16 cose che abbiamo capito sull’Inter 2023-24
L'approfondimento sui primi tre mesi della nuova stagione
Tempo di sosta, tempo di bilanci. Quella di novembre è forse più attendibile delle altre per fare un recap su come sono andate le cose finora. Sono già 16, tra Serie A e Champions League, le partite stagionali disputate dalla squadra di Simone Inzaghi. E 16 sono anche le cose che abbiamo capito sull’Inter 2023-24.
1. Cambio di passo contro le piccole
Ricordate quel momento della scorsa stagione, in inverno, quando il calendario sembrava favorevole all’Inter e si sognava la rimonta scudetto? Ecco, allora ricorderete anche come andò a finire: punti persi a ripetizione contro Sampdoria, Empoli, Spezia o Salernitana. Quest’anno l’Inter tende a non steccare quando ha il pronostico dalla sua parte. Solo due incidenti di percorso, ma con avversari ostici: il solito Sassuolo e il Bologna di Thiago Motta che sogna (e vede) l’Europa.
2. Continuità con il finale della scorsa stagione
Dopo la vittoria col Frosinone, Mkhitaryan ha detto: “Questa stagione è la prosecuzione del finale della scorsa“. Sembra avere pienamente ragione, come testimoniano sia i risultati sia l’unione d’intenti che caratterizza la squadra di Inzaghi. Se prendiamo in considerazione le ultime 20 giornate di campionato (12 di quello attuale e ultime 8 di quello passato), l’Inter ha vinto 17 volte.
3. Inzaghi coinvolge tutta la rosa
Se c’è stato un segreto nella splendida primavera scorsa, è stato il cambiamento nella gestione della rosa da parte di Inzaghi. A un certo punto, il tecnico ha coinvolto tutti gli effettivi. Beh, da allora non ha mai smesso. Prime tre partite a parte, le rotazioni sono state continue. Inzaghi non ha paura di lasciare Lautaro in panchina a Salisburgo o di affidare ad Asllani le chiavi del centrocampo in momenti delicatissimi, come con la Roma. E finora è stato premiato.
4. C’è una nuova mentalità difensiva…
L’Inter lunga e sfilacciata che concede occasioni a profusione non esiste più: la squadra è corta, compatta, sempre sul pezzo, in ogni momento della partita. A questo punto della stagione, l’Inter 2022-23 aveva incassato 24 gol fra Serie A e Champions League; l’Inter 2023-24 ne ha subiti un terzo: 8. Mai una squadra di Inzaghi aveva registrato numeri così in fase difensiva.
5. …Ma l’attacco non ne risente
L’aspetto più confortante, che poi è anche il merito principale di Inzaghi, è che per guadagnare questa solidità difensiva l’Inter non abbia sacrificato niente. È il miglior attacco del campionato per distacco e, se guardiamo alle reti totali confrontandole con l’anno scorso, ha fatto 3 gol in più (34 vs. 31). È seconda per tiri verso la porta avversaria in Serie A con 202, dietro al Napoli. Inzaghi non è sceso a compromessi, non ha tradito la vocazione offensiva delle sue squadre.
6. Sa vincere in tanti modi diversi
L’Inter non ha più bisogno di dominare le partite per vincerle, come succedeva regolarmente nelle due stagioni passate. Non è monotematica, adesso. Questa squadra si adatta agli avversari, studia un tipo di gara, sa fare cose diverse e vince in modi diversi. Lascia il possesso agli avversari e dilaga come con Milan e Fiorentina. Sa gestire i momenti della partita, quando soffrire e quando azzannare, come con Atalanta e (due volte) Salisburgo. Domina e vince, come con Roma e Benfica (secondo tempo). Attende senza frenesia la giocata giusta contro difese chiuse, come con Empoli, Torino, Salernitana. Gestisce il vantaggio, come con Monza, Cagliari e Frosinone. E sa anche limitare i danni quando merita di perdere, come con la Real Sociedad.
7. È una squadra più verticale
Niente giro palla sterile alla ricerca di sbocchi. Le giocate di questa Inter sono tanto codificate quanto efficaci: prevedono una maggior ricerca della verticalizzazione improvvisa, oltre alle consuete triangolazioni fra mezzali, quinti e terzi in difesa. A fare la differenza, in questo caso, sono le caratteristiche dei giocatori che hanno lasciato, di quelli che sono arrivati e…di quelli che si sono confermati.
8. Calhanoglu regista è dominante
Una scoperta illuminata è diventata precisa scelta societaria e tecnica: l’Inter, in estate, si è presa il rischio di rinunciare a Brozovic, storico equilibratore della manovra nerazzurra, per affidare a Calhanoglu il ruolo di regista full time. E i frutti stanno scendendo a grappoli: il turco è il miglior playmaker della Serie A e la sua interpretazione del ruolo facilita le verticalizzazioni. Un po’ come l’Inter tutta, non ha rinunciato all’indole offensiva, affinando le doti di interdizione. Mediano, fantasista, rigorista: Calha è tutto.
