ESCLUSIVA – 25 maggio 1961, Suarez firma per l’Inter: “A Milano per vincere più del Barça”
L'indimenticabile campione nerazzurro racconta in esclusiva a Passione Inter il suo ricordo di quei giorni che cambiarono la storia dell'Inter e del CalcioIl 25 maggio del 1961 il più grande centrocampista dell’epoca, Luis Suarez, decide di lasciare il suo Barcellona per sposare la causa dell’Inter. In 9 anni ha collezionato 328 presenze e 55 gol, riuscendo a regalare ai colori nerazzurri non solo 3 scudetti, 2 Coppe dei Campioni e 2 Coppe Intercontinentali ma anche l’immortalità di una formazione che resterà scolpita nella memoria di una generazione. A 55 anni di distanza da quel giorno, Luisito ci racconta le sensazioni di quel periodo:
D. Che ricordo ha di quei giorni?
“Avevo appena giocato la finale di Coppa dei Campioni a Berna (persa con il Benfica 3-2, ndr), l’Inter mi venne a prendere con una macchina e mi portò a Milano per ufficializzare, anche se avevo firmato già da qualche giorno. Fu tutto molto veloce”.
D. Cosa l’ha convinta a firmare per l’Inter?
“Sicuramente Helenio Herrera. Era stato il mio allenatore a Barcellona e ne conoscevo il valore; assieme abbiamo vinto sia il campionato che la Coppa del Re che la Coppa delle Fiere (poi Coppa UEFA, ndr) e mi ha voluto fortemente. Così come il presidente Moratti che per acquistarmi spese tantissimo: 25 milioni di pesetas, una cifra record per l’epoca (circa 300 milioni di lire)”.
D. Lasciando un club importante come il Barcelona, si immaginava di entrare nella storia del calcio con l’Inter?
“Ma io son venuto proprio per quello! Volevo passare da una squadra grande come il Barça ad una più piccola qual’era l’Inter dell’epoca e riuscire a ripetere quanto di buono fatto in Spagna. Al Barcellona ormai avevo dato tutto e mi affascinava questa sfida; poi sono stato il primo calciatore spagnolo ad andare all’estero e fortunatamente mi è andata bene”.
D. Ricorda qualche aneddoto simpatico legato a quei primi giorni in nerazzurro?
“Non dimenticherò mai la prima partita alla quale ho assistito: 4 giugno 1961, Catania-Inter. Era l’ultima di campionato, faceva caldissimo e, senza niente in palio, perdemmo 2-0 giocando una gara orribile. Allora mi girai verso un dirigente e con quel poco d’italiano che parlavo gli dissi: ‘E questa sarebbe la squadra con la quale dovremmo vincere tutto?’. Poi però sappiamo come sono andate le cose”.
D. C’è un giocatore di oggi nel quale si rivede, per posizione o caratteristiche tecniche?
“Secondo me non esiste un giocatore uguale ad un altro. Però per ruolo mi rivedo molto in Pirlo, per le geometrie e la precisione nel lancio. Anche in Totti, nonostante giochi più avanti, riconosco quella qualità di saper cosa fare del pallone ancor prima di riceverlo. Anche se diversi per ruolo, secondo me son due giocatori molto simili e un po’ mi rivedo in loro”.