12 Luglio 2020

L’INTERTINENTE – Conte e le sue responsabilità: lente d’ingrandimento su una tempesta inaspettata

Una rubrica per rafforzare un concetto: l’impertinenza di essere nerazzurri.

Oltre alla delusione per il millesimo vantaggio vanificato e per aver sciupato la opportunità di ridurre le distanze da Juventus e Lazio, il cocente pareggio al Bentegodi di Verona ha gettato nubi – anche più cupe del sorpasso dell’Atalanta – sul futuro dell’Inter: immediato e prossimo. Antonio Conte ha dato libero sfogo ai suoi impeti emozionali, smarrendosi in dichiarazioni che suonano come la canonica boutade comunicativa – vedi post-partita contro i bianconeri di Sarri all’andata e col Borussia Dortmund al ritorno -, piuttosto che riecheggiare come steccate ed accuse.

Le “valutazioni” di cui ha parlato l’ex CT della Nazionale e che dovrebbero essere espresse da lui e dalla società a fine stagione, hanno scosso – secondo i principali portali dell’informazione sportiva italiana – le fondamenta nerazzurre e hanno minato le certezze seminate da più di un anno a questa parte. Ciò se si volesse lasciar prevalere un’ottica tendenziosa e maliziosa; da un’altra angolatura, invece, sono la conseguenza di un processo di mutazione strutturale, amministrativa ed organizzativa che necessita di riepiloghi per essere portato a termine.

Poi, c’è il campo: premettendo che il bollettino degli indisponibili sia folto e che le scelte fossero praticamente obbligate, la chiosa del punto a cui l’Hellas ha costretto la banda di Conte è stata un asse di centrocampo composto da VecinoBorja ValeroGagliardini, ovvero la cerniera dell’ultimo triennio. Dunque, la litania degli oltre 150 milioni spesi nella passata sessione estiva di calciomercato non regge il confronto con il momento congiunturale che la squadra sta attraversando.
Per l’appunto, le assenze di Sensi e di Barella stanno gravando come macigni sull’economia del collettivo, e per quanto i risultati non dipendano (solo) dalle individualità, estromettere dal meccanismo 2 ingranaggi così affinati ed incisivi ha avuto risvolti problematici.

Anche se ora a risaltare maggiormente all’occhio è l’inefficacia del cambio di modulo: originariamente studiata per dare massimo respiro al talento di Christian Eriksen, la scomposizione del 3-5-2 in 3-4-1-2 ha denotato più limiti che benefici, ed infatti le 2 gare recenti sono state dimostrazione delle incertezze ravvisate nel pareggio col Sassuolo e nella vittoria al Tardini di Parma.
Più che un’incompatibilità fra la configurazione tattica e le sue caratteristiche, il danese accenna ad evidenziare un’estraneità ai dettami di Conte, che contemplano ed impongono sacrifico e corsa soprattutto in fase di non possesso e di interdizione, prima ancora che richiedere fantasia e genio sul versante della costruzione. Sotto questo aspetto, il gioiello scandinavo è rivedibile, ed è fisiologico che prestazioni e risultati ne risentano.

Inoltre, anche Marcelo Brozovic assomiglia alla copia sbiadita dell’eccellenza di regia alla quale aveva abituato sostenitori interisti e cronisti: impacciato nell’esecuzione dello spartito contiano ed impantanato in una zona di campo ove appare spaesato, il croato non riesce più ad esaltare il suo giro-palla divenuto marchio di fabbrica ed essenziale per la manovra nerazzurra. Ergo, il blocco non è la coesistenza con l’ex Tottenham, quanto l’improbabilità di adattamento a schemi che ne ridimensionino il raggio d’azione.

Ecco su cosa è chiamato a rispondere Conte: sull’infruttuosità delle modifiche apportate all’architettura tecnica. E, a voler essere fiscali, pure sulla gestione dei cambi che è stata completamente fuori sincrono nei recenti 180’: per quanto le perplessità abbozzate qualche riga in su non cambino di una virgola, un esempio su tutti è affidarsi ai raffinatissimi piedi di Eriksen soltanto a qualche centinaio di giri di orologio dal 90esimo, che assume i contorni di un’eresia. Così come il non usufruire delle 5 sostituzioni, avendone sfruttate solo 3 giovedì sera.

Alla luce del terzo capitombolo di fila della Lazio e del pareggio dell’Atalanta a Torino, la seconda piazza è ancora un obiettivo concreto: nella speranza lo sia anche per Conte e per i suoi. Pregando di non essere smentiti sul pronome possessivo…

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