Conte di nuovo all’Inter? I pro e i contro di un suo eventuale ritorno
I motivi per cui conviene e per i quali non conviene puntare nuovamente su di lui
Ancora vincenti insieme o la classica minestra riscaldata? L’andamento altalenante dell’Inter di Inzaghi e il divorzio tra Conte e il Tottenham hanno acceso una suggestione che pian piano si sta trasformando in un’eventualità sempre più realistica: il ritorno del tecnico salentino sulla panchina nerazzurra. Dopo aver lasciato Milano nell’estate 2021, da campione d’Italia ma sbattendo violentemente la porta, una nuova avventura come allenatore del Biscione stuzzica da una parte e lascia perplessi dall’altra. Ma allora: Conte e l’Inter possono essere ancora un binomio vincente o si tratterebbe della solita minestra riscaldata? Analizziamo i pro e i contro qualora tornasse alla guida dei nerazzurri.
PRO
MENTALITÀ VINCENTE – È nel suo Dna. Vincere, vincere, vincere. Per lui conta solo questo, a prescindere da tutto. E infatti non è un caso che in questi mesi – ed è stata una delle ragioni che hanno portato alla separazione dal Tottenham – abbia accusato più volte gli Spurs di avere una mentalità perdente radicata all’interno del club, dai calciatori a piani più alti della dirigenza. Conte respinge nel modo più totale il non poter competere per la vittoria. “Mi serve la percezione di avere almeno l’1% di possibilità di vincere”, “Il secondo è il primo dei perdenti”, alcune delle sue frasi-mantra pronunciate nel biennio interista. Concetti che ultimamente non si “respirano” più nell’aria della Pinetina.
VALORIZZA I CALCIATORI – Lukaku su tutti, ma non solo. Hakimi, De Vrij, Bastoni, Brozovic, Sensi, tutti calciatori che con Conte hanno raggiunto il picco massimo della propria carriera. Non che trasformi gente scarsa in fenomeni, ma fa rendere al top giocatori buoni o discreti. Big Rom è appunto l’esempio più lampante: arrivato dopo il fallimento al Manchester United, all’Inter si è consacrato ed è diventato il simbolo del 19esimo scudetto. Mentre ora sembra solo un lontano parente di quello ammirato nella gestione contiana. I “suoi uomini” morirebbero per lui, e con lui superano i propri limiti.
DECRETO CRESCITA – Un aspetto da non sottovalutare. Perché il suo stipendio particolarmente oneroso verrebbe ammortizzato grazie al decreto di cui ha già approfittato nel 2019, quando percepiva circa 11 milioni di euro anche se all’Inter costava “solo” 14,5 lordi al posto che 22. Essendo stato quasi due anni residente all’estero, e visto che la norma non esclude che si possa beneficiarne in due periodi diversi, i nerazzurri risparmierebbero sul pagamento del suo ingaggio, riuscendo allo stesso tempo a garantirgli una cifra importante. Un vantaggio fiscale non da poco.
CONOSCE L’AMBIENTE – Sa cosa vuol dire allenare l’Inter. E non è banale, perché non tutti i tecnici sono adatti alla panchina nerazzurra. “Mai più Pazza Inter“, disse il giorno della sua presentazione. In parte è stato così, dato che è riuscito a costruire una squadra quadrata, concreta, solida. Ma in parte ha fatto suo uno dei valori cardine dell’interismo. E ha riportato sul trono d’Italia una squadra che non vinceva da undici anni. Nonostante l’ingombrante passato juventino, ha dimostrato di essere un “allenatore da Inter”.
AFFAMATO, ANCHE PIÙ DEL SOLITO – La fame non è mai mancata ad Antonio Conte. Anzi, è sempre stato uno dei suoi punti di forza. E questa volta potrebbe avere la pancia più vuota del solito. Già, perché l’esperienza deludente al Tottenham senza trofei vinti – prima volta che accade da quando allena i top club – sembra averlo caricato ancora di più.
