FOCUS – Mancini studia da Simeone. L’Inter è l’Atletico 2.0?
In queste settimane l'Inter di Mancini è stata paragonata a molte squadre del passato ed il paragone più aderente alla realtà sembra essere quello con l'Atletico Madrid di Simeone. Scopriamo il perché...Ormai è diventato un ritornello che viene ripetuto in continuazione: l’Inter vince, ma gioca male.
L’opinione comune dunque è che la squadra agli ordini di Roberto Mancini non pratichi calcio champagne, ed oggettivamente non si può sostenere il contrario.
Siamo arrivati alla dodicesima giornata di campionato, 12 partite che possono essere considerate un numero sufficiente per tracciare un bilancio, di certo non definitivo, ma sicuramente indicativo.
I nerazzurri non hanno subito gol in 8 giornate e in 7 occasioni hanno conquistato i 3 punti con il punteggio di 1-0. Si tratta di numeri emblematici, che non lasciano spazio a voli pindarici e ad interpretazioni fantasiose. L’Inter 2015/2016 non offre spettacolo, ma è terribilmente concreta.
Chi affronta la Beneamata sa che dovrà lottare su ogni pallone, sa che dovrà affrontare una squadra – nel vero senso della parola – composta da calciatori pronti a sacrificarsi l’uno per l’altro, un undici che non è in grado di dominare sul piano del gioco, ma è terribilmente difficile da battere. Una squadra che non pratica un bel calcio, ma fa giocare male anche l’avversario.
Se pensiamo alle ultime stagioni calcistiche, elencando queste caratteristiche, può facilmente venirci in mente una compagine che ha ottenuto importanti successi: l’Atletico Madrid di Diego Pablo Simeone.
L’allenatore dei colchoneros, non potendo contare sulla disponibilità economica di Real e Barcellona, e non avendo di conseguenza la possibilità di acquistare calciatori di altissimo livello, ha dovuto “inventarsi” un altro modo di fare calcio ai vertici, con l’obiettivo di superare l’agguerrita concorrenza.
Il Cholo ha così costruito una gruppo granitico, che faceva della compattezza difensiva la sua arma migliore – contando sulla straordinaria coppia difensiva composta da Miranda e Godin – puntando soprattutto a mantenere inviolata la porta, salvo poi colpire l’avversario nelle poche occasioni che costruiva. In questo modo l’Atletico ha conquistato la Liga ed è arrivato ad un passo dal vincere la Champions League.
Chiaramente il paragone va fatto con le dovute proporzioni. Ogni squadra è diversa dall’altra: i colchoneros ad esempio potevano contare su un Diego Costa devastante, che faceva letteralmente reparto da solo in attacco, mentre questa Inter al momento non ha nel reparto offensivo un calciatore in grado di fare la differenza come la faceva lo spagnolo a Madrid.
Questa è solo una delle tante differenze che si potrebbe individuare tra le due squadre, ma tra i tanti paragoni che si sono fatti in queste settimane, quello tra il primo Atletico di Simeone e questa Inter di Mancini è il più aderente alla realtà: l’idea di calcio delle due squadre è sostanzialmente la stessa, anche se i nerazzurri prima di arrivare ai risultati ottenuti dagli spagnoli dovranno ancora migliorare molto.
Mancini dunque pare ispirarsi in qualche modo a Simeone, ed è quantomeno sorprendente se si pensa che l’allenatore di Jesi nelle prime esperienza sulle panchine di Fiorentina, Lazio e Inter (la sua primissima Inter), aveva fatto del calcio offensivo il suo mantra irrinunciabile.
Nel corso della carriera da allenatore però il Mancio è cresciuto, è cambiato ed ha cominciato a vincere trofei importanti in concomitanza con la costruzione di squadre più fisiche, solide difensivamente e con meno qualità in mezzo al campo.
Se la nuova Inter di Mancini diventerà davvero un Atletico Madrid 2.0 solo il tempo potrà dircelo. Per ora accontentiamoci della classifica e della solidità difensiva, d’altronde anche i colchoneros erano partiti così: vincendo e giocando male, ma poi…