Setién: “Lautaro grandissimo calciatore, Messi rappresenta per lui un incentivo enorme”
Non è la prima volta che l'allenatore del Barcellona si sbilanciaIn esclusiva questa mattina sulle pagine de La Gazzetta dello Sport, è stato intervistato l’allenatore del Barcellona Quique Setién. Il tecnico blaugrana chiamato da qualche mese a sostituire sulla panchina catalana l’esonerato Ernesto Valverde, è un grande estimatore di Lautaro Martinez come ammesso sempre di recente nelle dichiarazioni rilasciate. E proprio l’allenatore questa mattina si è detto fiducioso circa l’arrivo dell’argentino in Spagna per via della presenza all’interno dello spogliatoio di Leo Messi.
Cosa ne pensa sul ritorno in Liga?
“È chiaro che il desiderio di tutti è quello di ricominciare, e ci stiamo preparando. Però è altrettanto evidente che la situazione non è semplice, e si compone di tre elementi: il cuore, che spinge forte verso il campo, la salute, che deve restare la priorità assoluta, e l’economia, perché questa crisi ha colpito duro. Stiamo vivendo un momento drammatico e anche se abbiamo una voglia enorme, addirittura una necessità straordinaria di tornare a giocare, vogliamo farlo solo in piena sicurezza. Nostra e di chi sta con noi: magazzinieri, massaggiatori, impiegati…”.
Si vede la luce alla fine del tunnel.
“Il virus sta allentando la presa, ci sono meno contagi e meno morti, la gente si è comportata bene rispettando il confinamento. La comunità scientifica però non esclude la possibilità di una ricaduta e finché non c’è il vaccino sarà sempre così”.
Come preparate il ritorno?
“Aspettiamo la data ufficiale dei test, che saranno la prossima settimana. Poi partirà la prima fase che sarà completamente individuale: i calciatori verranno al centro tecnico già cambiati. Andranno direttamente in campo da soli a fare gli esercizi che gli avremo passato, seguiti a distanza da qualcuno dello staff. Nessun contatto con compagni o tecnici. Poi torneranno a casa senza docciarsi. La differenza rispetto a quanto fatto finora in casa sarà, mettersi gli scarpini, correre sul prato, poter colpire e lanciare la palla. È un primo passo fondamentale, i giocatori hanno bisogno di uscire di casa”.
È preoccupato per eventuali infortuni?
“Sì, e parecchio. Negli ultimi due mesi abbiamo vissuto una situazione decisamente anomala e continuerà ad esserlo almeno per un altro po’. Non sappiamo quando potremo allenarci in gruppo il cammino resta pieno di incognite e di incertezze. Una di queste è legata agli infortuni, soprattutto se non ci daranno il tempo sufficiente per prepararci al ritorno alla competizione. Negli allenamenti di gruppo ci sarà contatto e la cosa genererà inquietudine e nervosismo, con una componente psicologica che ora non possiamo valutare”.
Riflessioni su questi tempi difficili?
“Si, diverse. La prima è sul danno economico, con tanta gente che magari già prima non se la passava granché bene e che ora è in grandi difficoltà. In generale mi sembra che il genere umano non sia granché capace ad attuare con anticipo, ma solo in conseguenza: c’erano indizi che non sono stati tenuti in alcuna considerazione, parole di scientifici ignorate, e siamo stati letteralmente travolti dal coronavirus. Non siamo coscienti di cos’è la vita, di come va goduta. La nostra società vive in permanente conflitto, consumiamo tutto con grande rapidità, l’energia negativa pervade tante cose, incluso il calcio. Si da importanza a cose che in realtà non ne hanno. Il calcio poi sembra trascendentale, ma non pensiamo alle migliaia e migliaia di persone che stanno male, che hanno perso famigliari, o il lavoro, e che devono chiedere aiuto per mangiare”.
Voi al Barça avete dato una mano ai lavoratori del club.
“Mi sembra il minimo: la nostra è una categoria privilegiata che ha l’obbligo di aiutare chi è in difficoltà a vivere un pochino meglio. In una realtà enorme come quella del Barça ci sono anche tantissimi impiegati che guadagnano 800-1000 euro al mese, gente che fatica ad arrivare a fine mese e che ora vive in una situazione di tensione perché non sa se dopo la crisi recupererà il lavoro”.
