Sono le cinque del pomeriggio e nella testa hai solo il grande impegno della serata: gioca l’Inter. Esci di casa e Milano ti regala un freddo abbraccio e un po’ di pioggia, per ricordarti che la bella stagione è finita e l’inverno è alle porte. Dopo il tragitto casa-stadio, passato ad ascoltare ogni canzone dedicata ai nerazzurri finalmente vedi San Siro e sul viso si disegna un sorriso: sei di nuovo bambino. Tutt’attorno c’è solo il neroblù: sciarpe, magliette, cappellini, sacchette e bandieroni. Ad accompagnare il tutto il profumo di salamella e il vociare dei migliaia di tifosi.
Entri nella Scala del Calcio e finalmente ti senti a casa. La Curva Nord ha già iniziato a cantare, lo stadio, nonostante siano le 18.45 di un martedì pomeriggio, è tutto pieno. Capisci di non essere l’unico follemente innamorato di questa squadra. Fischio d’inizio, 72.000 persone smettono di pensare al resto perché da ora parte un’ora e mezza buona con gli occhi incollati al campo. L’atmosfera è quella delle notti di Champions League, che l’avversario sia il Salisburgo, il Real Madrid o chiunque altro: l’emozione è alle stelle.
La Curva Nord ha iniziato il suo concerto e non ha la minima intenzione di interrompersi. Si parte con “E facci un gol, e forza Inter facci un gol…”. Non importa che sia appena cominciata, il desiderio rimane sempre quello: vedere la tua squadra segnare il prima possibile per poter esplpdere di gioia. Primi minuti di tensione, con gli austriaci che provano a rendersi pericolosi. I grandi interventi di Stefan De Vrij e le geometrie di Hakan Calhanoglu regalano sicurezza ai tifosi, che applaudono dopo ogni azione. Passano poco meno di venti minuti, Lautaro Martinez detta i tempi dell’azione, Mkhitaryan fa partire un bel filtrante per Frattesi che per poco non riesce a stoppare il pallone che diventa però un ottimo assist per Alexis Sanchez che da pochi metri non sbaglia. San Siro esplode: tutti erano già in piedi per vedere l’azione nel miglior modo possibile e non appena si gonfia la rete si inizia a urlare, saltare ed esultare. Lo fa anche il ragazzo seduto affianco, che qualche minuto prima stava criticando la scelta di Inzaghi di puntare sul cileno dal primo minuto. Perdonato dai, esultiamo assieme.
La Curva fa partire il coro dedicato a Sanchez, non dimentica poi anche il vice Capitano Nicolò Barella. “Uno di noi, Barella uno di noi” e giù lo striscione dedicato al classe 1997 dopo le voci riguardo il caso scommesse. Fiato sospeso fino al fischio dell’arbitro che sancisce la fine del primo tempo. Lo stadio riprende a parlare e commenta i primi 45 minuti: tornano le opinioni dei migliaia di allenatori seduti sugli spalti. Chi fuma per stemperare la tensione, chi è in coda al bar per una birra e chi è subito a guardare i risultati degli altri campi. I ventidue ritornano in campo, cellulari in tasca che la gara riprende.
L’Inter sembra scendere in campo troppo rilassata, rischia in qualche occasione e lo stadio inizia a rumoreggiare. Ansia, nervosismo e un po’ di paura per ciò che potrebbe accadere. Scocca il 57esimo e il Salisburgo pareggia. A San Siro cala il silenzio, sguardi affranti, teste giù sconsolate, pugni sui seggiolini e fretta che il gioco riprenda il prima possibile. Gli Ultras invece non si fermano un secondo e iniziano a cantare ancora più forte: “E per la gente che, ama soltanto te….”. Passa qualche minuto e Frattesi viene atterrato in area di rigore. Chi esulta, chi urla che è rigore, chi si porta avanti insultando già l’arbitro. Lui per fortuna non li sente e indica il dischetto. Tutto lo stadio è in piedi, chi con gli occhi sgranati, chi con il cellulare in mano chi invece è al secondo verde e sta già intonando l’inno dedicato “all’idolo neroblù” Hakan Calhanoglu.
Dalla decisione dell’arbitro alla conclusione passa un lasso di tempo che probabilmente è durato qualche minuto ma che li sugli spalti è durato qualche giorno. Il portiere avversario gioca con il pallone, gli austriaci cercano di andare a disturbare il turco che è li pronto e concentrato. A proteggerlo c’è il Capitano, che litiga con Schlanger per riprendersi la palla e sposta uno a uno i giocatori del Salisburgo. “Tranquillo Calha, ci penso io”. Nel frattempo Calhanoglu ha scelto l’angolo sinistro aspetta il fischio e calcia una mina rasoterra imprendibile. I tifosi scattano, quelli già in piedi rischiano di cadere, bicchieri della birra vengono lanciati poi di nuovo abbracci e urla: San Siro è in festa. Si riprende a cantare: “…per tutti quei chilometri che ho fatto per te, Internazionale devi vincere…” ma lo si fa questa volta con una cornice che regala uno spettacolo per gli occhi. Chi alla vecchia maniera con l’accendino, chi con la torcia del telefono, sono tutti pronti ad accompagnare il coro che sostiene gli undici in campo a prescindere dal risultato.
L’arbitro fischia tre volte, San Siro si abbraccia ed esulta, i giocatori sorridono sudati e i tifosi anche ma ancora più sudati per la tensione. L’Inter ha vinto e per due ore ci si è staccati dal mondo per seguire la propria squadra del cuore. Veniteci ancora a raccontare che è soltanto uno sport.
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