25 Aprile 2020

ESCLUSIVA – Julio Sergio ricorda Roma-Sampdoria: “Il più grande rimpianto. Se la rigiocassimo dieci volte… Totti? Dio lo ha scelto”

Sono passati dieci anni esatti dalla partita che decise lo scudetto dell'Inter nella stagione del celebre Triplete. L'allora portiere giallorosso si racconta ai microfoni di Passioneinter.com

25 aprile 2010: esattamente dieci anni fa la Sampdoria regalava ai propri tifosi una importante vittoria in trasferta, all’Olimpico di Roma in casa dei giallorossi di Claudio Ranieri. Ai propri tifosi, ma anche a quelli dell’Inter: i blucerchiati, fermando la capolista imbattuta da 24 partite consecutive, hanno giocato un ruolo cruciale nella corsa per lo Scudetto 2009/2010

Una partita quella, decisa dalla doppietta di Giampaolo Pazzini, che rimarrà ben impressa nella mente dei tifosi e dei protagonisti in campo. La redazione di Passioneinter.com ha contattato in esclusiva uno di loro, l’allora portiere della Roma, Julio Sergio.

Come stai Julio, di cosa ti occupi oggi?

“Sto bene, relativamente in questo periodo, come tutti nel mondo. Aspettiamo che tutto questo finisca. Oggi faccio l’allenatore, sto conseguendo alcuni patentini per poter allenare ai massimi livelli. Ho anche uno studio che si occupa di investimenti”.

Se ti dico “Roma” a cosa pensi?

“Già di suo è una città incredibile, per la storia, per l’aria che si respira. Poi beh, quello che ho vissuto a Roma è stato un sogno. Mi rievoca tanta nostalgia, devo ringraziare tanto questa città e questo club, ho lasciato tanti amici. Ho 42 anni ed otto li ho passati in Italia, una parte della mia vita che significa molto per me”.

Se dovessi spiegarlo ad una persona che non lo ha mai vissuto: il derby di Roma.

“E’ la settimana più pazzesca, incredibile, densa e piacevole del mondo. Questo è il derby di Roma: emozioni, paura, rispetto, piacere, tutto assieme. Poi i 90 minuti di partita possono significare molto. Fortunatamente quelle che ho fatto io, mi hanno lasciato solo bei ricordi”.

Tu poi sei stato protagonista di diversi derby. Su tutti il rigore parato a Floccari, che i tifosi giallorossi lo ricorderanno per sempre. Glielo dicesti prima del tiro, che glielo avresti parato?

“In molti me lo hanno chiesto, ma no non parlavo con lui. Parlavo con me stesso, sapevo che quello era un momento delicato della partita ed era una grossa possibilità per me. Poi come dicevi tu è un pezzo di storia, un gran ricordo per me, i tifosi, tutti quelli che incontro o che mi scrivono sui social”. 

Una partita in particolare ti rappresenta e viene ricordata quando si parla di te: quella del tuo pianto a Brescia, quando rimasi in campo nonostante l’infortunio.

“Eh sai, quando sei lì in campo è una guerra, vuoi vincere. Vuoi dimostrare quello che puoi fare ed io ho sempre dato tutto, dall’allenamento alla palestra al campo. Mi venne naturale, non volevo lasciare i compagni con un uomo in meno. Poi dico sempre che se fosse arrivato un pallone in porta, avrei potuto fare poco. Avevo un piede rotto! Avevo una microfrattura, ma volevo stare lì, perché lì c’era la mia vita: stare in campo con la maglia della Roma e provare a fare qualcosa in più. Non sono mai stato un fenomeno ma sono molto soddisfatto di quello che ho fatto. E’ lì per essere raccontato ai miei figli. Avere questo rispetto della gente è la cosa più bella. Casillas ha detto che lui non vuole essere ricordato per essere stato un grande portiere, ma una grande persona. E se lo dice lui…”.

Totti e De Rossi sono la Roma. Dispiaciuto per come è finita con loro? Secondo te torneranno in giallorosso con il nuovo presidente?