Parlando di attualità calcistica, le facciamo alcuni nomi. Lautaro Martinez.
“Un calciatore importante, un grandissimo giocatore, e il Barcellona è sempre interessato ai grandi giocatori, ovvio. Ma in questi tempi senza calcio ogni giorno esce un nome diverso. Si parla anche di Neymar. E sono sicuro che mi chiederà di Fabian Ruiz”.
Già che l’ha citato, perché no? Quasi un figlioccio per lei, l’ha lanciato al Betis.
“Sono stato con lui un anno e fu sufficiente per dimostrare che era un grandissimo calciatore, di livello straordinario, aveva un potenziale enorme e lo tirò fuori molto rapidamente. Con me era a suo agio perché l’ho messo in un contesto calcistico che gli ha fatto bene”.
E le voci di uno scambio Pjanic-Arthur?
“Parlo molto spesso con i miei dirigenti e nessuno mi ha mai detto nulla al proposito. Tra l’altro Arthur ha dichiarato già due volte che vuole restare al Barça e lo capisco perfettamente, al suo posto la penserei come lui: non lascerei una squadra come questa, la possibilità di avere al fianco il miglior giocatore del mondo. E un grande allenatore…”.
Pjanic è un altro di quelli che le piace?
“È un altro ottimo giocatore, ma mi permetta una considerazione più generale legata al momento: oggi parlare di mercato è azzardato. La stragrande maggioranza delle società dovrà riadattare i propri budget, il danno sofferto dal movimento è enorme e sarà necessaria una ristrutturazione profonda. Le grandi quantità di denaro che ultimamente si stavano pagando per i giocatori non saranno più plausibili, almeno a breve termine. Così come ci sono diversi giocatori che magari volevano andar via e non potranno farlo perché in giro non ci sono soldi. Anche io vorrei guadagnare di più e non sarà possibile: se i budget diminuiscono bisognerà adeguare gli stipendi, questa è la realtà. Il calcio vive in una bolla che anno dopo anno è cresciuta a dismisura. Un mese e mezzo di crisi è stato sufficiente per por- tare in superficie il dramma economico di tanti club”.
Vede possibile spendere 222 milioni per un giocatore come Neymar?
“No. Non penso che ci sia qualcuno che possa spendere tanto. E i piccoli club hanno l’acqua alla gola. Tante società vivevano al limite e al primo scossone serio sono andate in crisi. Il calcio viveva a un ritmo fuori controllo”.
Tra due mesi Messi sarà libero di andarsene, gratis. Un incubo?
“No perché non succederà. Messi e il Barcellona saranno sempre uniti. È così e basta. Leo è al Barça da vent’anni e nessuno potrebbe spiegarsi una situazione di rottura”.
Nonostante alcune turbolenze recenti.
“Certe cose succedono in club tanto grandi, è normale che ci siano conflitti. Ma si risolvono. Nella relazione tra Messi e il Barcellona c’è grande sentimento, qualcosa che va oltre i soldi e gli interessi. Bisogna fare di tutto perché Messi sia fiancheggiato al meglio così che il Barcellona possa continuare a vincere come negli ultimi 15 anni”.
Per questo si parla di Lautaro, magari piace a Leo.
“Bisognerà chiederlo a lui. Scherzi a parte tutti i buoni giocatori possono attirare l’interesse del Barcellona, questo è chiaro. Così come il fatto che per tanti calciatori il fatto di poter giocare con Messi rappresenti un incentivo enorme”.
Barça-Napoli, ci pensa?
“No. È una cosa parcheggiata, troppo lontana. Mi piacerebbe tanto poter arrivare a pensare a quella partita perché significherebbe che le cose vanno bene. Oggi è più un desiderio che altro”.
E l’andata?
“Il loro piano ci ha sorpresi. Pensavamo che sarebbero stati più coraggiosi e invece hanno deciso di chiudersi e l’hanno fatto molto bene. Poi sono stati bravi a farci un bel gol in contropiede e noi abbiamo fatto una gran fatica. Non è facile superare una squadra con 10 giocatori nella propria metà campo, per superare una difesa tanto chiusa serve un momento d’ispirazione, di lucidità che i giocatori non sempre hanno”.
Sa con chi deve giocare la prossima partita o la pausa ha annacquato tutto?
“Col Maiorca. Magari si possa giocare, ma solo quando saremo in salvo”.
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