Analisi

Passano gli anni e cambiano gli uomini, ma l’Inter non matura

L’Inter ha abituato ormai da parecchio tempo, troppo, i propri tifosi a stagioni altalenanti. Partenze sprint che poi si sciolgono in maniera clamorosa sul più bello, annate che potrebbero essere tranquille e dignitose buttate miseramente o complicate in maniera incredibile.

Quale che sia la malattia di questa squadra, da sempre pazza, folle e lunatica, il malessere sembra essersi acuito parecchio nelle ultime stagioni. Nonostante rose, sulla carta, sempre più competitive, proclami e giocatori di caratura internazionale, nulla sembra essere cambiato. Tutto si inceppa sul più bello, le illusioni crescono e maturano con i risultati finché il castello di carte inizia a collassare rapidamente. Ogni singolo anno.Quello che doveva essere un episodio sfortunato e occasionale è invece ormai la regola, qualcosa che nemmeno sorprende più.

Si fanno più punti, si fanno più goal, a volte si gioca anche meglio, si. Ma nemmeno un istrionico gladiatore come Antonio Conte è riuscito a fare fare lo step successivo a una rosa che, in fondo all’animo, resta insicura, spaventata dal peso della responsabilità e dell’altezza. Rischiare di vincere, essere lì a giocarsi poste in palio di un certo calibro, causa all’Inter le vertigini, fa traballare i meccanismi anche quando sono rodati. E, a meno di clamorosi ribaltoni finali che paiono quanto mai improbabili, il meccanismo ha iniziato ad avviarsi anche in questa stagione, quella che pareva del riscatto, quella che segnava finalmente il ritorno di grandi giocatori sul prato del Meazza.

La sensazione è che manchi la sicurezza, non il talento dei singoli. Manchi la vera coesione necessaria, l’amalgama, gli attributi che ti fanno fare lo step successivo, che ti fanno entrare nell’albo d’oro. Non mancano i mezzi tecnici, manca invece la caratura mentale necessaria per tornare a competere a certi livelli senza che tremino i polsi. Ne è un esempio lampante la partita di Dortmund contro il Borsussia in Champions League, il primo segnale lontano di ciò che avrebbe poi preso forma più tardi.

Il lockdown sembra aver dato il colpo di grazia alla traballante Inter vista a gennaio, tagliando definitivamente gambe e motivazioni ad una squadra che dopo la Coppa Italia ha perso  anche definitivamente il treno scudetto, staccando la spina come visto già troppe volte nelle ultime annate. In attesa dell’Europa League, in cui serviranno motivazioni e voglia differenti, c’è un terzo posto da difendere da un’Atalanta che invece pare proprio l’opposto dei nerazzurri di Milano: arrembante, affamata, mai doma e sempre pronta a giocarsela con chiunque.

Forse, basterebbe l’innesto di un vero campiona affermato, non un ottimo giocatore, un vero e autentico campione. Qualcuno che porti la mentalità vincente e faccia sentire più forti anche i meno talentuosi. Categoria che però purtroppo scarseggia, specie a prezzi accessibili. Quell’additivo giusto da aggiungere a un motore ormai pronto a ruggire, ma senza la giusta cattiveria.

Conte lo avrà intuito sicuramente e con lui anche Marotta. Ora la vera domanda è: da questo gruppo si può spremere altro, si può trovare in fondo al barile quello che manca, o serve materiale meno grezzo e più pronto per tornare a vincere? Perché in molti, troppi, hanno perso di vista in questi anni bui la cruda realtà: l’Inter non nasce per partecipare, per provare, per tentare di competere. L’obiettivo dell’Inter e di ogni grande club e solamente VINCERE. Ed è ora che se lo ricordino tutti, anche all’interno del club stesso e della tifoseria.

 

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Pietro Magnani

View Comments

  • Il terzo posto non mi sembra in nessun modo difendibile con questa gente in campo.
    Credo sia piuttosto il cado di preoccuparsi, e parecchio, di non farsi superare dal Napoli per il quarto posto e la Champions: servono ancora 9 punti, e nelle ultime due non ne faremo neanche uno... spero siano consapevoli...