Il saluto del guerriero dopo 13 anni di battaglie!
E’ il 39′ della ripresa di uno dei derby più emozionanti di sempre quando la gente allo stadio si alza in piedi per rendere onore all’ingresso in campo del guerriero silenzioso, di un urlo sempre presente in campo, quanto voce silenziosa fuori, di quel giocatore che, se non fosse stato per il monumentale Javier Zanetti, avrebbe meritato di indossare la fascia di capitano nerazzurro: Ivan Ramiro Cordoba.
La memoria non può non andare indietro di 13 anni a quel gennaio del 2000, quando sbarcò a Milano quel piccoletto dalla faccia scura, che sembrava impossibile potesse fare il centrale. Ma una volta sceso in campo vedere la sua velocità e la capacità di arrivare più in alto di tutti sulle palle alte hanno fatto di lui il centrale perfetto per affiancare Marco Materazzi. L’articolo il visto da fuori, una coppia complementare se visti col cuore. Un difensore atipico e per questo sempre messo in discussione nei continui cambi di allenatore che avevano portato, dopo soltanto due anni, le prime voci di una sua possibile partenza per altri lidi. Ma Ivan non ha mai dato fiato a polemiche sterili, dimostrando sempre sul campo di meritare la maglia nerazzurra. Gli anni passavano e dopo le difficoltà iniziali ecco arrivare anche le prime vittorie, da vice capitano, fino alla gioia del 2005, la finale di coppa Italia, capitan Zanetti impegnato con la sua Nazionale, e la fascia da capitano sul braccio destro del guerriero colombiano. Una vittoria che dipinge sul viso che 5 anni prima sembrava così serio, un sorriso che è un misto di felicità, onore, orgoglio e rispetto per la vittoria ottenuta con quei colori per cui lui ha dato tutto! Fino alla data del 5 maggio, ben nota al numero 2 interista, in entrambi i suoi aspetti, quella della tragedia, con lo scudetto perso nel 2002, e poi quello della leggenda, con il primo dei titoli del triplete. Nel bene e nel male quella data ha segnato la parentesi interista di Cordoba, che l’ha scelta come adatta a comunicare la fine della tua avventura da giocatore interista.
Ora smetto i panni di narratore di una storia per indossare quella di tifoso che è cresciuto con le immagini della tua grinta negli occhi. Coltivo nel cuore la speranza che tu possa magari leggere queste parole, perchè è stato per me un onore vederti sudare per questi colori, così come è stato meraviglioso vederti entrare in campo oggi, conquistare questo derby, e vederti sorridere come un bambino quando i tuoi compagni e amici ti hanno sollevato al cielo, come si fa per i grandi vincitori, come un guerriero riportato in patria sullo scudo della vittoria, come un campione che se ne va da vincitore. Porterò nel cuore la tua immagine, sotto la curva, a mani giunte, che ti inchini al popolo nerazzurro, l’estremo gesto di umiltà, anche nel congedo da quel popolo che ti ha tanto amato.