Analisi

Che cosa lascia Suning all’Inter

2907 giorni dopo, il gruppo Suning non è più a capo dell’Inter. La famiglia Zhang lascia ufficialmente il club nerazzurro dopo otto anni di gestione, in seguito all’escussione del pegno da parte di Oaktree. Un’avventura cominciata il 6 giugno 2016 con una presentazione in grande stile, ricordando i fasti di Massimo Moratti, termina il 22 maggio 2024, a un mese esatto dalla conquista della seconda stella. E a proposito di Moratti, se ne va un presidente che probabilmente a quella famiglia ha cercato di ispirarsi, riuscendo ad agganciare per numero di titoli il padre Angelo con sette trofei.

Risultati, ricavi e dirigenza: cosa lascia Suning all’Inter

Suning ha trovato un’Inter mediocre, anonima, che non giocava la Champions League dal 2012 e non vinceva trofei dal 2011. Lascia un’Inter campione d’Italia, che nelle ultime quattro stagioni ha sempre conquistato almeno un titolo e rappresenta una presenza fissa nella manifestazione europea più prestigiosa dalla stagione 2018-19.

Suning ha trovato un’Inter con una stella sul petto, il cui ultimo scudetto era datato 2010. La lascia con due stelle, al termine di un campionato stravinto e celebrato nella maniera più bella, in un derby che nessuno dimenticherà mai.

Suning ha trovato una squadra che non giocava una finale continentale dal 2010 e l’ha portata fino all’ultimo atto per ben due volte, in Europa League nel 2020 e in Champions League nel 2023. Ha perso in entrambe le occasioni, contro Siviglia e Manchester City, ma il nome dell’Inter si è riposizionato nella dimensione che gli compete. Nel 2016, la Beneamata occupava una desolante 55^ posizione nel ranking UEFA ed era da considerarsi una nobile decaduta, con i tifosi che per trovare consolazione ricordavano il Triplete: oggi è sesta, ma soprattutto vive una nuova grandeur spinta dai risultati. Quest’anno, a scudetto praticamente già vinto, i tifosi nerazzurri hanno incassato una brutta delusione per l’eliminazione in Champions League agli ottavi. Prima che il gruppo Suning arrivasse, centrare il quarto posto sembrava un sogno ed è stato celebrato da tale nel 2018, in una notte romana, quando Steven piangeva a dirotto. E questo dice tanto.

Suning ha trovato una squadra che cambiava allenatori a ripetizione: Benitez, Leonardo, Gasperini, Ranieri, Stramaccioni, Mazzarri, Mancini. Dopo una prima stagione di assestamento, in cui la gestione sportiva era affidata prevalentemente a Erick Thohir e ai suoi uomini, ha dato continuità ai progetti tecnici con il biennio di Luciano Spalletti, quello di Antonio Conte e il triennio (destinato ad allungarsi) di Simone Inzaghi.

Suning ha trovato un quadro dirigenziale instabile, con compiti confusionari e figure discutibili. Per rendere l’idea, da Michael Bolingbroke amministratore delegato si è passati a Giuseppe Marotta, tramite un’illuminata e immediata intuizione presidenziale, subito dopo l’addio alla Juventus sul finire del 2018. Fu Zhang, come raccontato dal dirigente varesino, a chiamarlo quando la separazione dai bianconeri era ancora fresca, illustrandogli il progetto e convincendolo. Steven ha scelto di dividere le mansioni e le aree gestionali dei due ad, creando parte corporate (Alessandro Antonello) e parte sportiva (appunto Marotta). Oggi l’Inter ha la miglior dirigenza d’Italia.

Suning ha trovato un’Inter con i ricavi a 179 milioni e la lascia quasi a 400. Un boom nato sotto la spinta governativa cinese, all’interno di un piano espansionistico per l’Europa che ha condotto Suning a reperire numerosi sponsor regionali, facendo lievitare le casse dell’Inter e investendo – fra acquisto, iniezioni di capitale e sponsorizzazioni – circa 800 milioni, con il “benestare” di Xi Jinping. E sta proprio qui, nella posizione della Cina, il grande turning point dell’esperienza di Suning alla guida dei nerazzurri.

Sostenibile per i dirigenti, insostenibile per il presidente

Il Covid ha segnato un cambio di rotta deciso, immediato, rigido. Da lì in poi, i diktat governativi hanno di fatto vietato agli imprenditori cinesi di esportare capitali fuori dai confini nazionali. La decisione più saggia e razionale sarebbe stata probabilmente quella di vendere l’Inter e Zhang è stato vicino a farlo nei primi mesi del 2021, con tanto di trattativa avviata con Bc Partners. Alla fine, il presidente ha deciso di tamponare l’emergenza tramite l’ormai noto finanziamento con Oaktree, in modo da garantire la stabilità economica dell’Inter e attingendo a quei capitali per la gestione del club.

Per l’Inter e i suoi dirigenti, nel 2021, sono cominciati i tempi di vacche magre. È targato Suning il saldo di mercato in attivo più alto mai registrato nella storia del calcio (l’estate delle cessioni di Lukaku e Hakimi, per intenderci). Così come è targato Suning anche il bond rifinanziato nel gennaio 2022 da 415 milioni con scadenza nel 2027. Bisogna essere onesti e affermare che, nelle ultime tre stagioni, l’Inter è rimasta competitiva grazie alle enormi competenze e all’acume dei suoi dirigenti in sede di calciomercato.

Più volte Marotta ha ripetuto la parola “sostenibilità” come concetto chiave per descrivere le linee guida nella gestione del club. Ciò che però per i dirigenti si è rivelato sostenibile, visti i risultati, è diventato (in)sostenibile per il presidente e la proprietà. L’emblema sta nel tentativo di rifinanziamento da circa 415 milioni con Pimco, operazione che avrebbe soltanto posticipato il problema. E, soprattutto, visti i 395 milioni da restituire a Oaktree, avrebbe lasciato in pancia all’Inter “spiccioli”, se rapportati alle cifre standard del mondo del calcio. Quello sì che avrebbe “seriamente messo a repentaglio la stabilità del club“, per citare il comunicato (d’addio) di Zhang di sabato 18 maggio. Semplicemente, non era più plausibile continuare a creare debito su debito, chiedere proroghe su proroghe, sopravvivere anno dopo anno. Steven ci ha provato, ma lo ha pagato sulla sua pelle, nel momento in cui ha capito di aver perso l’Inter. Ma non il ricordo dei suoi tifosi.

Simone De Stefanis

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