“La semplicità di Francesco fuori dal campo è una cosa impressionante. Fa beneficenza, aiuta le persone, è simpatico da morire, non è mai superficiale. Romario una volta disse di sé stesso che quando nacque Dio lo indicò e disse che lui doveva essere speciale: ecco, credo che con Totti, Dio abbia fatto la stessa cosa. E’ un pezzo della storia, della Roma e del calcio. Daniele è cuore, emozioni, personalità. Le carriere poi finiscono: è normale, poi se ci si divide, se cambia proprietà, se non cambierà poco importa, loro rimangono la storia. Se potranno fare qualcos’altro per questa storia ben venga”.

Spalletti: una volta ti definì “il terzo portiere migliore del mondo”.

“Ho imparato tanto da lui. Capisce molto di calcio, personalità fortissima, con i giornalisti e con noi giocatori diceva le cose in modo diretto e sincero, sempre, è una grandissima persona. Su quella cosa del terzo portiere, credo che il mio ruolo fosse quello di fare il massimo, sia quando ero il terzo portiere che quando sono diventato il primo”.

Ranieri che cosa ha portato di diverso?

“Con Claudio ci scambiamo dei messaggi. Quando ha vinto il campionato con il Leicester gli ho scritto, così come ai compleanni e ricorrenze. Lui veramente mi ha cambiato la vita. Mi ha fatto diventare titolare della Roma. Per un bambino come lo ero io, arrivare a Roma, fare un provino, venire tesserato e passare tanto tempo senza giocare e poi avere la fiducia di un personaggio come lui… Un onore! Lui è un gentleman, un signore, i ricordi con lui sono bellissimi. Mi ha fatto guadagnare anche prestigio e soldi, anche se li ho ripagati sul campo. Avrò gratitudine eterna per lui”.

Di fronte con lui in panchina vi siete ritrovati l’Inter di Mourinho.

“Noi avevamo una grandissima squadra, giocavamo un grandissimo calcio. Ma poi il calcio è così. Individualmente l’Inter era più forte di noi, anche se noi giocavamo meglio. La loro rosa era più importante, abbiamo molta fatica a riprenderli in vetta al campionato. Poi 25 minuti contro la Samp hanno cambiato il corso della storia”.

Hai citato quella partita con i blucerchiati. Se potessi tornare indietro, cosa cambieresti di quel match?

“Nel calcio è pieno di profeti di quello che già è accaduto, ora è facile parlare. Ma allora era difficile dirlo. Abbiamo fatto tutto nella maniera giusta, stavamo vincendo. Se la rigiocassimo dieci volte forse non la perderemmo più. E’ il calcio. Come tante altre squadre nella storia che non sono riuscite a lasciare un segno, a portare a casa il trofeo. I momenti e le emozioni non si dimenticano mai. Certo, il segno più forte, lo scudetto, non lo abbiamo agguantato. E’ l’unico rimpianto che ho della mia carriera”.

Hai parlato di emozioni, quello fu un campionato incredibile, mozzafiato. L’ultima giornata, a fine primo tempo, la Roma era campione d’Italia visto che l’Inter pareggiava a Siena. Che ricordo hai di quei momenti?

“Noi giocavamo e volevamo sapere continuamente che succedeva a Siena. C’erano tanti romanisti allo stadio a vederci, Milito segnò solamente a secondo tempo inoltrato. Purtroppo avevamo davanti una squadra molto molto forte. Ma ricordo l’emozione di avere i nostri tifosi lì a Verona, che ci è stata vicina anche dopo la partita. Anche se non abbiamo vinto”.

Qual è il compagno di squadra più forte che hai avuto? Escludiamo Totti!

“(Ride n.d.r.) Bene, escludendo Francesco direi Menez. Era differente. Un fuoriclasse, forse non ha saputo dimostrare tutto quello che poteva fare, ma era straordinario palla al piede”.

L’avversario più forte affrontato?

“Del Piero senza dubbio”.

La redazione di Passioneinter.com ringrazia Julio Sergio per la disponibilità.

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