Nei primi mesi di Lukaku al Chelsea sono successe tante cose, troppe per definire il periodo del belga come un “momento no”. Dall’intervista a Sky Sport, l’infortunio e le esclusioni, il bilancio è pessimo per l’attaccante ex Inter. In estate l’entusiasmo da ambo le parti (Chelsea e Lukaku) era elevato: si pensava a un matrimonio perfetto, si credeva che un centravanti vero fosse l’unica cosa che mancava ai campioni d’Europa.
L’entusiasmo però si è spento piano piano: il gol all’esordio contro l’Arsenal ha soltanto illuso perché da quella partita in poi (in campionato) il bottino di Lukaku dice: 5 gol in 17 partite. Prima l’infortunio, la positività al coronavirus e poi le incomprensioni tattiche (e non) con Tuchel, fino ad arrivare al segnale fortissimo lanciato dal tecnico tedesco martedì sera.
Nella partita più importante (finora) della stagione dei blues, ovvero il match d’andata degli ottavi di Champions League contro il Lille, Big Rom è rimasto in panchina per tutti i 90′. Il tecnico ha dichiarato apertamente in conferenza che non ha idea di come aiutarlo ad integrarsi, e questa frase vale più di mille parole. Un segnale pesante da parte di Tuchel, che ormai sembra aver perso le speranza ed essersi stufato di sprecare tempo ed energie su di lui. La squadra senza Lukaku gira bene ed il belga in campo è praticamente un corpo estraneo.
Quello che in molti ipotizzavano sta succedendo: Lukaku è forte, nessuno lo mette in dubbio, ma non è un fenomeno. In Italia riusciva a fare sfracelli per 3 motivi: era il faro della squadra, sentiva la fiducia ed era responsabilizzato e, soprattutto, poteva far valere la sua supremazia fisica. In Serie A in termini di fisicità e spunto, nessun difensore poteva competere ed arginarlo. In Premier League invece la musica è cambiata: i difensori sono rocciosi, imponenti e, nonostante questo, rapidi. Romelu non riesce più a partire girato a tre quarti verso la porta e crearsi palla al piede una prateria. Ani, non riesce nemmeno a girarsi: viene anticipato prima, “soppresso”. Inoltre il gioco non è più basato principalmente sulle ripartenze e sulle verticalizzazioni, ma è più impostato sul fraseggio. Ciò gli impedisce di provare a lanciarsi in velocità e fa emergere anche i limiti tecnici del numero 9.
Sicuramente il suo rendimento pessimo è fortemente influenzato dalla mancanza di fiducia che sente attorno a sé. Lukaku è una persona molto emotiva ed ha reso al meglio all’Inter proprio perché si sentiva forte e, di conseguenza, lo diventava sul campo. Anche allo United visse nella sua ultima stagione un’involuzione simile, proprio a causa della sfiducia che sentiva nell’ambiente. Quindi è comprensibile la voglia di cambiare aria di Lukaku, che ormai ha capito che la sua “seconda venuta” al Chelsea è già naufragata. Un ritorno all’Inter rimane però utopico per vari motivi.
In primi il costo del cartellino e dell’ingaggio. In secondo luogo la direzione che ha preso la società, che vuole puntare sui giovani e l’opinione dei tifosi, ancora arrabbiati per le vuote promesse del belga. Insomma Big Rom si è messo in una prigione dorata da solo, accerchiato e preso di mira. E purtroppo per lui non sa come uscirne.
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