EDITORIALE – La stagione non è lunga, è morta
Il consueto editoriale del lunedì, incentrato stavolta sulle zero prospettive di questa stagione che si è conclusa ancor prima del giro di boa del cambio d'anno solareMentire a sé stessi perché non si accetta una realtà più brutta di quanto ci si potesse mai immaginare è comprensibile. Dunque si capisce perché, mormorando sottovoce e quasi con eccessivo pudore, esista una porzione di interisti che cerca ancora di rimanere disperatamente aggrappata a quel filo invisibile di speranza che la frase “la stagione è ancora lunga, mancano tanti punti in palio” rappresenta. Tuttavia anche crederci con tutto il cuore non rende vero quest’assunto perché, nonostante sia inoppugnabile che si debbano ancora giocare ben ventitré partite, la stagione è instradata in un modo tale che ci vorrebbe un miracolo vero per agguantare la Champions League. Forse sarebbe meno complesso raggiungere l’Europa League, specie se si pensa che c’è ancora la carta Coppa Italia da giocare, ma qualificarsi per “l’Europa minore” per poi non onorarla come s’è visto quest’anno avrebbe decisamente poco senso (e comunque sarebbe tutt’altro che facile).
Sei sconfitte sarebbero quasi troppe per una squadra che si trova sul podio a fine anno, figuriamoci dopo quindici giornate (s’è perso più spesso di una volta ogni tre gare!); a meno di non fare seriamente 60 punti nelle prossime 23, le prime tre – forse quest’anno addirittura quattro – posizioni sono ormai un miraggio.
Attenzione: non è la partita col Napoli in quanto tale che bolla come inevitabile questa tesi perché, come abbiamo visto, la fredda matematica ammetterebbe ancora un’ipotetica macro rimonta. Ma è la partita del San Paolo in quanto sesta sconfitta su quindici uscite complessive che suggerisce di lasciar perdere eventuali sogni europei.
Se poi la si analizza anche come un esame sulle condizioni di salute della squadra, la situazione peggiora pure perché l’Inter ha mostrato una nettissima involuzione sul piano dell’efficacia del suo gioco rispetto alle esibizioni precedenti. Sia dove pareva impossibile – in difesa –, sia dove ci si augurava che non accadesse finché gli schemi di retroguardia non iniziassero a ingranare meglio – in attacco. Già prima di Napoli i motivi per guardare con ottimismo al futuro erano pochini, dopo un 3-0 così mortificante (soprattutto per come è arrivato) non ce ne sono proprio più.
Una società allo sbando, un allenatore decisamente propositivo e coraggioso ma che ha scritto in fronte “provvisorio” a caratteri cubitali, una rosa male assortita e incompleta. Forse la miglior fotografia della stagione dell’Inter è la proiezione (calcolata sulla basa di quanto fatto fino a oggi) di dove si piazzerebbe la squadra a fine campionato: tenendo l’attuale media, infatti, si finirebbe per mettere assieme 53 punti totali. Per avere un’idea, l’anno scorso avrebbe significato concludere in nona posizione, a -1 da una Lazio in costante involuzione per tutto il sacrosanto torneo e a -4 dal vituperato Milan di Mihajlović. Persino l’anno del cambio tra Mazzarri e Mancini (anch’esso suggellato dal nono posto finale) i punti sono stati di più (55).
Si può sperare di fare un po’ meglio di così e raggranellarne 40, 45 se la squadra tira fuori una serie positiva di grosso calibro (servirebbe viaggiare a una media di quasi due punti a partita da adesso in poi per concludere a quota 65) ma, veramente, sperare di migliorare il risultato dell’anno scorso è fantascienza.
È un’amara realtà ma va accettata. Magari a iniziare proprio dalla dirigenza. Quanto sarebbe bello se Zanetti o Ausilio al posto del consueto e stucchevole “Finché la matematica non ci condanna noi crediamo al terzo posto” ammettessero che la stagione è andata in vacca ma, al contempo, confidassero che si sta già lavorando molto per la prossima?