ESCLUSIVA PI – Almeyda: “La mia Inter meritava di più, peccato essere andato via. Spero di tornare in Italia”
Ai nostri microfoni l'ex centrocampista dell'Inter, ora alla guida dei San José EarthquakesCome ogni giorno siamo in diretta sui nostri canali social alle ore 19:00 e nell’appuntamento di oggi abbiamo avuto come ospite un ex giocaotore dell’Inter: Matias Almeyda. L’attuale allenatore del San Jose Earthquakes ha vestito la maglia nerazzurra dal 2002 al 2004, prima delle esperienze italiane con Lazio e Parma. Il video dell’intervista è disponibile in esclusiva attivando l’abbonamento al canale YouTube di Passione Inter.
CARRIERA ALLENATORE – “Bello ricordare quello che ho vissuto in Italia, è una parte bellissima della mia vita e mi manca. Ho iniziato da allenatore al River ed ho iniziato bene, appena ho finito di giocare. Siamo arrivati in Serie A, poi ho continuato in Argentina ed ho vinto un altro campionato di Serie B. Poi in Messico, al Guadalajara un grande club ed in un due anni e mezzo abbiamo disputato sette finali, di cui cinque vinte. Dopo quel periodo c’è l’esperienza negli Stati Uniti al San Jose, una realtà piccola, una squadra che investe poco. Sono venuto qui per vedere di fare qualcosa di diverso. Ho preso una squadra che ha vinto 4 partite in un anno, ora abbiamo giocato anche i playoff. Ho molte proposte in giro per il mondo, mi sto guardando intorno. Ritorno in Italia? Ci penso sempre, la mia vita calcistica è stata in Italia. So com’è tutto il calcio italiano e deve ritornare quello che abbiamo giocato noi. Vedendolo oggi sta ritornando quello che era il migliore al mondo, i migliori giocavano lì. Oggi è difficile allenare in Italia, non vedo molto allenatori stranieri e quindi mi allontana. Vorrei però tornare”.
SALTO NEL CALCIO EUROPEO – “Siamo tutti diversi, qualcuno viene in Europa e non lo sente, altri lo sentono di più. Quando sono arrivato al Siviglia l’ho sentito, poi quando sono arrivato in Italia nessuno mi conosceva. Ho sofferto molto il cambio di calcio da quello sudamericano a quello europeo. Mi ha fatto bene non essere conosciuto, hanno visto chi ero e nessuno se lo aspettava”.
INTER – “Sono stato due anni, quando volevo smettere di giocare. La squadra era forte con grandi calciatori e bravi allenatori: prima Cuper poi Zaccheroni. Siamo arrivati in semifinale di Champions League contro il Milan ed in campionato non eravamo vicini a vincere lo Scudetto. Ho un bellissimo ricordo, l’Inter e la Juventus sono i club più grandi in Italia. Giocare in queste squadre non ti lascia tranquillo, e volevo vincere. Ho vinto alla Lazio, al Parma e volevo vincere qualcosa all’Inter. Società e tifosi stupendi. Stavo ritornando quello della Lazio, poi l’infortunio per 4 mesi. Nel calcio non bisogna ricordarsi solo quando vinci, ma anche come sei trattato come persona, come era la gente fuori dal calcio. Esperienza positiva nella mia vita di calciatore”.
RAMMARICO DI NON AVER VINTO – “La squadra era troppo forte. Abbiamo vissuto quel periodo di transizione e poi hanno vinto tutto e mi dico: perché sono andato via? Potevo giocare in quelle squadre. La vita è così. Sarebbe stato bellissimo vincere con l’Inter. Per fortuna dopo hanno vinto tutto, la felicità dei tifosi è importante”.
INTER DI OGGI – “E’ bella anche la maglia. Bei colori, ovunque vai nel mondo lo dicono. Seguo il calcio italiano. Lotto con tutti che sponsorizzano gli altri calci. Il calcio italiano è bello, è difficile, nessuno vince facilmente. Ora è cambiata la maniera di giocare, più di tocchi e movimento. Prima si giocava molto in blocchi. I calciatori sono più completi, anche se prima c’erano molti più campioni e più squadre competitive. Piano piano si ritornerà a quei tempi”.
CENTROCAMPO – “Ci sono tanti migliori di me, lasciavo l’anima, ero pazzo. Non voglio fare paragoni. La maglietta la portavo con orgoglio, per me era una guerra. Il sentimento che ho per il calcio è un sentimento puro, di amore e di onore. Oggi sono allenatore così come giocavo”.
LA SUA INTER SFORTUNATA – “Potevamo raccogliere molto di più con Batitusta, Vieri, Cannavaro, Zanetti, Cordoba. C’erano tanti campioni e brave persone. Il calcio è così: nel 2002 siamo andati al Mondiale con l’Argentina come candidati numero 1 e siamo usciti ai gironi”.
CONTATTI – “Mi sento con qualche ex compagno. Durante la quarantena ho fatto chiamate che dovevo fare da parecchio. Sono però un po’ timido, ma voglio bene a tutti i compagni che ho avuto. Seguo tutti. Parlo molto con Adani e Vieri”.
SIMEONE – “Con il Cholo non ci sentiamo da molto, da quando è andato in Spagna. L’ultima volta che ci ho parlato è stato quando ero a Banfield ed ho fatto esordire suo figlio”.
MARADONA – “Secondo me è morta una parte del calcio, parlo con la sua famiglia tutte le settimane per vedere come va. E’ morto quello che ci ha dato la forza di essere calciatori. Copiavamo tutto di lui, anche l’amore per il calcio. Diceva cose che nessuno ha il coraggio di dire, lottava per i calciatori. Sono pochi a farlo. Lui era la nostra bandiera. E’ triste perché era giovane, ma così è la vita. Era la magia. E’ stato il migliore e sarà il migliore fino a che io sarò in vita. Lui difendeva tutti, magazzinieri, massaggiatori e compagni. Era il prototipo del calciatore. Ha ispirato gli argentini e i non argentini. Vedeva cose che solo lui sapeva esistessero”.
LAUTARO O LUKAKU – “Scelgo Lautaro perché è più dinamico, gioca palla a terra. Lukaku anche è forte, deve fare gol e li fa, usa benissimo il fisico. Però il Toro lo usi in più posti”.