Antonio Conte si è letteralmente impossessato del post-partita di Inter-Napoli con uno sfogo dai toni estremamente accesi, ma – come vedremo – anche infantile e piuttosto paradossale. Il tecnico salentino ha criticato il protocollo Var che a suo dire impedisce allo strumento tecnologico di intervenire in presenza di errori da parte dell’arbitro.
Ma c’è di più, perché il salentino ha utilizzato alcune espressioni abbastanza pesanti e insinuato strani sospetti. Conte parla di “Var utilizzato a convenienza“, di “retropensieri” e “dietrologie” che sorgono dinanzi a tali comportamenti, rievocando esplicitamente un passato del calcio italiano che evidentemente lui conosce meglio di ogni altro allenatore in questa Serie A. Il monologo di Conte, per la verità, è però abbastanza semplice da smontare e anche da decifrare. Per almeno tre motivi, che poi sono altrettante domande.
La prima: Conte invoca l’intervento del Var “quando l’arbitro sbaglia“, quindi sottintende che quello di Anguissa su Dumfries non fosse fallo. Poco dopo cambia versione e dice: “Se Mariani fosse stato chiamato al Var e avesse confermato la decisione, non avrei detto nulla“. Verrebbe da chiedersi: allora è fallo o non è fallo? Poco comprensibile, così come l’auspicio del salentino: “Cambiamo il protocollo, ma chi lo ha fatto?“.
Non è chiarissimo quale sia l’obiettivo. Il protocollo è valido in tutto il mondo ed è stato scritto dall’IFAB (organismo mondiale), perché ogni strumento va regolamentato, altrimenti ci troveremmo di fronte all’anarchia più totale. Detto questo, entriamo nel caso specifico: c’è davvero qualcuno che ritiene un errore il fischio di Mariani su Dumfries-Anguissa? Il centrocampista prova a proteggere palla ma non ci riesce, colpendo l’olandese sullo stinco e impedendogli di arrivare sul pallone. E si dirà, “l’intensità non è sufficiente“. Davvero vogliamo parlare di intensità insufficiente in un campionato nel quale si ispeziona e sanziona ormai ogni minimo contatto in area di rigore?
Probabilmente, la percezione è stata distorta dalla telecronaca di Dazn che ha fatto infuriare i tifosi dell’Inter. Un po’ come per il tocco di mani di Olivera che impedisce a Lautaro Martinez di concludere in porta, d’altronde. Anche Inzaghi potrebbe chiedersi: “Perché il Var non è intervenuto?“. Non lo ha fatto, né tanto meno si è perso dietro ipocrisie come “parlo a nome di tutta la categoria“.
Antonio Conte ha provato maldestramente ad ergersi come paladino del calcio pulito, nel quale gli allenatori “vogliono stare tranquilli” grazie al Var. Simone Inzaghi lo ha smentito con la consueta eleganza. Già, perché non si poteva fare altrimenti, di fronte a un allenatore che solo poche settimane fa vince a Empoli dopo una prova imbarazzante e grazie a un calcio di rigore (quello sì) inesistente su Matteo Politano.
In quell’occasione l’allenatore del Napoli non ha però dimostrato lo spirito rappresentativo di una categoria che non ce la fa più, nel momento in cui l’arbitro non è stato richiamato al Var, il rigore è stato (quello sì) segnato e la sua squadra si è aggiudicata la vittoria. No, Conte in Toscana si prendeva la vittoria e glissava sull’arbitraggio, propinandoci la solita narrazione del Napoli che arriva da un decimo posto e quindi, anche se arrivasse nono, sarebbe un successo. Strano? Sì, ma non troppo.
Conte in conferenza stampa parla del Var come di una meravigliosa innovazione, strumento utilissimo per permettere agli allenatori di stare tranquilli. E di fatto ne invoca un utilizzo più massiccio, quasi un’onnipresenza su ogni singola decisione arbitrale, chiedendo quindi di trasformarlo in moviola in campo, in modo che le partite possano durare quattro o cinque ore. Dice – lo ribadiamo, come in apertura – che si sarebbe accontentato di un richiamo per Mariani al monitor, e poi avrebbe accettato ogni decisione.
Peccato che solo due anni fa, il 27 ottobre 2022, dopo un Tottenham-Sporting Lisbona di Champions League criticava aspramente la più oggettiva delle decisioni prese dal Var, quella sul fuorigioco. Conte dopo la partita si lamenta per un gol annullato, affermando che “la palla era davanti a Kane. Il Var sta creando molti danni. Voglio vedere se in un altro stadio, con un altro contesto di pubblico e in un ambiente più caldo l’arbitro e i suoi assistenti avrebbero preso la decisione di annullare un gol del genere. Non c’è nulla di onesto in quello che è successo oggi“.
Insomma, due anni fa non solo Conte si lamentava per una decisione assunta dal meraviglioso strumento tecnologico, ma parlava addirittura del suo effetto dannifico. Troppo distanti, le versioni, per non pensare che si tratti di una strategia, la medesima: quella di sviare da prestazioni deludenti.
In Champions League due anni fa, competizione nella quale Conte non ha mai avuto particolare fortuna, un po’ come la squadra nella quale si è formato. Dopo Inter-Napoli oggi, perché nonostante la sua squadra avesse avuto una settimana intera per prepararla e i nerazzurri avessero giocato una dispendiosa partita europea contro l’Arsenal, non è riuscito a fare di meglio che giocare per un pareggio. Ma per chi vanta come risultato migliore un quarto di finale in cui è stato surclassato dal Bayern Monaco 11 anni fa, comprendere le fatiche di Champions è impresa assai ardua. Un po’ come giustificare il suo sfogo paradossale.
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