EDITORIALE – Errori, paure e crolli: la solita Inter
Torna il consueto editoriale del lunedì sera per voi affezionatissimi, tristemente consapevole di non poter essere una consolazione. Anzi, stavolta tocca anche vivisezionare la situazione e portare alla luce del tutto una situazione talmente preoccupante da far dubitare persino del carisma di Spalletti, che onestamente non sembra nemmeno più in controllo della situazioneNon ci si può nascondere dietro un dito, la sconfitta contro il Genoa non arriva in maniera inattesa e, guardando al corso della partita, non ci si può stupire che sia andata a finire così. L’Inter gioca con una paura così profondamente cucita nelle sue stesse viscere che è francamente sorprendente come abbia saputo evitare altre sconfitte lungo l’arco di gennaio e, indipendentemente dalla qualità di gioco effettivamente espressa negli ultimi due mesi e mezzo, sono giornate su giornate che pare barcollare tanto da essere vicinissima al punto di crollare a terra da un momento all’altro.
La squadra di casa non ha giocato una partita indimenticabile ma le è bastato mettere in piedi una prestazione ordinata e precisa, strutturata particolarmente bene nel pressing alto, per avere ragione di un’Inter che ha restituito la netta sensazione di non riuscire a segnare nemmeno se la partita fosse durata 490 minuti. Tatticamente non si può non dire che Spalletti non è riuscito a preparare al meglio la sfida, non riuscendo a trovare contromisure efficaci alla velocità sugli esterni dei rossoblù e all’aggressione alta dei ragazzi di Ballardini, che il lentissimo giro-palla nerazzurro non ha mai saputo eludere. Certo, aveva delle assenze notevoli ma questa è la primissima partita che non solo sbaglia in sede di preparazione ma nemmeno riesce a rimettere tatticamente in carreggiata con il passare dei minuti e/o le sostituzioni. La reazione del secondo tempo, infatti, è probabilmente più figlia dei nervi e delle caratteristiche differenti dei subentrati che non di un vero e proprio cambiamento tattico.
L’attacco della profondità non è esistito, gli uno contro uno in isolamento sono stati sistematicamente evitati perché non portavano a nulla e le conclusioni nello specchio sono state davvero poche (5 su 14 totali, tutte arrivate dal centro-sinistra e ben tre da fuori area, segno che l’Inter non ha saputo creare quasi nulla di potenzialmente pericoloso entro i sedici metri genoani). A questa sterilità offensiva aggiungiamo due gol sfortunati, sì, ma anche auto-inferti in maniera veramente parossistica ed ecco che il ritratto di una squadra drammaticamente in crisi è servito.
Il punto focale della partita di sabato sera è il definitivo esaurimento dell’apporto tecnico/tattico che Spalletti può dare ai suoi: è difficile parlare di intangibles come mentalità, coraggio, grinta, spirito di sacrificio e altri aspetti quasi interamente non quantificabili del gioco ma la sensazione è che la componente mentale è talmente preponderante nell’Inter attuale che qualsiasi accorgimento tattico risulta per forza notevolmente secondario all’interno del modo in cui il Biscione vive le sue partite.
Si stanno evocando le soluzioni più disparate, da una vicinanza maggiore della proprietà (?) a un repulisti generale in società o a uno stravolgimento di modulo e formazione, passando per l’ovvia cacciata di metà della rosa e, naturalmente, anche per il trapianto più o meno integrale della primavera al posto dei titolari (questo è un partito che non manca mai).
Ciò che fa veramente paura a chi scrive è la più che concreta possibilità che Spalletti venga abbandonato a sé stesso, in balia delle sue paure ma, soprattutto, di quelle della sua squadra. Che, al momento, sembrano essere alte come l’Everest ma molto, molto, molto più difficili da scalare.