EDITORIALE – Quello che Frankie non dice
L'editoriale del lunedì sera, una volta di più sui vostri schermi. Stavolta dedicato a un allenatore che, nel dubbio, è stato deriso e preso in giro prima ancora che potesse dimostrare alcunchéDopo Inter-Juventus Frank de Boer ha detto molte cose. Dalla sua lettura della sfida alla spinosa questione Brozović passando per mille altre domande postegli da giornalisti televisivi e non. A tantissimi sarebbe piaciuto che lui dicesse anche altro ma, visto che è molto più signorile della media, il vecchio Frank non ha voluto infierire su chi ha sparato a zero su di lui nelle scorse settimane, compresi i quotidiani nazionali che non hanno atteso granché prima di esporlo alla gogna. Per carità, è sempre valido il solido discorso che le testate, oggidì, non si sostentano da sole e dunque la polemica vale sempre qualche copia in più ma, in questo caso, hanno davvero esagerato quasi tutti.
Fosse solo più vendicativo e più avvezzo ai giochini mediatici tipici del nostro Paese, de Boer avrebbe potuto ringraziare sentitamente chi ha implicitamente sostenuto che sia una sorta di miracolato della panchina, arrivato per caso a guidare l’Inter manco fosse piombato a Milano dalla Lega Pro. Avrebbe potuto far presente che in diversi hanno scritto di lui come se fosse in perenne confusione: stordito dal nuovo ambiente, non in grado di integrarsi in tempo utile, incapace di esercitare il carisma sufficiente sulla rosa, inabile a gestire uno spogliatoio di prime donne e la comunicazione di un club come l’Inter. Avrebbe potuto commentare che, lui, “burro” non sa ancora cosa voglia dire. Avrebbe potuto complimentarsi per la competenza dimostrata da coloro che l’hanno crocifisso a nemmeno quaranta giorni dal suo insediamento per via di un paio di sconfitte dove la sua responsabilità è stata minima. Avrebbe persino potuto chinare il capo a chi gli ingiungeva di vergognarsi, sottintendendo che non capisce un tubo di pallone.
Ma non solo.
L’ex allenatore dell’Ajax avrebbe potuto ricordare a tutti quei tifosi che l’hanno (avevano?) già bocciato a causa dello scivolone con l’Hapoel Be’er Sheva che se ha battuto la Juve è stato solo questione di fortuna, visto che non ha né l’esperienza, né il carisma per guidare una grande italiana. Avrebbe potuto parlare di nuovo dell’enorme mole di lavoro atletico trovata in arretrato. Avrebbe forse potuto notificare ai nostalgici di Mancini che il Mancio stesso ha in effetti vinto e convinto spesso contro i bianconeri nella sua esperienza 2.0 a Milano. Avrebbe infine potuto specificare che ha vinto il big match di ieri schierando appena due giocatori nuovi in più rispetto a quelli a disposizione del tecnico precedente e che – ovviamente – non si tratta di elementi scelti da lui, ringraziando sentitamente chi ha scelto questo meraviglioso assortimento di calciatori.
Per fortuna nostra, de Boer non è un uomo che ama prendere in giro stimati professionisti (cosa che purtroppo non si può dire di tanti che popolano il nostro mondo dell’informazione). Lui s’è limitato a rispondere sul campo, come si dice in questi casi, e a mostrare un primo accenno di quello che può diventare l’Inter nelle sue mani se gli si dà l’occasione di lavorare sereno. Una vittoria, quella di ieri, che peraltro nasce anche dalle ceneri dell’orrida partita di Europa League, episodio che è servito ai giocatori per capire che, per quanto l’avversario non fosse di chissà che rilievo, dando il 30% non si vince nemmeno con le formazioni di Eccellenza. Non a caso il mister ha parlato specificatamente di carattere prima ancora che di qualità perché per interpretare al meglio un piano tattico, per quanto geniale possa essere, serve prima di tutto la voglia bruciante di farlo.
Ora non è il caso di correre con la fantasia o farsi prendere dall’entusiasmo: l’Inter non era una squadra scadente venerdì mattina e non è una corazzata fatta di soli campioni stasera. Però è innegabile che de Boer abbia finalmente messo la prima pietra angolare del suo progetto, il primo tassello di un piano che può regalare soddisfazioni al pubblico nerazzurro. E se questa pietra, per caso, dovesse anche schiacciare tutta una serie di scarafaggi dell’informazione che hanno sbrodolato in lungo e in largo sulla sua (presunta) incapacità sarebbe anche tanto di guadagnato.