9. Uno come Thuram non lo vedevamo da tempo
Quando hai Brozovic regista e Dzeko attaccante, è ovvio che tu debba giocare in un certo modo. Con Calhanoglu e Thuram, la musica cambia: l’attaccante francese è in grado di fiondarsi su ogni palla lunga, di vincere contrasti, di mantenere il controllo della palla anche quando tutti si convincono che stia per perderla. Un altro che ha “cambiato mestiere”: per anni esterno al Borussia Monchengladbach, è diventato un vero numero 9. Segna, fa assist, sempre presente nella manovra, tecnica sopraffina, grande feeling con il resto dello spogliatoio. Ha anche dei difetti? Se sì, è bravo a nasconderli. Sta facendo impazzire il mondo Inter.
10. Lautaro non smette di crescere: che leadership!
Sin da quando è arrivato all’Inter, Lautaro ha manifestato una splendida caratteristica: fa sempre meglio dell’anno precedente. La tradizione non si è interrotta neppure quest’anno, quello della consacrazione. L’argentino è capitano vero, non si limita a portare la fascia per anzianità nello spogliatoio. Segna gol decisivi, ha avuto la maturità di lasciare il ruolo da rigorista a chi è più bravo di lui, non si incupisce quando non trova la via del gol (raramente, per la verità), ha medie da top player europeo. E poi, da vero leader, dà l’esempio: quando parte dalla panchina, entra e determina. Chiedere a Salerno e Salisburgo.
11. Incognita alternative in attacco
Con il ritorno di Marko Arnautovic a pieno regime, dopo il rientro dall’infortunio con uno spezzone giocato nel finale contro il Frosinone, avremo un’idea più chiara sull’affidabilità delle due alternative a Lautaro e Thuram nel reparto avanzato di Inzaghi. Alexis Sanchez, tornato in nerazzurro a parametro zero dopo una sola stagione al Marsiglia, ha scelto un profilo basso sino a questo momento, ritagliandosi comunque un discreto spazio tra campionato e Champions. Il contributo in fase realizzativa può sicuramente aumentare, ma a livello di prestazioni e tenuta fisica sta dando una grossa mano alle rotazioni di Inzaghi.
12. La maturità di Dumfries
In 11 presenza in campionato, Dumfries ha già superato il solo gol messo a segno nella passata stagione con due reti all’attivo. Numeri a parte, però, siamo di fronte ad un calciatore decisamente cresciuto rispetto ad un anno fa, più continuo nelle prestazioni e meno prevedibile. Il Dumfries che non punta l’uomo e rientra dietro a testa bassa è solo un lontano ricordo: fisicamente sembra essere tornato a livelli devastanti, quando è in giornata sulla fascia diventa difficile fermalo.
13. Il centrocampo è forte, ma deve ancora crescere
Onestamente, il terzetto Barella–Calhanoglu–Mkhitaryan è per distacco il più forte del campionato e funziona bene perché perfettamente armonioso. Anche per questo Inzaghi ha avuto qualche difficoltà ad inserire con maggiore minutaggio calciatori come Asllani, Klaassen e Sensi. Eppure, l’impressione è che la qualità già eccelsa del centrocampo possa ancora crescere. Solo nelle ultime giornate, ad esempio, si è visto un Barella dopo un inizio di stagione al di sotto dei suoi standard. Ma il vero salto di qualità avverrà nel momento in cui Frattesi, uno dei migliori acquisti dell’ultima sessione, entrerà inequivocabilmente nelle dinamiche del centrocampo interista.
14. L’Inter non ha sbagliato portiere dopo Onana
Se gli 8 clean sheet di Sommer in 12 giornate hanno già raggiunto gli stessi fatti registrare da Onana in un’intera stagione all’Inter, ovviamente gran parte del merito va attribuito anche alla difesa nerazzurra. Ad oggi, però, il portiere svizzero è entrato in punta di piedi nel mondo interista e con grande affidabilità. A parte l’incertezza sulla rete di Bajrami contro il Sassuolo, non si ricordano errori commessi dall’ex Bayern Monaco dal suo arrivo a Milano. Un leader silenzioso che a suon di parate e reti inviolate ha già conquistato in pochi mesi i suoi nuovi tifosi.
15. La rinascita de Vrij
Uno Stefan de Vrij così attento e senza sbavature non lo si vedeva da tempo. Che sia da centrale o da braccetto di destra, il difensore olandese è stato rivitalizzato da Inzaghi. Un titolare aggiunto a tutti gli effetti, un calciatore su cui fare affidamento in qualsiasi match.
16. La finale di Champions ha cambiato Inzaghi
Chiudiamo con Simone Inzaghi, forse il fattore più importante di questa Inter. Il tecnico nerazzurro propone un calcio super moderno che richiede un grande impiego di energie. Per questo il club gli ha costruito una rosa lunga e con almeno un’alternativa già pronta all’uso per ogni ruolo. Rispetto ai primi due anni trascorsi a Milano, la sua squadra ha finalmente trovato equilibrio dentro la partita e continuità di prestazioni all’interno della stagione. La finale di Champions League ha cambiato anche lui, o meglio lo ha fatto crescere. Bravo nella gestione dei cambi, un altro passo in avanti rispetto al passato. Riesce a trasmettere una serenità diversa alla squadra, dà l’impressione di poter sempre trovare una soluzione anche nelle serate più complicate e questo ai suoi ragazzi arriva per tutti i 90 minuti.