5 cose che abbiamo imparato da Juventus-Inter 2-0
La consueta analisi del giorno dopo di Passione InterL’Inter esce con le ossa rotte, per l’ennesima volta, da uno scontro diretto, questa volta dal Derby d’Italia con la Juventus. Una sconfitta che, ancora una volta ha evidenziato i limiti tecnici e caratteriali di rosa e tecnico. Andiamo a vedere come di consueto le 5 cose che abbiamo imparato dal 2 a 0 incassato a Torino.
1 – La personalità latita ancora
La reazione post rete subita è stata agghiacciante. La squadra è scomparsa, smettendo di attaccare con criterio e muovendosi alla rinfusa. I reparti si sono allungati, le cose semplici sono diventate difficili. Esattamente come in Udinese-Inter, Lazio-Inter, Milan-Inter e Inter-Roma. Le sconfitte nerazzurre hanno tutte lo stesso filo conduttore. Al goal subito la squadra si sfalda, perde coraggio e non si riesce più a rendere pericolosa. E a poco valgono scusanti piuttosto imbarazzanti come quelle di Inzaghi, “giocavamo quasi sempre in trasferta”. Posto che con la Roma si è perso in casa, ma aggrapparsi a questo per giustificare lo scempio negli scontri diretti risulta quasi ridicolo. Al di là delle evidenti responsabilità del tecnico, i giocatori hanno la loro enorme fetta di colpa. Aspiranti top o presunti tali, non possono sgonfiarsi tanto per una rete subita. Dov’è finito il carattere di Barcellona?
2 – Più umiltà
Barella (@Getty Images)Ancora una volta probabilmente l’Inter ha preso sotto gamba l’avversario e sopravvalutato le proprie capacità. Un errore imperdonabile persino con una neo promossa, figuriamoci contro la Juventus. La certezza di poter segnare e di essere superiori è stato un fattore determinante, così come quel sicuro pensiero di ingiustizia sportiva al primo goal subito nella testa dei giocatori. Ma se fino al primo goal c’è stata una partita, dopo il vantaggio bianconero la vittoria è stata meritata per i padroni di casa. Spocchia e arroganza vanno lasciate negli spogliatoi, in campo bisogna lasciare tutto con umiltà. La rincorsa svogliata e senza fallo di Barella a Kostic è l’emblema della partita e dei problemi che ancora aleggiano sull’Inter. Perché fare fallo? Può farlo quello dopo. Perché contenere subito? Aspettiamo. E intanto si prende goal. Il singolo non si prende le responsabilità di fare quello che va fatto e a forza di fare scarica barile i risultati sono quelli che sono.
3 – L’involuzione di Dumfries è preoccupante
Cosa ne è stato dell’esterno dell’anno scorso? Quello che, dopo essersi scrollato di dosso le paure iniziali, gettava sempre il cuore oltre l’ostacolo? Non pervenuto. La sua stagione sembra essere terminata a Lecce col goal allo scadere. Mai incisivo, sempre sottotono. Maestro nel retropassaggio E BASTA. Non punta praticamente mai l’uomo e quando lo fa viene respinto. Si divora goal che l’anno scorso avrebbe fatto bendato ed evidenzia i soliti enormi limiti tecnici. Non solo in fase offensiva, ma anche in difesa, dove viene messo in croce nel secondo tempo da Kostic, con tutto il rispetto, non Garrincha. Lo strapotere fisico sembra scomparso e senza quello la sua presenza fissa in campo non è giustificata. Senza i suoi scatti al momento è, purtroppo, uno dei tanti, forse anche meno. La sua crescita non solo sembra essersi fermata: ora sembra regredire. Che sia colpa del Mondiale che lo fa giocare col freno a mano tirato? Forse. Ma se così fosse sarebbe bene ricordagli che il bonifico a fine mese glielo fa l’Inter, non l’Olanda… Siamo sicuri che Bellanova ora come ora non meriti qualche minuto in più?
4 – L’attacco non gira
I tanti goal contro le piccole hanno illuso, ma tutte le volte che l’Inter trova una difesa degna di questo nome, organizzata, si inceppa. Non c’è nessuno, NESSUNO, che salti l’uomo e crei superiorità numerica. Nessuno che possa regalare un guizzo per aprire una partita chiusa. Non c’è un piano B e quando le punte non riescono a combinare, sono guai. Se poi ci aggiungiamo che, a onor del vero, l’Inter NON ha una punta che la butti dentro con regolarità (l’unica è ai box da due mesi e mezzo) il disastro è servito. Con un attaccante vero, un bomber di razza, staremmo parlando di un altro Derby d’Italia probabilmente. E, al netto dei tanti problemi, forse anche di un’altra stagione. Arriverà anche il momento di analizzare determinate scelte societarie…
5 – Inzaghi non impara
Al di là dei meriti per il percorso europeo, è evidente come il tecnico nerazzurro non impari mai dai propri errori. Le modalità in cui arrivano le sconfitte negli scontri diretti sono le stesse, così come le enorme falle in difesa, specie in trasferta. E anche la comunicazione mediatica dopo le sconfitte lascia molto a desiderare. Le tante scuse accampate nei K.O. a volte fanno quasi sorridere. Ovviamente nessuno pretenda che si capisce e si rivola il problema nel giro di una partita, ma dopo 13 giornate di alti e bassi, chiedere che si trovi una quadra è doveroso. Cambi sempre tardivi, a partite ormai compromesse, come marchio di fabbrica, così poca inventiva nelle varianti tattiche. Non c’è dubbio che Inzaghi sia un buon allenatore, specie sulla partita secca. Ma nell’arco di una stagione il dubbio rimane: siamo sicuri che sia da Inter?