EDITORIALE – I sogni muoiono sulle traverse
di Giorgio Crico.
E sì che alla fine non sono poi così grandi. Le traverse, come i pali, hanno una sezione circolare di circa 12 centimetri di diametro: un pallone ha un diametro che può essere addirittura sei volte maggiore. Quello con cui Juan Jesus ha timbrato la porta difesa dal mostruoso Curci, riapparso per 90′ in versione Siena-Inter del 2010 (quando parò anche le mosche toscane con l’eccezione del preciso esterno di Milito che sancì lo 0-1 finale), sembrava essere anche dieci o venti volte più grosso dell’asse orizzontale che congiunge i due pali, tanto sonoramente s’è infranto su di essa.
I più drastici hanno già sentenziato che su quella traversa se n’è andata per sempre la possibilità dell’Inter di qualificarsi per la Champions League, evidentemente ignorando che i conti si fanno a maggio. D’altra parte i drastici erano quelli stessi che si vedevano nell’Europa che conta, magari col tricolore cucito sul petto, dopo l’ormai famigerato 1-3 inflitto alla Juventus a inizio novembre 2012. Per poi volere la testa di Stramaccioni tre mesi dopo. Per poi dire male anche di Mazzarri prima ancora che iniziasse a lavorare (gli unici a non meritare smentita sono quelli che dubitano che l’attuale coach sia un vincente: in effetti è ormai più che dimostrato che sia un ottimo allenatore – vedremo se all’Inter di Thohir diventerà anche un grandissimo allenatore vincendo, finalmente).
Fatto sta che quei dieci centimetri e rotti di ieri sera hanno spento i nostri entusiasmi: a qualcuno fino a stamattina, ad altri fino alla prossima partita, ad altri ancora fino allo scontro diretto col Napoli. Proviamo però a vedere il bicchiere mezzo pieno: delle prime nove non ha vinto nessuna (tolte la Juventus e la Roma, che sta giocando adesso) e Napoli, Fiorentina e Hellas Verona hanno perso, il che si traduce in un piccolo ma che alla fine può essere sostanziale +1 che è arrivato nei confronti di tutte queste rivali. Ora i partenopei, al terzo posto che significa preliminari di Europa che conta, distano solo due lunghezze: certo, appaiarli sarebbe stato meglio, ma la situazione attuale è questa e bisogna far pace con la traversa.
Anche perché se non si arriva al terzo posto non è l’episodico legno di un Juan Jesus (che peraltro ha compiuto un gesto tecnico che da lui nessuno si sarebbe mai aspettato) a non consentirlo, bensì qualche lacuna in rosa che mai è stata colmata. Un esempio? Un’alternativa credibile a Nagatomo, una punta in più, una mezz’ala sinistra che consenta ad Alvarez di tornare sulla trequarti, un esterno destro in grado di non far rimpiangere Jonathan nel caso il brasiliano debba fare una pausa.
Un’altra questione può essere la mancanza, ormai da 13 mesi, di rigori in favore. Per carità, ieri non c’è stato alcun episodio solare (un paio dubbi magari sì) ma in generale l’Inter deve fare una riflessione seria su questo dato per capire come ovviare al problema, presupponendo che anche gli arbitri faranno (bene) il loro da adesso in poi. Ovviamente ciò non vuol dire che i giocatori nerazzurri debbano lasciarsi cadere bocconi come comparse di terz’ordine in un allestimento amatoriale di una qualsiasi tragedia shakespeariana non appena oltrepassino i confini dell’area, ma magari provare a restarci dentro il più lungo possibile. I difensori della Serie A sono celebri per essere tra i più rudi d’Europa: danzare sul pallone all’interno dei sedici metri avversari per un tempo appena sufficiente a guadagnarsi un calcione sugli stinchi senza farsi prendere dalla frenesia della conclusione immediata (vero, Guarin?) può essere una soluzione efficace, se non altro per consentire anche ai compagni un movimento che sia offensivamente più pericoloso anche in caso l’intervento da penalty non arrivi.
Insomma, il tritacarne emozionale che ha investito il popolo nerazzurro dopo il fischio finale di ieri sera, anzi, dopo il rimbalzo lontano causato dalla traversa, non è immotivato perché partite del genere, con sei o sette occasioni da rete e subendo due tiri in porta, vanno vinte. Ma forse per quello dovremo aspettare di non vedere più Pereira in campo e una vera mezz’ala sinistra, con Ricky Maravilla di nuovo in grado di agire dietro la punta. E questo prima di due mesi, forse otto, non succederà.
Intanto facciamo l’unica cosa sensata: tifiamo credendoci. Perché se, nonostante la traversa, Juan Jesus mi inventa una mezza girata di collo esterno che rischia di insaccarsi sotto il sette qualcosa vorrà pur dire: il sogno bolognese si sarà infranto sul legno, ma il sogno Champions è legato al gesto atletico del brasiliano, che dà speranza. Anche oltre la realtà.