FOCUS – Moralizzatori a orologeria
di Michele Femminella
Siede sulla panchina dell’Inter da sei mesi circa e ha già portato a casa due derby su due: Andrea Stramaccioni pare già uno specialista della stracittadina milanese, un condottiero che dimostra di saper infondere grinta e determinazione ai suoi uomini innanzitutto nelle sfide in cui le doti mentali diventano ancora più determinanti rispetto a quelle tecniche e atletiche.
Stramaccioni però, lungi dall’essere un freddo stratega mostra spesso a volentieri alle telecamere che da bordo capo ne catturano gesti, parole spesso urlate, espressioni eloquenti, il suo animo tipicamente passionale e bollente, animo mai placido e inespressivo che dopo una sconfitta disegna sul volto del giovane tecnico evidenti smorfie di sofferenza e dopo una vittoria fa esplodere in deflagranti boati d?esultanza tensioni, gioia e soddisfazione.
A proposito di vittorie occorre tornare sul derby, al fischio finale per la precisione. L’Inter batte i cugini rossoneri per l’ennesima volta nell’anno solare, stavolta di misura, soffrendo in inferiorità numerica, ma dimostrando di essere ancora, o meglio, di essere tornata ad assumere le fattezze di una vera squadra. E gran parte del merito spetta a lui, al giovane Strama da Roma, che un istante dopo il triplice fischio dell’arbitro è in mezzo al campo a saltare, festeggiare, urlare con tutto il fiato in gola per rimarcare che tra le altre cose quello appena realizzatosi è stato un successo anche e soprattutto suo.
Grandi esultanze da parte del mister nerazzurro quindi, sotto la curva occupata dai propri tifosi e in mezzo ai suoi ragazzi. Tutto bene dunque. O forse no. Perché a qualcuno quelle esultanze non piacciono, sono ritenute esagerate, addirittura offensive nei confronti degli avversari. Quel qualcuno è il presidente del Genoa Preziosi, non nuovo a prese di posizione ?fuori dal coro? (per usare un eufemismo) e qualche giornalista che si è posto sulla sua scia.
Non è la prima volta che nell’ambito delle moine di contorno al calcio nostrano un dirigente, allenatore, calciatore o giornalista si scaglia contro chi vince e udite udite addirittura osa festeggiare, in maniera plateale certo, ma sicuramente non lesiva della dignità di nessuno. Stramaccioni non è andato a sbeffeggiare i tifosi del Milan sotto la loro curva di appartenenza, non si è divertito a stuzzicare i suoi avversari o il suo collega uscito sconfitto: ha semplicemente festeggiato, esultato coi suoi giocatori e con quel popolo nerazzurro che Stramaccioni con la sua simpatia e sfrontatezza è riuscito subito a conquistare.
Eppure questo non è bastato a evitare strascichi di polemiche inutili alimentate da presunti censori che a cavallo di una disarmante ipocrisia di fondo hanno immediatamente etichettato la più genuina e spontanea forma di esternazione di emozioni e tensioni come offensive e inappropriate, così, solo per il gusto tipicamente italiota di dover criticare sempre e comunque, polemizzare, fare la morale anche quando di immorale non c’è nulla.
Di fantomatici paladini del buon senso e del rispetto che si scambiano divisa e bacchetta di domenica in domenica e che al contempo però predicano di abbassare i toni e non alimentare tensioni, ne esistono fin troppi nell’incoerente mondo calcistico nostrano. E c’è da scommettere che se prima di esternare dichiarazioni e affermazioni per forza polemiche e lontanamente moralizzanti chi di dovere si concedesse una bella corsa a perdifiato con tanto di urla liberatorie alla Stramaccioni in versione derby, il calcio italiano ne guadagnerebbe certamente in ?vivibilità?, coerenza e tranquillità.
O non è forse che qualche ?guru? del mondo del pallone non potendo dare al rampollo Stramaccioni lezioni sul come si vince una gara importante come un derby voglia mettersi pur sempre, anche se un pò a malincuore, a impartire lezioni sul come festeggiarne la vittoria?