L’INTERTINENTE – L’Interista Chiacchierone sta per diventare Pazzo: metafora della stagione del rilancio
Essere consapevoli che un obiettivo sia alla portata ed incredibilmente vicino, negarselo fino allo sfinimento, e poi gioirnePer quanto gli si contesti un’eccessiva cautela e non si condivida il suo smorzare l’ebrezza da successo, i proclami di Antonio Conte a mantenere basso il profilo e a tenere il piede inchiodato sull’acceleratore sono un riassunto in chiave contemporanea della storica inaffidabilità dell’Inter.
Essere consapevoli che un obiettivo sia alla portata ed incredibilmente vicino, negarselo fino allo sfinimento, e poi gioirne con l’attitudine di chi nella propria intimità – e neanche troppo! – è sempre stato certo del traguardo, è una deformazione esistenziale che quelli che hanno scelto il nerazzurro come paramento di sacralità calcistica confermano stagione dopo stagione.
Una condizione che, ad onor di verità, ha subito diverse mutazioni nel corso degli anni, sempre con una costante: minimizzare l’essenza dell’Interismo, a tratti arrivando persino a ridicolizzarla. Accadeva così all’inizio del Duemila, quando la fenomenologia dell’Interista, tra 0-6 nei Derby e la piaga del 5 Maggio, veniva sbeffeggiata con una declinazione sui generis, quale quella dell’Interista Chiacchierone, reo di vivere di illusioni posticce e d’essere preda di ingiustificate esaltazioni.
Poi, una volta che le illusioni si infrangevano categoricamente contro la truce realtà dei risultati – fallimentari e svilenti – di quelle epoche ed il fuoco delle esaltazioni veniva spento dagli tsunami degli avversari, secondo gli infangatori di professione, l’Interista si apprestava a diventare Pazzo – parafrasando una coreografia della Curva Sud del 2005 -, nella impossibilità di assaporare mete tanto rincorse e mai raggiunte, e perché frustrato dalla superiorità di coloro che gli stavano puntualmente davanti alla fine di ogni annata.
Magari, se osservato a fondo, vale lo stesso anche oggi: l’arsenale mediatico è perennemente puntato contro la Pinetina, le amministrazioni politiche sono più interessate alle incertezze attorno alla proprietà Suning piuttosto che ben disposte a dar seguito alla collaborazione per un nuovo stadio, e carta stampata ed addetti ai lavori tutti dibattono sulla anti-estetica della dottrina di Conte e dell’applicazione della medesima da parte dei suoi, senza mai citare l’efficacia che ne sta contraddistinguendo il cammino in campionato.
D’altronde, i discepoli di una filosofia di vita – qual è l’Inter e con essa il racconto affascinante del suo passato – che fa della denigrazione un’esclusività, sanno bene di cosa si tratta. Ed ecco dunque che l’Interista rimane Chiacchierone, data la sua accortezza e il suo rigettare precoci ed ingiustificati tripudi, e quindi comunque attaccabile perché non segue la corrente di chi lo vede già Campione d’Italia ad inizio aprile, e con oltre 20 punti ancora in ballo.
Di seguito, l’Interista diventa ancora Pazzo, quando vede Lukaku annientare retroguardie e sfrecciare maestoso, Lautaro diventare un campione, Barella e Bastoni farsi alfieri del valore dell’appartenenza, Conte abbracciare Oriali, nella confermazione di un processo di adesione all’Interismo che l’allenatore ha voluto fortemente assimilare sin dal primo giorno e ci cui Lele è indiscutibilmente emanazione e professione. E c’è un rischio maggiore: a fine maggio, per l’Interista servirà una camicia di forza…