Facchetti: “L’Inter è il racconto di una differenza nello stare al mondo. Ho una certa simpatia anche per il Torino”
Le parole del figlio di Giacinto sul suo amore per i colori nerazzurriGianfelice Facchetti, figlio del capitano e difensore dell’Inter, Giacinto Facchetti, ha parlato a Tuttosport del suo amore per i colori nerazzurri e di cosa rappresenta per lui questo club. Ecco le sue parole:
COS’E’ L’INTER – “L’Internazionale, l’Inter, per me è un bel racconto. E’ un’idea. Il racconto di una differenza nello stare al mondo. E mi piace sempre vederla attraverso la narrazione, l’Inter. Perché l’Internazionale sono tante idee che prendono forte. L’hanno incarnata giganti e meteore. L’Inter è una grandissima storia che racconta proprio le differenze. E la principale, che diede la scintilla iniziale, è stata quella di aprirsi fin da subito agli stranieri. Ci sono stati periodi in cui hanno chiuso le frontiere, nel nostro calcio. C’è stato un periodo, la dittatura fascista, in cui l’Internazionale fu persino costretta a cambiare nome: Ambrosiana. Ma l’Inter resta libertà senza confini. Nella vita, significa accettazione del diverso. Il primo gol nella storia dell’Inter lo segnò uno straniero nel 1909. Un brasiliano. Achille Gama. Era il destino nerazzurro che nasceva. La mia visione dell’Inter, così, è un insieme di valori. Che inseguo anche nella vita di tutti i giorni”.
INTER E TORINO – “La verità è che, a parte l’Inter che è stata tutta la vita di mio padre e che ormai permea la mia famiglia anche attraverso generazioni diverse, a parte la mia amata, amatissima Inter, insomma, io provo una qual certa simpatia per il Torino. Nel 1951, 2 anni dopo Superga, alla penultima giornata l’Inter giocò a Torino contro i granata: che se avessero perso sarebbero retrocessi in B, mentre se avesse perso l’Inter, lo scudetto sarebbe andato manco a dirlo al Milan. E Benito Lorenzi, il grande attaccante dell’Inter che intanto era diventato come un papà per Sandro Mazzola, dopo la scomparsa del suo caro amico Valentino, non si sentì di condannare il Toro. Si racconta che non si impegnò alla morte, che commise errori incredibili davanti alla porta. Così l’Inter perse 2-1 e poi perse lo scudetto. Mentre il Torino si salvo in extremis in quel modo. Perché vincere non è l’unica cosa che conta: nello sport, ma a maggior ragione nella vita. Altri valori sono ben più importanti. E non c’è bisogno di essere per forza dell’Inter o del Toro per capirlo, per avere e nutrire questa visione etica dell’esistenza”.
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