CONTRO
PRETENDE LA LUNA – Si sa: Conte vuole mangiare al ristorante da 100, ma non con 10 euro nel portafoglio. Parafrasando la sua celebre frase ai tempi della Juve: esige acquisti importanti sul mercato. In caso contrario, si lamenta. E lo fa anche rumorosamente, davanti ai microfoni. Vuole che la società spenda e che gli compri i suoi pupilli, altrimenti sbotta pubblicamente. Durante la sua gestione sono arrivati: Barella, Lukaku, Hakimi, Eriksen, Sensi, Sanchez, Lazaro. Giocatoti voluti, anzi pretesi, da lui anche a cifre piuttosto notevoli, per un totale di 275 milioni spesi. Per Inzaghi, praticamente nello stesso periodo, è stato investito meno della metà. E vista la situazione finanziaria attuale dell’Inter, Conte potrà convivere con una dinamica totalmente diversa – da cui di solito scappa, come accaduto proprio in nerazzurro o alla Juve – rispetto a quella a cui è abituato?
AMBIENTE POCO SERENO – Esattamente il prosieguo del concetto appena sviscerato. Quando è in sella a una panchina, diventa quasi un nemico per la propria società. Esplode da un momento all’altro, si sfoga con i giornalisti “lavando in pubblico i panni sporchi”, non si fa problemi a criticare i suoi stessi calciatori. Insomma, tutto il contrario di un allenatore aziendalista. Come invece è Simone Inzaghi.
INGAGGIO – Si collega ad uno dei pro elencati sopra: vero che il Decreto Crescita permette di risparmiare, ma comunque Conte pretende parecchi soldi. Al Tottenham guadagnava circa 17 milioni di euro a stagione, una cifra astronomica e improponibile per le casse nerazzurre. Per cui, o decide di abbassarsi piuttosto drasticamente lo stipendio (anche oltre gli 11 milioni che ha percepito nella sua avventura interista), altrimenti l’operazione diventa letteralmente infattibile.
FALLIMENTI EUROPEI – Il tallone d’Achille della sua carriera. Per quanto da un lato sia un animale da campionato, in grado di vincere 5 titoli con 3 squadre diverse (spesso senza avere la rosa più forte, anzi…), in Europa ha collezionato un flop dietro l’altro. La proprietà commutativa versione contiana: Juventus, Chelsea, Inter e ora anche Tottenham, cambiano gli addendi ma non il risultato. Una sola volta ha raggiunto i quarti di Champions (dieci anni fa), poi solo cocenti delusioni: tre eliminazioni ai gironi e due agli ottavi. Ha avuto due grandi opportunità per vincere l’Europa League, ma sia in bianconero che in nerazzurro ha fallito. Ma forse la peggiore è arrivata in Conference League: buttato fuori in un girone con Rennes, Vitesse e Mura (anche se con una sconfitta a tavolino).
MINESTRA RISCALDATA – La storia insegna. In passato grandissimo tecnici come Sacchi, Capello, Lippi, ma anche lo stesso Mancini in nerazzurro hanno fallito al ritorno su una panchina in cui hanno raggiunto risultati straordinari. Lo stesso potrebbe accadere anche in questo caso.
Ecco una tabella riassuntiva dei pro e dei contro.
PRO | CONTRO |
Ha e porta una mentalità vincente | Pretende tantissimo sul mercato (e non solo) |
Sa valorizzare i calciatori | Crea un un clima poco sereno |
Si può usufruire del Decreto Crescita | Vuole un ingaggio top |
Conosce già l’ambiente | Troppi fallimenti in Europa |
Addirittura più affamato del solito | Rischio minestra riscaldata |
Conte è un vincente, anche all’Inter lo ha dimostrato. Ma spesso le minestre riscaldate non sono buone come la prima volta. E allora, mettendo sulla bilancia i pro e i contro, in caso di esonero di Inzaghi, è giusto puntare ancora su di lui?