Campione del Mondo e d’Europa in carica. Il 10 giugno il Toro sogna di poter impugnare questo doppio scettro per coronare definitivamente una stagione magica, sia a livello individuale che di club e nazionale. Dopo aver conquistato il Mondiale con l’Argentina, vinto due trofei con l’Inter (Supercoppa Italiana e Coppa Italia) segnando una doppietta in entrambe le finali e stabilito il proprio record di gol (per ora siamo a quota 27), in caso alzasse anche la Champions League con un’altra prestazione da protagonista assoluto, Lautaro Martinez sarebbe da Pallone d’Oro?
Ovviamente è una provocazione. Ma neanche troppo. Perché i numeri dell’argentino sono importanti, però diventano addirittura impressionanti se si va più in profondità. 27 reti e 9 assist tra tutte le competizioni. Ma andiamo a pesare il valore di questi sigilli.
Partiamo dall’ultimo traguardo, la conquista della Coppa Italia. Un trionfo che non sarebbe mai stato realizzabile, senza il Toro. Il numero 10 nerazzurro, oltre ad aver segnato la doppietta decisiva nella finale con la Fiorentina che ha ammaliato mezza Europa, ha messo il primo mattone nella costruzione del successo: il gol del pareggio agli ottavi contro il Parma. Eh sì, in molti si sono dimenticati quella rete, arrivata allo scadere dei tempi regolamentari, che ha permesso alla squadra di Inzaghi di giocare i supplementari e successivamente di passare il turno. Altrimenti, senza quel graffio da attaccante vero, i nerazzurri avrebbero terminato la propria corsa già a gennaio.
Ma non solo in patria, anche nel percorso in Champions c’è il suo zampino. “Solo” 3 centri, ma uno più decisivo dell’altro. Il primo nel pareggio – fondamentale per superare i gironi – al Camp Nou contro il Barcellona, il secondo ha indirizzato la qualificazione con il Benfica (il 2-1 che ha scacciato la possibile rimonta dei portoghesi) e il terzo ha mandato definitivamente al tappeto il Milan nell’euroderby di ritorno. Un avversario, il Diavolo, a cui è decisamente abituato a segnare: quando vede rosso(nero), il Toro si scatena. 8 reti nel derby della Madonnina, 2 di queste nella Supercoppa alzata a gennaio. Altro trofeo vinto, altra firma di Lautaro.
Se l’Inter è arrivata a questo punto della stagione con due titoli in più in bacheca e una finale di Champions da giocare, parecchi meriti vanno attributi al diez. Che di questa squadra è diventato un leader assoluto, come certifica la fascia da capitano che ormai indossa sempre con più frequenza. Idolo dei tifosi, principale asset della società, simbolo nerazzurro. La vittoria al Mondiale gli ha regalato lo status di campione, senza però frenare quella fame insaziabile che lo porta a migliorare continuamente e a ricercare con insistenza il successo. Nei due trofei conquistati quest’anno, l’argentino ha lasciato il marchio con una duplice doppietta nelle due finali giocate. Se il 10 giugno riuscisse a coronare una stagione da sogno alzando anche la Champions League e sfoderando un’altra prestazione da urlo (magari con la terza doppietta in finale), allora sarebbe da Pallone d’Oro?
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