Focus: L’aplomb testaccino dell’eterno secondo
Normalità, innanzitutto. Questo sembra essere il leit-motiv in casa Inter dopo la burrascosa esperienza targata Giampiero Gasperini. Ed è quasi ovvio pensare che, in una situazione così delicata, il nome di Claudio Ranieri abbia messo tutti d’accordo. Romano, 60 anni il 20 ottobre prossimo, l’ex tecnico di Napoli, Fiorentina, Juve e Roma, non si presenta di certo nei panni ?special? che furono di Mourinho, ma può rappresentare una scelta saggia per riportare l’Inter dove merita. Innanzitutto, parlando del tecnico testaccino, in pochi ricordano di citare le esperienze in categorie minori alla guida di Vigor Lamezia e Campania Puteolana nella seconda metà degli anni ’80 che gli valgono l’approdo al Cagliari, protagonista di un entusiasmante doppio salto dall’allora C1 ( attuale Prima Divisione) alla massima serie. I risultati e la capacità di gestione della squadra sarda non passano inosservati agli occhi degli addetti ai lavori ed in particolare Corrado Ferlaino, presidente all’epoca del Napoli, vede in Ranieri le potenzialità giuste per rinvigorire un gruppo orfano di Maradona e più ricco di incognite che di certezze. Sor Claudio porterà i partenopei al quarto posto,che allora valeva l’accesso alla Coppa UEFA, ma soprattutto riuscirà a valorizzare il talento di Gianfranco Zola, 11 reti in quella stagione,vero e proprio idolo della curva B nell’epoca post-Maradona. L’idillio tra la società e l’allenatore dura poco più di una stagione, fino a quando Ottavio Bianchi viene chiamato per rimpiazzarlo alla decima giornata, nonostante la storica vittoria a Valencia nei 32esimi di finale della coppa Uefa griffata Daniel Fonseca con una cinquina indimenticabile. Si riparte da Firenze, dalla nobile Viola nell’anno disgraziato di Purgatorio in B. La squadra a disposizione del tecnico romano è un lusso per la categoria (basti pensare a Batistuta), ma calarsi in una realtà così diversa dalla serie A rappresenta pur sempre un’incognita. Arriva subito la promozione e l’anno successivo un decimo posto che non entusiasma in campionato ed un quarto di finale in coppa Italia. La nota positiva è il rendimento di Batistuta che si laurea capocannoniere con 26 reti. La crescita di elementi del calibro di Toldo, Rui Costa e lo stesso bomber argentino è esponenziale nella stagione 1995-96, anno in cui la società di Cecchi Gori ottiene un ottimo terzo posto alle spalle di mostri sacri come il Milan pigliatutto di Capello (battuto l’anno successivo in Supercoppa Italiana) e della Juve di Lippi e aggiudicandosi la Coppa Italia ai danni dell’Atalanta. Sembra l’inizio di un progetto ambizioso, ma la Viola non va oltre il nono posto nel 1996-1997. Finisce qui la lunga esperienza di Ranieri a Firenze ma si aprono scenari inaspettati oltre i nostri confini e precisamente in Spagna, prima a Valencia (un nono, un quarto posto e una Coppa del Re) e poi a Madrid sponda Atletico, esperienza bruscamente interrotta dopo la sconfitta dei colchoneros in terra di Francia contro il Lens. L’occasione per un immediato riscatto ha i colori blues del Chelsea pre-Abramovich, che nel 2000 punta sull’esperienza di Ranieri per rilanciare le sue ambizioni. L’aplomb di cui è dotato il neo allenatore dell’Inter facilita il suo adattamento al calcio inglese e nei suoi quattro anni oltremanica si tradurrà in un secondo posto in Premier League e nel raggiungimento di una storica semifinale di Champions nella stagione 2003-04. Con il club di Stamford Bridge che passa sotto la guida di Roman Abramovich, Ranieri viene sollevato dall’incarico a vantaggio di Jose Mourinho, reduce dalla storica Champions League conquistata alla guida del Porto. Torna a Valencia per soli otto mesi, riuscendo in ogni caso a vincere la Supercoppa Europea. Dopo anni passati fuori dai nostri confini, sarà il Parma di Ghirardi a ricordarsi di lui nel febbraio 2007, quando gli verrà affidato il compito di rivitalizzare una squadra sull’orlo della B. Il miracolo riesce. Improvvisamente torna di moda il nome di Claudio Ranieri anche tra le grandi del nostro campionato ed in particolare la Juve, neopromossa dell’epoca post-calciopoli, lo chiama per rinverdire i fasti della vecchia Signora. Alla guida dei bianconeri ottiene un ottimo terzo posto con due giornate d’anticipo, riportandoli a competere nell’Europa che conta. Il massimo che ci si poteva aspettare dalla squadra di fronte allo strapotere dell’Inter targata Roberto Mancini. Il secondo anno a Torino non è altrettanto soddisfacente, specie nella seconda fase della stagione, quando la Juve infilerà ben sei sconfitte consecutive in campionato che gli costeranno la panchina. Si chiude una porta, si apre un portone. Il 2 settembre 2009 Claudio Ranieri diventa l’allenatore della Roma, squadra per la quale tifa da sempre. I giallorossi sono reduci da un inizio disastroso, ancorati a quota zero punti, solo la copia sbiadita di quella dell’anno precedente che Luciano Spalletti aveva magistralmente plasmato. La Roma si riprende in fretta, inizia a macinare punti, restando in scia all’Inter fino alla fine della stagione, assaporando per un attimo la possibilità di scucire il tricolore dalle maglie nerazzurre. Niente da fare, è l’anno del triplete nerazzurro e Milito soffia anche la Coppa Italia ai giallorossi nella finale secca dell’Olimpico. In sintesi ogniqualvolta è stato chiamato in causa, Ranieri si è distinto sia per la capacità di intuire le necessità del gruppo, in termini di gestione dello spogliatoio e di singoli uomini, sia sfruttando al massimo le potenzialità dei giocatori dotati di maggior tasso tecnico, anteponendoli a dogmi tattici e posizioni e schemi rigidi. L’analisi della lunga carriera da allenatore di Claudio Ranieri dimostra oltretutto una grande capacità di empatia col gruppo, che lo porta ad essere considerato un vero e proprio “rivitalizzatore”, un condottiero “democratico” ma deciso che fa della motivazione degli elementi a sua disposizione la principale peculiarità delle sue squadre. Le esperienze di Torino, sponda bianconera, e della Roma post-spallettiana l’hanno consacrato come un uomo duttile, che riesce a cavare il massimo dalle situazioni complesse (talvolta anche compromesse) nelle quali occorre compattarsi e sentirsi uniti. Niente di più saggio dunque che affidarsi alla guida di sor Claudio, che ha sempre reso al meglio quando ha ereditato squadre in corso d’opera e spesso sull’orlo di crisi irreversibili. A noi non resta altro che aspettare. Le motivazioni ci sono per tutti: per la squadra che vuole tornare al top e soprattutto per Ranieri, voglioso come non mai di togliersi di dosso l’etichetta di “eterno secondo”. Speriamo accada con i colori nerazzurri… Orazio Marco Mazzola