FOCUS – L’infinito tango tra l’Inter ed il Pocho Lavezzi
Come in ogni sessione di mercato che si rispetti, l’Inter ed il Pocho Lavezzi tornano a sfiorarsi delicatamente come due innamorati del secolo scorso, in giro fianco a fianco tra le polverose strade prive di tecnologia d’ogni sorta ma piene di emozioni ormai lontane anni luce. Anche questa volta, cavalcando la lunga onda che connette […]Come in ogni sessione di mercato che si rispetti, l’Inter ed il Pocho Lavezzi tornano a sfiorarsi delicatamente come due innamorati del secolo scorso, in giro fianco a fianco tra le polverose strade prive di tecnologia d’ogni sorta ma piene di emozioni ormai lontane anni luce. Anche questa volta, cavalcando la lunga onda che connette le due sponde, pare eccessivamente complicato partire dalla fine: non sappiamo ancora se questa sarà la volta buona, ma una discreta base per poter abbozzare un futuro insieme c’è ed è proprio da lì che bisogna partire. Dopo le consuete ed ormai nemmeno tanto inattese voci sul futuro dell’argentino, ecco la conferma a denti stretti di Mancini, che nella conferenza odierna, senza sbottonarsi troppo, conferma che l’ipotesi di un passaggio dell’ex Napoli in nerazzurro non è così infondata: “Abbiamo provato in passato a prendere Lavezzi sia con il City che con l’Inter, ma poi ha scelto Parigi. Credo sarà possibile arrivarci a fine campionato” (QUI il resto della conferenza in vista di Inter-Carpi), parole che di fatto aprono ad un approdo in nerazzurro a giugno, mese della possibile e definitiva rivoluzione interista iniziata la scorsa estate.
Il possibile acquisto del classe ’85 di Santa Fe ha letteralmente spaccato in due la tifoseria nerazzurra dando vita a due e vere e proprie fazioni: i pro Lavezzi ed i contro Lavezzi. Se i primi immagino un ulteriore innesto di spessore in grado di garantire un ulteriore salto di qualità ad un reparto già in grado ben assortito, i secondi vedono l’attuale numero 22 del PSG come l’ombra di quel giocatore che fece innamorare Napoli a suon di accelerazioni e dribbiling, pronto a tornare in Italia per ottenere l’ultimo grande contratto della carriera. Probabilmente la verità sta in mezzo: vero che pretendere lo stesso Pocho di Napoli quando la carta d’identità recita “classe ’85” vuol dire peccare d’eccessivo ottimismo, ma altrettanto vero è che completare un reparto con un giocatore attualmente militante in una delle squadre più forti del pianeta senza spendere un centesimo per il cartellino può essere un vero affare. Sarebbe molto più prudente capire cosa si può pretendere da un Lavezzi trentunenne e cosa invece no, in modo tale da scoprire subito le carte in tavola e giocare una gara da dilettanti ma onesta, senza nascondere nulla ai rappresentanti delle due fazioni lavezziane: inutile pretendere lo spunto di qualche anno fa, vera specialità della casa in grado di renderlo uno dei calciatori più desiderati ed apprezzati dell’intera Serie A. Gli assoli del Pocho da seconda punta, assieme alle reti di un Cavani altrettanto divino ed un Hamsik in grado di supportare il grande movimento dei due, hanno di fatto trasformato il Napoli da cenerentola da medio-alta classifica a big indiscussa in grado di lottare con costanza per i primi tre posti del nostro campionato. Le giocate in questione resteranno soltanto un ricordo lontano anni luce? In parte possibile, ma ciò non basta per bollare il possibile arrivo di Lavezzi come fallimentare in partenza: l’argentino è infatti un giocatore totalmente diverso da quello apprezzato in Campania, artefice di un calcio più adatto agli scambi nello stretto ed agli inserimenti che alle sgroppate in campo aperto da seconda punta in grado di partire da lontano per sfruttare le accelerazioni negli spazi aperti. In sostanza potrebbe essere un Lavezzi meno bello ma più concreto, più utile da ala che da seconda punta a tutto campo come nella precedente avventura italiana. I numeri stressi confermano come il Lavezzi 2.0 di Parigi sia un giocatore comunque ancora efficace sotto porta, in grado di mettere a segno nove gol tra campionato e coppe, non pochissimi per essere l’ala sinistra del 4-3-3 di una squadra straordinariamente assortita alla quale è spesso tornato utile a gara in corso. Già, ala sinistra. E Ljajic? Ljajic, nel momento in cui dovesse essere riscattato, potrebbe, oltre ad alternarsi con l’argentino (le coppe potrebbero in questo senso aumentare e non poco gli impegni settimanali) gravitare dietro la prima punta trasformandosi nel famoso “uomo da ultimo passaggio” fornendo quindi possibili margini di calcio orizzontale passante anche per le vie centrali del campo, elemento per ora poco pervenuto in questa prima metà di stagione. Inoltre, come ampiamente constatabile anche da un occhio non particolarmente vicino al gioco del calcio, i successi e la competitività di un club si fondano anche più che in passato sulla lunghezza della rosa, potenzialmente competitiva su più fronti se basata su un parco di giocatori adeguatamente attrezzato.
Va in ogni caso sottolineato come l’Inter 2016/2017 potrebbe essere profondamente diversa da quella 2015/2016, sulla falsa riga di quanto visto nella passata stagione. Alla luce di eventuali uscite élite non è da escludere l’arrivo di altri giocatori con caratteristiche differenti in grado di esaltare le ormai arcinote caratteristiche del Pocho. Ma tornando al discorso d’origine, è lecito immaginare una nuova Inter in grado di contare su un giocatore del livello dell’argentino? Si e no, perché se da una parte Mancini corteggia sin da ora il giocatore, dall’altra la Premier non sta a guardare, provando a sbaragliare la concorrenza a suon di milioni. In caso di concreto forcing britannico, ci sarebbe davvero poco da fare: i milioni e l’idea di un’esperienza in un campionato affascinante come quello inglese taglierebbero fuori i nerazzurri dal giro delle pretendenti, concludendo quindi ancora una volta il tango senza alcun bacio.
Intanto l’ennesimo tango di mercato continua: le mani dei due protagonisti continuano ad intrecciarsi e gli occhi a guardare finalmente nella medesima direzione. L’Inter non molla, Lavezzi riflette, bisogna ancora volteggiare prima di decidere definitivamente.