FOCUS – Il Ljajic che non t’aspetti
L’ottovolante emotivo sul quale si è faticosamente mossa l’avventura italiana di Adem Ljajic non ha di certo bisogno di presentazioni. I tifosi di Fiorentina e Roma hanno imparato ad apprezzarne pregi e difetti, magie in campo e colpi di testa al di fuori, periodi di grande lucidità e momenti di buio. Il serbo d’altronde rappresenta […]L’ottovolante emotivo sul quale si è faticosamente mossa l’avventura italiana di Adem Ljajic non ha di certo bisogno di presentazioni. I tifosi di Fiorentina e Roma hanno imparato ad apprezzarne pregi e difetti, magie in campo e colpi di testa al di fuori, periodi di grande lucidità e momenti di buio. Il serbo d’altronde rappresenta ormai da anni prototipo perfetto di calciatore tecnicamente dotato ma incostante, al quale è sempre mancato quel piccolo scatto in più per imprimere il proprio nome nella lista dei giocatori in grado di fare la differenza in un organico di livello. Al suo terzo cambio di maglia in cinque anni, qualcuno ha logicamente storto il naso: può l’Inter, squadra perennemente sulle spine ed alle prese con uno dei momenti peggiori della propria storia, sposare le esigenze di un giocatore così particolare? La risposta a caldo di tanti, incluso chi vi scrive, fu ovviamente no. In primis, a destare più di qualche dubbio sul reale apporto del serbo fu intanto la concreta possibilità di un minutaggio ridotto: con gli arrivi di Perisic e Jovetic si pensò subito al tridente classico, con l’ex Roma relegato al ruolo di prima o seconda riserva offensiva assieme a Palacio e Biabiany, non certo la situazione migliore per chi, per esprimersi al massimo delle proprie capacità, ha sempre avuto bisogno di una certa costanza. In secundis le possibile conseguenze anche emotive di un utilizzo incostante: l’esultanza polemica di Roma e i problemi con Delio Rossi ai tempi di Firenze furono piccoli indizi che a mercato aperto proiettavano il tifoso interista medio verso nomi apparentemente più serafici dopo la scottante bagarre Osvaldo che di fatto privò l’Inter di una preziosissima freccia a stagione in corso. Per dover di cronaca va specificato che l’inizio di Adem con la nuova maglia non fu dei più esaltanti: soltanto 71 minuti prima della gara di Bologna, match che segnò la svolta di Ljajic in nerazzurro. Contro il club emiliano il serbo si esibì in una prestazione di sacrificio e qualità condita dall’assist perfetto da tre punti per Icardi, dimostrando di poter dare il proprio apporto anche dal primo minuto in gare difficili e dove la concretezza in zona gol diventa fattore imprescindibile per portare a casa il bottino più ricco. Le successive gare di Ljajic hanno invece aggiunto un’ulteriore componente, colpevolmente passata in secondo piano al momento dell’approdo in nerazzurro: l’intesa con Jovetic. I due ex compagni ai tempi di Firenze in campo sembrano davvero essere fatti l’uno per l’altro: fraseggi sullo stretto, continui dai e vai ed una lettura dei movimenti reciproca già collaudata e subito ottimizzata dalle idee di mister Mancini, che ha affidato al duo balcanico le chiavi dell’attacco nerazzurro nel delicatissimo match casalingo contro la quotatissima Roma e contro l’incognita Frosinone. Il primo gol di Ljajic in nerazzurro non è ancora arrivato nonostante le tante occasioni create; ad arrivare però sono invece gli assist, già tre in trecentocinquanta minuti, numeri di chi antepone l’interesse della squadra a quello personale. Riguardando i tre assist del giocatore (QUI il più importante contro il Bologna) notiamo come siano frutto di giocate semplici ed intuitive, le classiche situazioni dove la tentazione di ignorare il compagno libero è tanta ed a volte anche giustificata nel momento in cui si volge lo sguardo ad un attaccante che del gol in grado di battezzare la propria avventura con una nuova squadra.
Il Ljajic delle ultime uscite può risultare arma preziose anche in quello che probabilmente sarà il match più difficile di tutta la stagione, contro quella macchina perfetta chiamata Napoli che dopo il passaggio dal 4-3-1-2 al 4-3-3 non ha fatto prigionieri nè in Serie A nè in Europa League. L’utilità del numero 22 nerazzurro emergerebbe anche in un ipotetico passaggio alla difesa a 3, schieramento utilizzato più volte da Mancini in questo inizio di stagione e che presuppone la presenza di una seconda punta in grado di gravitare attorno ad un riferimento offensivo identificabile in Icardi o nel “gemello”Jovetic.
Consolidata la fiducia del tecnico e della tifoseria non resta che continuare a lavorare rispettando il senso di marcia intrapreso nelle precedenti uscite: sacrificio, lucidità e qualità, elementi fondamentali per rimanere al vertice delle gerarchie dell’ambizioso tecnico jesino, a cui va il merito di aver creduto in Ljajic quando poche squadre dell’élite nazionale ci avrebbero puntato. Guai cullarsi troppo sugli allori delle ultime gare, la fiducia ottenuta non è una proclamazione definitiva ma un buon inizio in vista di un campionato ancora lungo. La palla passa quindi per l’ennesima volta a Ljajic, nella terza grande occasione della propria carriera: giocarla bene deve essere un imperativo, una sorta di manifesto per mostrare al mondo che a volte concedere una seconda possibilità ad un talento da levigare può risultare una mossa vincente.