EDITORIALE – Il sapore di un pareggio apparente
Di Aldo Macchi.
Quanti sentimenti trasmette un derby, quante emozioni che variano dalle ore che lo precedono ai minuti che lo vivono, trascinandosi fino ai giorni che si susseguono, alimentati da commenti, critiche o elogi. Quello di ieri sera, in concomitanza con le elezioni politiche, con la notte degli oscar e con il derby cestistico Cantù-Varese, ha espresso tutte le condizioni degne di una serata che poteva avere i mille volti.
LA VIGILIA – Alla vigilia questo doveva essere il derby degli ex, Cassano da una parte, Muntari e Balotelli dall’altra, poteva essere la partita della linea verde, con i giovani chiamati a far vedere il loro grado di maturazione. Ma in tanti puntavano sull’incisività che avrebbe avuto Balotelli, al ritorno sotto la Nord, che non lo ha mai perdonato per il suo gesto di sdegno nei confronti della maglia nerazzurra, nè tanto meno per il suo passaggio dall’altra parte del Naviglio. Alcuni timori per i possibili degeneri in cori razzisti o gesti sconsiderati, scongiurati poi da un comunicato dello stesso gruppo di tifosi che invitava a trattarlo come un “comune” giocatore, fischi sì, ma nessun ululato, per evitare di danneggiare i propri colori. Dal punto di vista calcistico le squadre arrivavano alla stracittadina con umori differenti: entrambi vittoriosi in Europa, ma l’Inter veniva da balbettanti prestazioni in campionato e una sonora sconfitta impartita dalla Fiorentina. Il Milan invece cavalcando l’onda di una grande rimonta in campionato e di una secca vittoria in Champions contro i marziani del Barcellona. Inutile pensare al paragone con l’Inter di qualche anno fa, il presente è oggi e ad oggi, come aveva confermato Moratti, loro erano i grandi favoriti.
IL PRIMO TEMPO – Pronti via, la partita mostra subito una grinta da parte dei nerazzurri che lascia ben sperare per l’esito della gara, Cambiasso pressa a tutto campo, Alvarez ha uno sguardo per lo meno non spaesato e Cassano risulta al quanto ispirato. Passano però i minuti e l’armata nerazzurra cade sotto i colpi di passaggi imprecisi e sofferenza sulle fasce, soprattutto quella sinistra, dove il timore per le incursioni di El Shaarawy porta Nagatomo a rimanere schiacciato, permettendo a De Sciglio di salire e costringendo Guarin al sacrificio difensivo, compito a lui non solo sgradito ma anche non congeniale. Da una palla persa di Cassano nasce il vantaggio che porta i fantasmi in casa interista. Senza Milito, l’uomo del derby, l’Inter era chiamata a rimontare un gol di una squadra che sembrava non poter concedere molto alle ripartenze apparentemente affidate al genio dei singoli di una squadra che aveva sempre più in Alvarez il fantasista senza idee concrete.
IL SECONDO TEMPO – La ripresa ha visto, come spesso accaduto negli scorsi anni, la squadra rinascere dagli spogliatoi e spinta dai miracoli del proprio portiere. Credo fermamente che un grande portiere non sia solo quello in grado di salvare la porta, ma anche quello di far smuovere i compagni con i loro miracoli. Stramaccioni osserva, inizia il suo moto perpetuo e ragiona le mosse per cambiare l’inerzia della gara. La prima è quella di invertire gli esterni, limitandone la spinta ma ottimizzando la copertura. Nagatomo sulla destra migliora, e ogni tanto cambia fascia per tentare il cross, come quando imbecca quello perfetto per la testa di Schelotto, la seconda mossa di Strama, che trova di testa un gol che fa esplodere San Siro. Un pareggio improvviso, coincidente con un nervosismo crescente di Balotelli, incapace di trovare il gol e sempre più beccato dai suoi vecchi tifosi. Handanovic para e l’Inter sfiora più volte il gol della rimonta, quello che avrebbe portato Stramaccioni al 3 su 3 nei derby e il sorpasso sui cugini al terzo posto. Ma il tempo scade e il risultato rimane invariato. Pareggio, le televisioni parlano di partita buttata dal Milan, dominio rossonero, ma i tifosi interisti cantano come se avessero vinto.
UN PAREGGIO MULTIFORME – Eppure la partita era la stessa: statisticamente parlando il Milan ha avuto più possesso palla e occasioni da gol, ma l’Inter ha costruito trame d’attacco più fitte nel secondo tempo, dimostrando di poter essere pericolosa in più di un’occasione. Rispetto alla gara contro il Barcellona, i rossoneri potevano contare su un Balotelli in più, con la carica emotiva che questo comporta. Ma Balotelli ha steccato, in questo il tifo interista trova la vittoria, la distrazione è stata tale che il problema dell’assenza di Milito, della stanchezza di Palacio, dell’incapacità di Cassano di reggere 90′ minuti e dell’emergenza in difesa, passano in secondo piano. Oggi i giornali parlino pure di occasione persa dal Milan, i nerazzurri vedono solo il broncio del prodotto delle nostre giovanili. Ma questo pareggio è davvero un pareggio, entrambe le squadre hanno da recriminare e si sono fatte del male a vicenda, perchè la Lazio vincendo cambierebbe nuovamente la classifica rendendo in salita la strada di entrambe le compagini.
In un paese dove anche le elezioni evidenziano un netto problema di distribuzione del potere, il popolo italiano si conferma a immagine e somiglianza del calcio. Tristemente si esulta per la mancata vittoria degli altri più che per la propria non sconfitta, si preferisce guardare gli sgarbi fatti con il proprio comportamento piuttosto che analizzare da dove ripartire e cosa di buono porre al centro del proprio cammino. Dunque è forse il caso di fermarsi a guardare cosa sta succedendo più in là del nostro naso, farci le giuste domande, e ripartire per un futuro conforme agli obiettivi che ci si è posti, comparandoli ai mezzi a disposizione, che, ad oggi, testimoniano una mancanza di quel terminale offensivo in grado di prendere sulle spalle la squadra e portarla fuori dai guai.