15 Novembre 2019

Accadde Oggi – 15 novembre 2011, nasce ufficialmente l’Indo-Inter di Thohir: le giravolte finanziarie di un presidente mai amato

L'ex presidente, dall'Inter, ricaverà più fortune personali che sportive
cena moratti thohir

Due cose sono impossibili da trovare, se si parla di Erick Thohir. La prima: è impossibile trovare un tifoso interista – uno solo – disposto a spendere parole di apprezzamento e ringraziamento per l’ex presidente indonesiano, se non immediatamente dopo che questo avesse venduto le proprie quote prima a Suning e poi a Lion Rock, mollando tutte le cariche ufficialmente rimastegli e togliendosi definitivamente di scena. Secondo: è empiricamente impossibile trovare un altro presidente – uno solo – che si sia arricchito tanto quanto sia riuscito ad arricchirsi Erick Thohir nel corso della sua esperienza nerazzurra. Soprattutto in una realtà come l’Italia, poi, dove i presidenti di calcio – salvo rare eccezioni – sono ancora contraddistinti da quello sfondo di ineluttabile provincialità che li vede costantemente vestire i panni di datori di lavoro impegnati anzitutto a sbarcare il lunario anziché progettare piani aziendali, espansivi, di sviluppo, e insomma tutte le belle parole teoriche che vanno bene giusto per riempirsi la bocca.

SEI ANNI FA – E insomma, il dilemma è appunto questo: chi fu Erick Thohir – che esattamente sei anni fa prendeva in mano l’Inter dalle mani di Massimo Moratti – per la società nerazzurra? O, meglio, cosa fu? Fu l’impersonale manager aziendale asiatico che i tifosi interisti (tutti) gli contestano di essere stato o fu, al contrario, un genio finanziario sottovalutato, come la stampa sportiva (tutta: il che ne spiega tante, di cose, sui tifosi ma soprattutto sulla stampa) gli riconosce d’essere stato? In altre parole, fu un ingessato e grigio aziendalista o un totale benefattore capace di sottrarre l’Inter al fallimento? Beh, Erick Thohir – analisi nostra – fu soprattutto uno che si divertì a giochicchiare con l’Inter fintanto che le circostanze glielo avessero permesso: facendo, sì, qualche affare, ma non apportando sostanzialmente nessun beneficio alla causa interista, alla quale si è però sempre raccontato come molto legato (“Chi non salta rossonero è”, discorsi sul tifo, riferimenti nerazzurri via social, tutta retorica da fornire in pasto a tifosi e, non ultimi, giornalisti).

LE TASCHE DEL PRESIDENTE – Vediamo qualche dato. Il 15 novembre 2013 – sei anni fa, come detto – Thohir comprò il 70% delle quote dell’Inter da Massimo Moratti. Il costo: 75 milioni di euro, più i 180 milioni di debiti che acquisì e riversò immediatamente sulla società, rifinanziandoli con complicate operazioni di prestiti da Goldman Sachs per le quali furono messe a garanzia le attività dell’Inter che ancora generassero qualche profitto. Dopodiché, nel suo periodo di gestione, Thohir prestò all’Inter qualcosa come 118 milioni di euro, questo con tassi d’interesse astronomici (tra l’8 e il 9,47%): tutti prestiti ed interessi saldati con l’arrivo di Suning, con Thohir che riuscì – da quest’operazione – a guadagnare 14,2 milioni di euro, cui vanno aggiunti i 29,1 incassati come plusvalenza nel 2016 con le quote vendute (28,4 per la cessione delle quote dell’Inter a Suning, il cui costo totale sarà di 120 milioni per il 68% delle quote, più 0,7 milioni ricavati dallo spostamento delle quote in mano a Moratti nelle casse di una società controllata). Stiamo parlando di 43,3 milioni guadagnati da Thohir nel solo 2016, anno della cessione delle quote: negli anni successivi sarebbero arrivate altre rate d’oro, per un totale di 150 milioni di plusvalenza.

BILANCI DA PIANGERE – Va bene, ma in tutto questo sciorinamento di dati economici e finanziari, l’Inter che ne ha guadagnato? Cioè: mentre Thohir si riempiva le tasche con oculate – questo sì – operazioni finanziarie, stando ben attento a non mollare mai definitivamente il timone sinché Suning non avesse risollevato la società sino a riportarla in Champions con un valore azionario maggiore, di che stato di salute hanno goduto le tasche (pardon, le casse) dell’Inter? Questa la domanda. E questa è la risposta: in uno stato di malattia cronica permanente. Alla fine dell’annata 2013-2014, il bilancio dell’Inter segnava 103 milioni di passivo, ma il fatto venne additato principalmente alla malagestione degli ultimi anni dell’era morattiana: diamogli tempo, si diceva. Poi venne il bilancio 2014-2015, e furono di nuovo dolori: 140 milioni di passivo, considerato anche il fatto che, quell’anno, gli allenatori sotto contratto furono due: Walter Mazzarri (che aveva rinnovato in estate e che era stato poi esonerato a novembre) e Roberto Mancini (assunto in sostituzione del toscano). Andò un po’ meglio l’anno dopo, quando il passivo di bilancio fu “solo” di 59,5 milioni di euro: intanto, proprio in quel periodo, Suning entrò in società e tentò di risollevare una situazione disperata, raddoppiando i ricavi, tornando in Champions, creando un brand forte e facendo – insomma – le cose che tutte le proprietà normali farebbero. Pare esserci riuscita, o che ci stia almeno riuscendo.

NOSTALGIA ZERO – Invece i numeri di Thohir – anche a sforzarsi di darli freddamente – restano impietosi. C’è una certa coerenza tra le cifre dei bilanci di quegli anni e i numeri ottenuti in campo: un quinto posto (con Mazzarri) ottenuto faticosissimamente e al termine di un’annata non certo entusiasmante, poi un misero ottavo posto e – infine – un quarto posto con Mancini che con la formula di oggi sarebbe valso la qualificazione in Champions League. Dopodiché, ecco, per chiudere il discorso, si potrebbe confrontare quello che è stato con le promesse che vennero fatte – originariamente – da Thohir, proprio nel discorso d’insediamento. Thohir disse questo: “Il nuovo management dovrà rendere l’Inter una squadra nuovamente vincente, bella ed entusiasmante. Un club in salute dal punto di vista finanziario che possa competere a livello internazionale. Nei prossimi 2-3 anni sarà una grande sfida per noi portarla tra i primi 10 club del mondo”. Inutile riepilogare cosa ne sia stato di tutte queste promesse. Nel frattempo, archiviata la parentesi interista, Thohir è andato avanti con le sue infinite attività e – notizia di meno di un mese fa – è pure stato nominato ministro: o, meglio, “coordinatore per gli affari economici” del governo indonesiano. Sempre nel frattempo, sui propri social, continua a pubblicare, ogni tanto, qualche riferimento all’Inter: un manifesto del derby dello scorso 21 settembre, il saluto al nuovo acquisto Romelu Lukaku, queste cose. Come un fidanzatino che si lasci dall’ex fidanzatina ma voglia rimanervi in buoni rapporti: anche se, nei commenti, non è che i tifosi dell’Inter stiano manifestando ‘sto gran tripudio di nostalgia.

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