L’Inter del Triplete secondo Moratti: “Milito il simbolo, Eto’o decisivo. Balotelli? Non lo dimentico”
L'arma in più della Beneamata verso la vittoria della Champions, secondo l'ex presidente nerazzurro, resta senza dubbio lo spogliatoio. Tra le sue parole, anche la voglia della squadra di Conte e ZhangSeconda parte della lunga intervista di Massimo Moratti al Quotidiano Sportivo ricca di emozioni. L’ex presidente dell’Inter parla del mercato condotto nel 2010, soffermandosi anche sulla forza di quel gruppo e tracciano un disegno attuale della Beneamata.
MERCATO – “Non prendemmo giocatori scarsi, arrivò pure Sneijder. Mou aveva le sue idee, i portoghesi (Deco e Carvalho) a me andavano bene ma avevamo avuto qualche problema con Quarsema… Fu bravo Branca a fare scelte indovinate, non sbagliammo nulla, neppure Pandev che rese tantissimo… Ma bravissimo fu l’allenatore a valorizzare tutti i giocatori e a non contrastare la trattativa per la cessione di Ibrahimovic”.
MILITO – “La richiesta di aumento subito dopo aver vinto la Coppa sinceramente la considerai un po’ stonatina… ma non ci feci caso, tanto non si sarebbe mosso dall’Inter. Credo che Diego volesse che si sottolineassero i suoi meriti”.
GRUPPO – “Fu la vittoria del gruppo. Il simbolo fu Milito, ma uno con la classe e lo stile di Eto’o che faceva il portatore d’acqua fu determinante. E poi non dimentico Balotelli, che giocò tante partite stupende con tanti gol, anche se nei ricordi viene cancellato. Tutti diedero il massimo, tutti ebbero meritato il premio”.
IL RIMPIANTO DI PRISCO E FACCHETTI – “Erano l’immagine dell’Inter. Prisco tifoso vero e bravissimo avvocato, e poi Facchetti, trasparenza, pulizia ed onestà, il simbolo della società”.
L’INTER DI OGGI – “Di quella squadra ha la voglia. Nella mente della società, dell’allenatore e dei giocatori. E la voglia decide tutto”.
CONTE – “Se mi piace? Gran lavoratore, dà garanzie”.
MANCA MORATTI – “Io allo stadio vado sempre… Zhango soffre e può essere considerato un vero tifoso”.
CALCIO ITALIANO E RIPARTENZA – “C’è una contrapposizione: da un lato la necessità di ricominciare perché la macchina non può star ferma per tanto tempo. Dall’altra la volontà di dire “non bisogna farlo perché è pericoloso”. Bisogna avere pazienza ed essere previdenti con la salute di mezzo, forse conviene fermarsi e preparare la prossima stagione. Un solo mese di campionato mi fa paura, perché i giocatori sarebbero a rischio infortuni. Io la finirei qui…”.
QUI LA PRIMA PARTE DELL’INTERVISTA
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