8 Novembre 2019

Accadde Oggi – 8 novembre 2009, Mourinho ferma la Roma sull’1-1 e fa il record: 150 partite senza sconfitte in casa

Il tecnico portoghese era reduce dalla famosa sfuriata di Kiev

I corsi e i ricorsi della storia esistono: non è che non esistano. Poi, certo, esiste anche una minuziosa tendenza a inventarseli, a forzare collegamenti, soprattutto da parte di chi è incaricato di vendere con taglio spettacolarizzante un prodotto che tanto spettacolare non è: tipo il calcio italiano, o – per essere più buoni – le polemichette delimitate entro micro-dibattiti da conferenza stampa o da post-partita. Era solo ieri quando Tuttosport – parlando dello sfogo di Antonio Conte a Dortmund – ricordava come da un episodio simile, datato 2009, da parte di un Mourinho adirato contro la cessione di Ibrahimovic, nacque il Triplete: questo senza considerare che nel 2009 Mourinho era al secondo anno di Inter (e Conte al primo), e che l’Inter del Triplete veniva da quattro Scudetti di fila (e l’Inter di Conte, complessivamente, da tre quarti posti e da un settimo posto). E senza considerare nemmeno che, secondo molti, il vero episodio che diede il là alla conquista del Triplete fu la famosa sfuriata di Mourinho nello spogliatoio di Kiev, e non certo quella conferenza in cui si lamentò di una cessione.

Tutta questa premessa per arrivare a cosa, sostanzialmente? A niente, ma era un modo come un altro per dire che non bastano le comuni sfuriate per giustificare aspettative oltre l’immaginabile: ci vuole anche dell’altro. Ci vuole, ad esempio, la certezza che una squadra sia progettata e pensata e strutturata per poter quantomeno pensare a quel preciso obiettivo – cioè vincere tutto – e per inseguire quell’1% che, oggi, Conte dice di inseguire. E ci vuole, magari, qualche record, di quelli che l’Inter di Conte ancora non può vantare e per cui non le va messa fretta. Record come quello che Mourinho metteva a segno (eccoci al punto) l’8 novembre 2009, a Milano, in un Inter-Roma finito sul risultato di 1-1: la partita che segnava il primato, per l’allenatore portoghese, di 150 gare casalinghe di fila in competizioni nazionali (campionati o coppe) senza sconfitte.

L’Inter, quella sera, arrivava dalla succitata trasferta (con sfuriata) di Kiev, rinvigorita dalla vittoria in terra ucraina e col pubblico caricato a pallettoni da un video celebrativo – proiettato sul maxischermo – del 100esimo anniversario della nascita di Angelo Moratti, padre di Massimo, in quel momento presidente nerazzurro. Nello stesso giorno, peraltro, si celebrava anche la 100esima partita di Diego Milito nei campionati italiani. José Mourinho – dopo le fatiche in campo europeo – abbozzava un turnover e anche qui ci sarebbero gli estremi per enfatizzare altri corsi e ricorsi storici: la coperta corta, i giocatori stanchi eccetera: ma sono dinamiche normalissime nel corso di una stagione in cui ci siano campionato e coppa. Non forziamo.

La partita, dunque. La partita è subito accesa, ma, a farla definitivamente deflagrare, ci pensa Vucinic con una rete dopo appena 13 minuti: è 0-1 Roma, questo dopo che l’Inter – centoventi secondi prima – avesse chiesto un rigore per un presunto intervento irregolare di Andreolli su Milito, lasciando indifferente un impassibile Rocchi. Il primo tempo – dopo qualche tentativo da ambo le parti – si chiuderà così. La partita, per l’Inter, verrà sbloccata dalla panchina: perché è vero che il gol dell’1-1 (al terzo minuto della ripresa) arriverà dai piedi di Eto’o su assist di Thiago Motta (due titolari), ma è anche vero che sono i cambi di Mourinho (fuori Muntari e Vieira, e dentro Balotelli e Sneijder) a far rientrare l’Inter in campo con un piglio diverso, sufficiente a costringere la Roma al pareggio, consentire allo Special One di portare a casa il record delle 150 partite e all’Inter di mantenere saldamente la testa del campionato, e a ricordare a tanti che per fare un Triplete – ripetiamo daccapo – non bastano sfoghi, scossoni e reazioni. Lo dicevamo all’inizio: occorrono anche risultati migliori rispetto alla concorrenza del mondo intero: servono dei record, appunto. Che quest’Inter, invece, non ha ancora stabilito.

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