Mancio nella vita e nel descrivere la scelta che a soli 13 anni lo portò a lasciare la sua famiglia. Papà Aldo lo aveva capito da subito che quella era la sua strada; mamma Marianna, invece, come tutte le mamme che vedono un figlio di quell’età in partenza, avrebbe preferito tenerselo per se. Ma, come detto sopra, l’istinto del giovane Roberto prevalse e poi sappiamo tutti com’è andata a finire. Il caso, a detta del mister una componente spesso presente nella sua vita. Quella componente che gli permise di toccare con mano la prima panchina in una partita di serie A a soli 16 anni, quando l’allenatore del Bologna, Radice, fu chiamato a sostituire un giocatore della prima squadra ma non riuscì a reperire un altro giovanotto a scuola. E allora toccò al Mancio, che ebbe finalmente la possibilità di avere come compagni calciatori visti fino a quel momento solo allo stadio con papà o in televisione.

L’ESORDIO E GENOVA13 settembre 1981: Tarcisio Burgnich fa esordire RM non ancora 17enne in un Bologna-Cagliari. Tempo neanche un mese e arrivò il primo gol in Como-Bologna. Il primo di una lunga serie, se si pensa che quell’anno il ragazzino di Jesi firmò ben 9 reti. Uno score che incuriosì il presidente della Samp Mantovani al punto da fargli spendere addirittura 2 mld e mezzo di lire più il cartellino di quattro giocatori per portarsi Mancini a Genova, quella città che all’inizio al mister non piaceva affatto, ma che alla fine ha dato addirittura i natali ai suoi tre figli.

“Con Roberto c’è stato un feeling molto intenso che continua ancora oggi. La nostra diversità ci ha sempre attratto. Lui ha le qualità del grande allenatore, è bravo a gestire gli uomini, i grandi campioni”. Gianluca Vialli

Genova, ma più che altro Sampdoria: una lunga parentesi della storia calcistica del Mancio che in termini realizzativi significò: 1 Scudetto, 4 Coppe Italia, 1 Supercoppa di Lega e 1 Coppa delle Coppe. Con un vate come Boskov in panchina e un compagno di reparto del calibro di Gianluca Vialli, insieme al quale sarebbero diventati i “Gemelli del Gol“. Una carriera costellata di gol, successi, ma anche un rimpianto, un dolore forte: la finale di Coppa dei Campioni persa contro il Barcellona di Pep Guardiola nel 1992 ai supplementari. La prima e ultima occasione per i blucerchiati.

LA LAZIO, IL RITIRO E LA PANCHINA – Nel ’97 Roberto Mancini ha 33 anni. Molti lo danno per finito, ed ecco prontamente che lui decide di intraprendere una nuova sfida: la Lazio di Cragnotti. E la scelta di Bobby gol si rivelò vincente: un altro Scudetto, un’altra Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea battendo il Manchester United, due Coppe Italia e una Supercoppa di Lega, il tutto insieme a campioni del calibro di Mihajilovic e Veron.

“Se sono diventato allenatore è merito di Roberto, lo devo a lui che per me è come un fratello e sul campo è il migliore di tutti”. Sinisa Mihajlovic

All’età di 36 anni RM decide di passare dall’altra parte della barricata: gli anni cominciano a pesare e l’idea di allenare diventa realtà quando inizia a fare il vice di Eriksson alla Lazio per poi approdare a Firenze nel 2001 e regalare ai Viola, tanto per cambiare, una Coppa Italia, una competizione molto sentita dal mister, vinta 4 volte da allenatore e 6 da giocatore. Dopo Firenze è la volta del ritorno a Roma, sponda Lazio, ma questa volta sulla panchina: situazione economica difficile ma RM riesce a regalare alla piazza una qualificazione in Champions e l’ennesima Coppa Italia.

INTER, PARTE I – La consacrazione arriva nel 2004, quando il Mancio va a sedersi sulla panchina della nostra Inter, una panchina che scotta per una società che non vede trofei dal ’98. Com’è andata lo sappiamo tutti: cinque anni conditi da 3 Scudetti, 2 Coppe Italia e 1 Supercoppa Italiana. Al mister piacciono le sfide: nel 2009 diventa allenatore del Manchester City, una squadra che non alzava un titolo da ben 35 anni quando il Mancio regalò nel 2011 la FA Cup, continuando così a mostrare la sua “attitudine” per le Coppe Nazionali. Ma il meglio deve ancora venire, con la conquista della Premier League nella stagione successiva e della Community Shield. E, soprattutto, la mentalità di intendere il calcio non solo come mister ma proprio come manager, per fare fronte ad un calcio sempre più proiettato nel business. L’ultima, almeno finora, coppa Nazionale, però, arriva dalla Turchia, dove Roberto Mancini siede sulla panchina del Galatasaray a partire dal settembre del 2013, giusto il tempo di eliminare la Juve dalla Champions…

“Sono esterrefatto da quanto successo al City. Come si fa a licenziare un tecnico che in 3 anni ha vinto una Premier League ed una FA Cup? Quest’anno arrivare secondo in campionato ed in finale di Coppa d’Inghilterra non era abbastanza? Con certe proprietà non c’è niente da meravigliarsi, ma così non è giusto”. Alex Ferguson

INTER, PARTE II – Ed infine, il grande ritorno: a distanza di 10 anni dalla prima volta, il Mancio torna sulla panchina della Beneamata. Contattato il 13 novembre e convinto dal progetto Thohir, RM accetta l’ennesima sfida della sua carriera, una carriera da vincente. Come finirà? Noi interisti ci auguriamo come tutto era iniziato nel lontano 2004: tornando alla vittoria!

Buon compleanno, Mancio!

Mancini Inter 

di Giuseppe Santangelo