Pedullà: “Eriksen sa di essere un intruso nell’Inter di Conte. Futuro? Tanti estimatori in Premier, il destino sembra scritto”
Serve la svolta in campo altrimenti Eriksen e l'Inter si separerannoQuello tra Christian Eriksen e l’Inter è a tutti gli effetti un matrimonio in crisi. Serve la giusta scintilla per far sbocciare l’amore tra le parti, una scintilla che potrebbe arrivare questa sera in Champions League contro il Borussia Mönchengladbach.
Alfredo Pedullà su Gazzetta.it ha fatto il punto sul futuro del fantasista danese, ora davvero al bivio: “Antonio Conte e Christian Eriksen vanno avanti perché vivono sotto lo stesso tetto, sono lautamente remunerati, normale che debbano resistere fino a quando sarà possibile. Ma, attenzione, il passaggio dall’insoddisfazione crescente al broncio perenne è spesso automatico, basterà poco (pochissimo) per arrivare a una separazione. Conte ha accolto Eriksen, lo scorso gennaio, come se fosse l’ultimo della compagnia. Nella sua testa il danese aveva le sembianze di Arturo Vidal, questo per spiegare come il rinforzo ideale possedesse caratteristiche opposte rispetto al ragazzo dal piede fatato. Il fatto che Vidal sia poi arrivato durante la sessione di mercato terminata il 5 ottobre, è un dettaglio insignificante”.
Occasione dal mercato: “L’Inter aveva anticipato l’arrivo di Eriksen a Milano per evitare la bolgia a parametro zero: c’era la possibilità di prenderlo, senza entrare in un circuito pericolosissimo, bene ha fatto il club a rompere qualsiasi tipo di indugio. In un sondaggio ipotetico di quei giorni, basterebbe andare in archivio, l’esaltazione del colpo nerazzurro era un plebiscito. Il passaparola: uno come Eriksen farebbe la felicità di qualsiasi allenatore, inquadrarlo da trequartista sarebbe il massimo, immaginate il salto di qualità, i ricami, le giocate sopraffine. Peccato che Conte la pensasse agli antipodi, voleva Vidal e non avrebbe rivolto sguardo a qualsiasi altro rinforzo diverso dal cileno. Gli effetti sono stati devastanti: panchina, scarso minutaggio, mai tre o o quattro partite di fila da titolare, lo scantinato piuttosto che il grattacielo nerazzurro. Una mortificazione. Eriksen è un bravo ragazzo e un professionista esemplare. Gli avevano detto una cosa (“vieni e prenditi l’Inter”), se ne sta verificando una completamente diversa. Si è accontentato degli spezzoni, di poche esibizioni dal primo minuto, ha messo su qualche gol e un pugno di assist, briciole rispetto alle attese e alle previsioni. Il bravo ragazzo non è certo un tipo ingenuo: Eriksen ha capito di essere quasi un intruso, non a caso durante l’ultima sosta ha mandato frecciatine eleganti (non ha esagerato con le parole), evidenziando di essere orgoglioso della considerazione che ha quando raggiunge la Danimarca. Allusione evidente: qui sono realizzato, poi torno a Milano e capisco di non essere indispensabile. Non lo è mai stato. Siccome stiamo entrando in autentico tour de force, è giusto aspettare qualche settimana per capire se Eriksen avrà maggiore visibilità. Con l’aria che tira, ci sembra difficile. Certe situazioni complicate e bloccate portano alla svolta con una giocata, un gol, un assist, qualcosa di significativo”.
L’ingresso nel derby e il futuro: “Ma se il termometro è rappresentato dal derby di Christian, le temperature si abbassano a dismisura: il ragazzo è entrato, impaurito e sfiduciato, ha sbagliato qualcosa di elementare, non ha preso la squadra per mano. I suoi avvocati difensori, sono tanti in circolazione, obietterebbero: perché avrebbe dovuto se Conte, con i fatti, ha dimostrato di non credere in lui? Non significa giocargli contro, ci mancherebbe, ma essere rassegnato a un presente insignificante. Ecco perché, aspettiamo ancora un po’, questa storia assomiglia sempre più a un matrimonio non consumato. Uno come Eriksen avrebbe estimatori ovunque, in Premier soprattutto, e per l’Inter sarebbe plusvalenza a prescindere. Tuttavia resterebbe il rimpianto, enorme, di un presunto fenomeno mai considerato tale”:
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