Vittorie, scivoloni e Villa Bellini: Conte e il suo 2020 da montagne russe. Ma l’Inter è cresciuta
Mancano poche ore all'anno nuovo, ma com'è stato quello che si sta per concludere per l'allenatore nerazzurro?Sta per terminare uno degli anni peggiori della storia recente dell’umanità. Sofferenze ad ogni latitudine ed in ogni campo, da quello sanitario a quello sportivo, calcistico. Mettiamo l’afflizione da parte, però, per tirare un po’ le somme di questo 2020 a tinte nerazzurre, seppur nella sua (quasi) totalità privo del motore chiave dell’anima interista, il popolo di San Siro.
Si è vista un’Inter decisamente rinnovata rispetto alle delusioni del passato, ma anche in confronto alle ultime discrete stagioni, con Spalletti prima e con Conte poi, nella parte finale del 2019. Ecco, Conte: facciamo un passo indietro ed osserviamo com’è andato l’anno dell’allenatore nerazzurro, tra tante luci ed altrettante ombre.
Partiamo dai numeri
Beh, con la matematica non si sbaglia mai: i numeri non mentono. Dopo aver iniziato la sua prima stagione sulla panchina meneghina nell’ultima porzione del 2019 con 15 vittorie, 4 pareggi e 4 sconfitte tra campionato e Champions League, l’anno precedente si era concluso con un secondo posto in Serie A alle spalle della Juventus ed un’eliminazione nella massima competizione continentale: luci ed ombre insomma, un antipasto di quello che sarà il 2020.
Passando ai numeri dell’anno che si sta per concludere, infatti, tenendo in considerazione l’ultima parte della stagione 2019/2020 e la prima dell’annata 2020/2021, risultano sia aspetti positivi che negativi:
- In Serie A: 21 vittorie, 10 pareggi e 4 sconfitte;
- In Coppa Italia: 2 vittorie, 1 pareggio e 1 sconfitta;
- In Europa League: 5 vittorie e 1 sconfitta;
- In Champions League: 1 vittoria, 3 pareggi e 2 sconfitte.
L’Inter di Conte, dunque, tra tutte le competizioni ha ottenuto un 56,87% di vittorie, che però sul campo si sono trasformate in un’eliminazione dalla Coppa Italia 19/20 in semifinale contro il Napoli, una finale di Europa League persa contro il Siviglia e la seconda eliminazione consecutiva ai gironi di Champions League, quest’anno senza neanche la consolazione di staccare il ticket per una redenzione da terzo gradino del podio, che significa seconda chance in quella competizione sfiorata contro gli andalusi in estate.
Nonostante ciò, va dato a Cesare quel che è di Cesare. Sotto la guida di Antonio Conte, l’Inter è tornata competitiva ad alti livelli in campionato, con un 2º posto a -1 dalla Juventus di Maurizio Sarri nella scorsa stagione e la medesima posizione conquistata prima dell’inizio del 2021, sempre a -1 dalla prima in classifica, questa volta il sorprendente Milan guidato da Stefano Pioli. Il calcio, però, non è fatto solo di numeri: anche nelle relazioni intraprese con i propri calciatori, ci sono luci ed ombre contiane.
Rapporti da recuperare (o cancellare)
Partiamo dalle esperienze negative vissute con alcuni uomini che scendono in campo sotto la sua egida. Il primo elemento che sovviene in mente – e che probabilmente lascerà la Milano nerazzurra nel prossimo mercato di gennaio – risponde al nome di Christian Eriksen. Arrivato nella finestra di riparazione della scorsa stagione, occasione da cogliere al volo visto il suo contratto in scadenza con il Tottenham, il suo amore con Conte non è mai sbocciato, lasciando trasparire solo alcuni sprazzi di distensione tra i due.
L’ex tecnico di Chelsea e Juventus sembra preferirgli un elemento come Stefano Sensi, martoriato dagli infortuni nel corso dell’anno ma papabile regalo migliore scartato sotto l’albero di Natale da parte dell’allenatore salentino. Il danese non è l’unico sul banco degli imputati: il 2021 dovrà essere l’anno della svolta anche per i croati Brozovic e Perisic, troppo spesso al di sotto delle proprie aspettative.
Un’altra ombra non indifferente nell’esperienza di Antonio Conte sulla panchina dell’Inter durante tutto il corso del 2020 riguarda una sorta di immobilismo tattico che, talvolta, non ripaga. Il tanto collaudato 3-5-2, da sempre nel database analitico dell’ex CT della Nazionale italiana, ha spesso mostrato alcune lacune nell’avvio della stagione corrente, specialmente in fase difensiva. Fortunatamente, dopo il pareggio serrato nella trasferta di Bergamo, i nerazzurri hanno iniziato a carburare, concludendo l’anno con un filotto di sette vittorie consecutive: via il dente, via il dolore.
Non sono mancate, inoltre, occasioni di attrito con la dirigenza, specialmente all’indomani della sconfitta contro il Siviglia di Lopetegui nella finale di Europa League. L’ormai celeberrimo incontro di Villa Bellini, però, ha messo a tacere qualsiasi dubbio in merito ad una sua permanenza sulla panchina meneghina in bilico. All’orizzonte è previsto un ulteriore meeting con i piani alti della dirigenza nerazzurra, ma questa volta si parlerà delle operazioni chiave per raggiungere – finalmente – un salto di qualità definitivo.
La cura Conte funziona?
Il quesito definitivo pare proprio questo e – finora – la risposta verte più sull’affermazione che sulla negazione. Nonostante sia ancora presto per trarre bilanci sulla stagione 2020/2021, l’anno che sta per chiudersi ha portato entro le mura di San Siro un tecnico che sa il fatto suo, sebbene siano piovute critiche da gennaio a dicembre, su svariati aspetti. Lecite e costruttive, ma pur sempre critiche.
Antonio Conte ha sempre risposto sottolineando l’esigenza di un lavoro continuo e costante, durante gli allenamenti settimanali e nella partita del weekend, banco di prova che si ripete nell’etica dell’allenatore nerazzurro. Partita dopo partita, è innegabile constatare una crescita di mentalità nell’Inter, seppur con qualche strascico del passato qua e là: la sconfitta della passata stagione per mano del Bologna ne è l’esempio lampante, e Conte dovrà lavorare affinché crolli psicologici del genere non siano nemmeno ipotizzabili.
Sotto la sua guida sono cresciuti costantemente una colonna portante come Romelu Lukaku ed una lieta sorpresa come Alessandro Bastoni, che ha saputo ripagare la fiducia nei suoi confronti. E poi Nicolò Barella, divenuto un elemento imprescindibile nello scacchiere tattico di Conte, la sorpresa Darmian e lo sviluppo costante di Hakimi, freccia collaudata per essere il motore numero uno sull’out di destra. Senza dimenticare l’apporto chiave di Danilo D’Ambrosio, la certezza de Vrij ed un Milan Skriniar che ha saputo riprendersi il proprio posto in campo.
Insomma, il dado è tratto anche se non vi è traccia di un Rubicone nei pressi di Appiano Gentile. Antonio Conte saluta il 2020 consapevole della propria importanza per un tassello che possa completare il puzzle delle ambizioni in casa Inter, ora che la mente è sgombra dagli impegni europei. Incrociando le dita in merito ad un San Siro con sempre più seggiolini occupati – e sappiamo quanto il tifo benefici le squadre da lui allenate -, Conte abbraccia il 2021. È l’anno giusto per dimostrare di essere cresciuti.
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