FOCUS – Che fine ha fatto Martìn Montoya?
Che fine ha fatto Martìn Montoya? Difficile dare una risposta esaustiva, visto che probabilmente non sarebbe in grado di darla neppure lo stesso protagonista. Montoya, arrivato all’Inter dalla porta principale dopo aver fatto incetta di trofei al Barcellona, non ha ancora giocato neppure un misero secondo in Serie A, alla faccia dello scarso minutaggio catalano […]Che fine ha fatto Martìn Montoya? Difficile dare una risposta esaustiva, visto che probabilmente non sarebbe in grado di darla neppure lo stesso protagonista. Montoya, arrivato all’Inter dalla porta principale dopo aver fatto incetta di trofei al Barcellona, non ha ancora giocato neppure un misero secondo in Serie A, alla faccia dello scarso minutaggio catalano da mandare agli archivi grazie al passaggio in nerazzurro. In quel di luglio fu prestito biennale con diritto di riscatto senza alcuna ulteriore possibilità di riacquisto per i blaugrana: per gli spagnoli non esattamente il tipo di cessione di chi teme di perdere un perno del futuro, per l’Inter operazione quasi a costo zero e tentativo di pescare dalla floridissima cantera senza troppi rischi. A convincere Roberto Mancini e la dirigenza nerazzurra sono senza dubbio le caratteristiche più tecniche che tattiche di Montoya: gran corsa, buon piede ed un’importante tendenza al gioco offensivo sulla fascia destra, elemento latitante nella stagione nerazzurra ai tempi appena consegnata agli almanacchi della Serie A. Il tecnico, come detto, ha storicamente lanciato e preteso esterni bassi in grado di garantire traversoni ed inserimenti, permettendo di fatto una soluzione offensiva in più in fase di spinta e stando alle mere caratteristiche del ex Barça l’allenatore nerazzurro poteva ritenersi più che soddisfatto. Dall’altra parte del tavolo, Montoya, giovane ma ambizioso, sa che l’avventura catalana è giunta a termine e che un’altra stagione da 908 minuti tra campionato e coppe come la precedente è assolutamente inaccettabile. L’Inter può essere la piazza giusta per il rilancio: allenatore ambizioso, società nuova, campionato in crescita ed una maglia praticamente da titolare che, con l’ormai (ai tempi) certa partenza di Santon spalancava le porte ad un impiego costante. Giunto a Milano l’ex Barcellona mostrerà entusiasmo e voglia di mettersi subito a lavoro: “Sono venuto qui per giocare più minuti, ma un calciatore deve sempre dimostrare in allenamento di poter essere titolare, poi sarà il mister a decidere. Sono venuto qui per vincere lo scudetto, ho fame di titoli e anche la squadra ha questa voglia” (QUI la conferenza stampa di presentazione) ma già dalle primissime uscite qualcosa inizia a non andare: tante imprecisioni tecniche, poco feeling con i meccanismi nerazzurri, svarioni in fase difensiva, insomma, c’è da lavorare. Santon intanto, come un ciclista sui pedali, guadagna clamorosamente terreno nelle gerarchie nerazzurre, trasformandosi da esubero a certezza. A colpire dell’ex bambino di Mourinho è la determinazione messa in campo nella prima giornata di campionato con l’Atalanta, crocevia della definitiva permanenza in nerazzurro da titolare. E Montoya? Beh, “Montoya avrà tempo nelle prossime giornate”, si dirà. Ad oggi però non è stato così: lo spagnolo è uno dei pochi calciatori in rosa (eccezion fatta per i due portieri di riserva ed i primavera aggregati) a non aver ancora esordito in campionato, dato abbastanza eloquente in relazione alle prospettive di inizio stagione. L’agente getta giustamente acqua sul fuoco chiededo tempo per il proprio assistito: “Siamo in una fase di inserimento, Martin presto sarà utile all’Inter e dimostrerà il suo valore” , ma di Montoya, ma dopo due mesi e mezzo ancora nessuna traccia. Neppure il fato sembra aiutarlo, con un virus influenzale che lo manda K.O. Poco prima dell’amichevole contro il Chiasso, occasione importante per mettere minuti nelle gambe e provare a convincere Mancini a concedergli una fondamentale possibilità. Il ragazzo intanto inizia ad essere un vero e proprio oggetto misterioso anche all’interno della tifoseria nerazzurra: tra le tante domande ci si chiede se quello di Montoya sia semplicemente un problema di natura tattica o no. Gli estimatori di lunga data rimangono increduli dinanzi alle zero presenze del giocatore dotato di un “piede” di questo tipo ( ricordi il canestro in allenamento?). I più pessimisti invece addirittura ipotizzano un ritorno alla casa madre già a gennaio, scenario praticamente impossibile fino a qualche mese fa. Per riconquistare Mancini, Montoya dovrebbe intanto migliorare sotto l’aspetto tattico, primo e vero problema di queste prime sporadiche uscite non ufficiali: la tendenza ad attaccare allungando la linea dei 4 dietro pare innata, ma in Italia non è ammissibile. Lo stesso Santon, il cui destino è ancora una volta legato a quello di Montoya, è riuscito a migliorare in fase passiva, contribuendo e non poco ai meccanismi difensivi d’inizio stagione, tanto da essere addirittura usato da Mancini nella difesa a 3 nel nefasto match contro la Fiorentina. Fondamentale inoltre sarà l’impatto mentale nell’ormai attesissimo giorno dell’esordio: una gara insufficiente sancirebbe definitivamente la rottura di un amore mai sbocciato, ma allo stesso tempo lo scenario di una definitiva bocciatura dopo l’esordio peserebbe sulle spalle de terzino come un macigno. Come reagirà l’argentino ai due mesi e più da gregario? Solo il tempo ed a quel punto Montoya, daranno delle risposte: l’Inter aspetta, i tifosi fanno lo stesso. Riuscirà quello che è oggi un oggetto misterioso a far ricredere lo scettico ambiente nerazzurro?