Zanetti: “L’arrivo in Italia non è stato facile. Capitano silenzioso? Preferivo i fatti alle parole”
Le parole del vicepresidente dell'Inter alla rivista MillionaireJavier Zanetti, vicepresidente dell’Inter, ha parlato alla rivista Millionaire per l’uscita del suo nuovo libro ‘Vincere ma non solo’. Ecco le sue paorle:
GLI INIZI – “Come è iniziato tutto? All’Independiente, ed era la squadra del mio cuore, mi dissero che ero troppo gracile per giocare da professionista ed è stata una grande delusione, ma mi è servito per capire tante cose. A 13 anni ho fatto un provino senza pensare al passato, ho pensato che fosse un’opportunità e l’allenatore che aveva visto un certo atteggiamento mi ha dato fiducia e le cose sono cambiate”.
INTER – “Non è stato facile per me arrivare in Italia, ma ho sviluppato un talento, quello dell’adattamento, mi sono adattato alla lingua, al Paese e al calcio. Mi sono sempre allenato come se dovessi giocare, mi sono allenato tutti i giorni, persino il giorno del mio matrimonio. Ma era un allenamento programmato, non sono pazzo e mia moglie lo ha accettato. Allenarsi è la chiave del successo in ogni ambito”.
CAPITANO SILENZIOSO – “Sono stato un capitano silenzioso, meno parole e più fatti e i miei compagni hanno visto in me un esempio. Ci sono tanti modi di essere un leader ma io ho scelto questo. E ci vuole una mentalità vincente, quello è fondamentale. Ci vogliono poi coraggio, resilienza e determinazione. Le sconfitte? Fanno parte della vita e del calcio ma ti insegnano ad essere più forte e trovi il modo di reagire. Le performance durano a lungo quando si lavora tanto, bisogna sempre migliorarsi. Per restare ad alti livelli serve questo tipo di approccio e di responsabilità”.
PRESSIONI – “Come si sopportano le pressioni? Nelle grandi partite lo stress si sente molto, ma bisogna mantenere un equilibrio in tutto quello che si fa. Di natura sono positivo e questo è importante: nel calcio la forza mentale è essenziale. E poi io credo nella vita”.
DIRIGENTE – “I consigli per un dirigente? Sono importanti i valori di chi compone la squadra. Creare senso di appartenenza è fondamentale, quindi serve un leader che abbia grande personalità e credibilità. E conta anche il talento, tutti ne abbiamo uno e serve tenacia, determinazione, bisogna aspettare il momento giusto e quando arriva quel talento bisogna metterlo a disposizione. Quando ero bambino sognavo di essere un calciatore e ci ho creduto tantissimo, così è diventato realtà”.
MOURINHO – “Ha una grandissima personalità, è bravissimo a motivare, ha intelligenza e conoscenza. E’ riuscito a convincere la squadra che poteva arrivare dove è arrivata. La sua Inter non mollava mai, ci credevamo sempre e ci aiutavamo l’un l’altro. Quando serve uno sforzo in più e qualcosa di diverso, è necessario che il gruppo sia pronto”.
FONDAZIONE PUPI – “E’ nata nel 2001, parlando con Ronaldo, mio compagno di squadra, lui aveva un’attività simile in Brasile. Pupi è il mio soprannome ma è anche l’acronimo di “Por un Piberio integrado”, che significa per un’infanzia integrata. Ci impegniamo per i bambini che devono cominciare dal fondo. E il progetto Mamamor aiuta le mamme fino ai primi tre anni di vita dei loro bimbi. E c’è Costruire un noi, un progetto che coinvolge tutta la famiglia: partiamo dall’insegnare un lavoro ai giovani così che possano costruire il loro futuro”.
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