9 Febbraio 2013

FOCUS – Quel che fa la differenza

La sensazione che in molti hanno è quella che la sfida di domenica sera contro il Chievo rappresenti l’ultima chance per Stramaccioni di restare al suo posto sulla panchina dell’Inter, l’ultima carta che il giovane tecnico romano possa giocarsi per riguadagnare quella fiducia ormai scricchiolante nell’opinione di Moratti e di buona parte del popolo di tifosi nerazzurri, questi ultimi, a dire il vero, ultimamente molto più arrabbiati nei confronti della società che dell’allenatore.

E allora, se dovesse materializzarsi la peggiore delle situazioni, quella che vedrebbe un?Inter incapace di battere anche i prossimi avversari, vien da chiedersi cosa potrebbe accadere, e soprattutto cosa potrebbe cambiare, concretamente, in casa Inter. L’allenatore, certo, ma poi cos?altro? Se davvero arrivasse un nuovo tecnico cosa realmente ci guadagnerebbe l’Inter?

Stramaccioni ha indubbiamente la propria parte di responsabilità in questa stagione fin qui incolore (a voler essere buoni) dell’Inter, troppo acerbo per leggere a fondo squadra e partite, troppo testardo nel voler insistere su soluzioni dimostratesi inefficaci se non deleterie (la difesa a 3, tanto per fare un esempio). Eppure non sbaglia del tutto chi dice che il tecnico romano, con la rosa a disposizione, ha fin qui ottenuto il massimo o quasi in cui si potesse razionalmente sperare. Dove si colloca dunque la verità?

Quando si parla di calcio, quando il calcio lo si analizza, si dimentica spesso del fatto che trattasi di un gioco in cui, più di ogni altro, regna sovrana una dose fortissima di casualità. La miriade di partite che terminano sull’uno a zero ne sono molte volte la testimonianza più lampante: alla fine di un?ora e mezza di gioco, di corsa, di azioni e manovre, tutto il bottino lo acciuffa la squadra che in un modo o nell’altro (è proprio il caso di dirlo) è riuscita a far varcare al pallone per una misera volta la linea di porta avversaria.

Hai voglia a parlare di moduli, tattiche cervellotiche, pressing e contropiede quando sul ?piano del gioco? si è ineccepibili ma la palla proprio non vuol saperne di entrare, e gli avversari si portano a casa il match per un rigore inesistente o una papera del portiere o un ?gol della vita? del difensore centrale di turno coi piedi buoni a mala pena a camminare, ma capace di sfoderare un destro a giro da trenta metri imprendibile pure per Superman dei bei tempi.

E allora il calcio è solo un tiro di dadi? Solo un miscuglio caotico di fatti e circostanze senza logica e senza ordine? Ovviamente solo in parte. Per dirla alla Machiavelli la fortuna (il caso) può essere spesso decisiva nell’agire umano, ma chi possiede una certa dose di virtù può predisporre degli strumenti per incanalarla a suo vantaggio o quantomeno limitarne gli effetti imprevedibili e nefasti. L’allenatore di calcio fa, o dovrebbe fare proprio questo: costruire una squadra che ?giochi bene? vuol dire soprattutto predisporre contromisure e strategie per evitare che gli eventi favorevoli che capitano nel corso di una partita agli avversari possano arrecare il massimo del danno (coincidente col subire un gol) e contemporaneamente intessere una trama di manovre, una base tattica che possa far capitare infine il maggior numero di episodi positivi a proprio favore.

Il fatto è che pure il miglior stratega del mondo, il più pignolo, il più minuzioso, rischia di fare una figuraccia se gli interpreti delle proprie cervellotiche elucubrazioni in concreto non sanno nemmeno da che parte voltarsi. Al contrario se ci si affida a chi alla fortuna e al caso dà una grossa mano, chi insomma per le proprie abilità, le proprie capacità riesce nella pratica a creare e sfruttare le occasioni migliori e a trasformare le circostanze negative in positive, allora tutto, senza dubbio terminerà col più completo successo.

Ritornando dal generale al particolare, dunque, la sensazione è quella che Stramaccioni per quanto non sia stato perfetto nelle proprie scelte tattiche e strategiche, nella predisposizione di moduli e schemi, poco di più avrebbe potuto fare con la squadra che ha a disposizione, una squadra non da cestinare in blocco, sia ben chiaro, una squadra che ha anzi tra le sua fila giocatori di primissimo livello, ma che sembra peccare, soprattutto in fase offensiva della presenza di chi attraverso una giocata, un?intuizione, una ?magia?, possa trasformare un?azione in un gol, una partita in una vittoria. Tanto per esemplificare l’Inter di Mourinho non giocava certo il miglior calcio visto in giro per il mondo, ma era una squadra ?quadrata?, cioè in grado di resistere, prevenire e controbattere colpo su colpo agli episodi favorevoli agli avversari, e che si affidava nella creazione di circostanze positive all’arte e alle abilità dei vari Eto?o, Sneijder, Milito, Maicon, Cambiasso, tutti in un momento tecnico-atletico invidiabile.

Il risultato di una partita di calcio è indiscutibilmente frutto di una buona dose di fortuna, che la bravura di un allenatore e quella dei calciatori, possono prevedere e sfruttare a proprio vantaggio rispettivamente nella teoria e nella pratica. E? lì che risiede la differenza tra chi vince e tra chi perde, e riuscire a far pendere dal proprio lato questa differenza non è un?operazione semplice, certamente non semplice quanto cambiare un allenatore.