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ESCLUSIVA – Bolzoni cuore interista: “Fidiamoci di Conte: io lo conosco”. Poi ricorda: “Mourinho? Mai sentito urlare. Vi racconto Adriano, Balotelli e Ibra”

È il 2 ottobre del 2007: l’Inter di Roberto Mancini affronta il PSV Eindhoven a San Siro, nella seconda giornata di Champions League. Al 65′ viene espulso Chivu, sul punteggio di 2-0. Il diciassettenne Francesco Bolzoni si sta scaldando, senza troppe speranze di entrare. “Ora non mi mette più” – dice il giovane centrocampista a Luis Jimenez, che si trova nelle vicinanze. Detto fatto, Mancini lo inserisce al posto di Solari.

Chi ha vissuto quell’Inter non può non ricordare il giovane talento che tanto piaceva al Mancio, e che pure José Mourinho dopo di lui prese in considerazione facendolo esordire in Serie A. La carriera poi lo ha portato lontano da Milano nell’ambito della maxi-trattativa con il Genoa, che nel 2010 permise a Marco Branca di assicurarsi le prestazioni di Thiago Motta e Milito. Il cuore di Bolzoni, però, è rimasto nerazzurro, come assicura nell’intervista rilasciata per la redazione di Passione Inter. Oggi Francesco si è rilanciato al Lecco, dove spera di trovare continuità dopo gli ultimi anni tempestati di problemi fisici, che lo hanno un po’ rallentato.

Francesco come stai, come sta andando la tua avventura al Lecco?

“Sto bene, a Lecco le cose stanno andando per il meglio. Già l’anno scorso mi ero trovato bene, era la mia prima scelta nel caso fossi dovuto andare via da Bari e così è stato”.

State andando bene, puntate alla promozione in Serie B?

“E’ un po’ l’idea che ci balena in testa, sì! Sia il Presidente che il direttore non si sono certo nascosti dichiarando a più riprese che l’obiettivo è arrivare tra i primi posti per accedere ai playoff. Siamo partiti bene, rallentando un po’ il mese scorso. Ora ci siamo ripresi, speriamo di mantenere questa media punti fino in fondo”.

Oltre agli obiettivi di squadra, a cosa punti personalmente tu, ora?

“Venendo da anni con tanti problemi fisici, il mio obiettivo principale è quello di giocare tanto. Poi il sogno mio e penso quello di tutta la squadra è di riuscire ad andare in B e magari fare un paio di stagioni lì”.

Come stai vivendo questa situazione legata al coronavirus, con annesse restrizioni e assenza di tifosi?

“L’assenza dei tifosi si fa sentire. Ci sono dei momenti in campo dove il loro urlo ci manca molto. Per il resto bene, ora ci sono molte regole da seguire come l’isolamento fiduciario cui siamo stati sottoposti per dieci giorni. Ma la stiamo vivendo abbastanza bene dai”.

Francesco Bolzoni

Sei rimasto tifoso dell’Inter una volta andato via da Milano?

“Sì, sì! Sono andato all’Inter quando avevo 11 anni e ci sono rimasto fino ai 19: per forza qualcosa di nerazzurro mi è rimasto dentro. Poi qualche anno fa vedevo un derby con un amico milanista e m’è salito proprio lo spirito e la carica da tifoso. In più mio figlio è interista sfegatato quindi…”.

Come la vedi l’Inter quest’anno? Ti aspettavi una partenza più decisa?

“Sì mi aspettavo una partenza migliore per il fatto che la squadra è stata rinforzata. C’è anche da dire che la scorsa stagione è stata strana: tanti giocatori arrivano da preparazioni e situazioni diverse. Magari da situazioni in cui non si giocava o non ci si poteva allenare al meglio. Normale che in questo inizio campionato faccia la differenza l’avere tutti i giocatori in salute”.

Conte lo conosci bene. In queste situazioni era più comprensivo o magari rovesciava lo spogliatoio?

“Comprensivo? No, no (ride, n.d.r.)! Soprattutto dopo le sconfitte… Però crea una mentalità come pochi riescono a fare. Ti plasma come giocatore vincente. I tifosi devono solo avere pazienza: appena lui riuscirà a far uscire la squadra da questa situazione, ai nerazzurri aspetta una grande cavalcata per lottare fino alla fine per vincere”.

Molti ex giocatori come te raccontano il fatto che tira fuori il meglio dai giocatori. In che modo?

“Lui ha questa cosa innata, è fortissimo a livello carismatico. Poi quando prepara le partite, tu ti accorgi che quello che ti dice si avvera. E dunque inizi subito a seguirlo di più. Inoltre riesce a creare competizione negli allenamenti. Nessuno è titolare, nessuno è riserva, tutti danno qualcosa in più”.

Un altro grande allenatore che hai incrociato è José Mourinho: in cosa assomiglia a Conte ed in cosa si differisce da lui?

“Mourinho è molto più pacato e tranquillo, soprattutto con noi giocatori. Io in un anno non l’ho mai sentito alzare la voce contro di noi. Tutti e due hanno un grande carisma. E tutti e due dicono delle cose sulla partita e puntualmente si verificano. E tu dici: “Cavolo, allora lo devo seguire questo”. Sono due vincenti ed hanno una grande passione che trasmettono ai giocatori per farli migliorare”.

Il tuo ricordo più bello all’Inter è legato a quell’esordio in Champions League contro il Psv? Cosa ricordi di quella serata?

“Sicuramente. Sono andato in panchina quasi per caso, anche se Mancini stravedeva per me e mi portava ovunque. Mi stavo scaldando con Jimenez vicino la bandierina e ad un certo punto viene espulso Chivu. Io guardo Luis e gli dico: ‘Perfetto Jim, ora di sicuro non entro più!’. Tempo di finire la frase e Mihajlovic mi guarda e mi fa cenno di avvicinarmi per entrare. Jimenez scoppia a ridere e io gli dico: “Siamo apposto…’. Meno male però che entrai bene facendo il mio ed il mister come premio mi ha fatto giocare titolare al ritorno“.

Hai dato il tuo contributo dunque in quel cammino in Champions finito agli ottavi contro il Liverpool. Vi stupì vedere la conferenza di Mancini post-eliminazione dove praticamente si dimise?

“Partiamo dicendo che eravamo la squadra più forte d’Europa assieme a Barcellona e Manchester, infatti poi Mourinho ha vinto la Champions. Ora il mister (Mancini, n.d.r.) si è tranquillizzato. Ma al tempo era molto sanguigno. Anche il fatto che facesse giocare me, lo dimostra: uno pacato e tranquillo non lo avrebbe fatto. Nessuno comunque se lo aspettava, ma ripensando al Mancini di quegli anni in effetti non c’era da sorprendersi troppo. E’ cambiato? Sì, molto”.

Francesco Bolzoni, Diego Milito, Getty Images

Ora ti chiedo di tre grandi attaccanti con cui hai giocato. Partiamo da Balotelli: tu hai conosciuto una delle sue migliori versioni sul campo, anche se era un Mario molto esuberante. Era così ingestibile al tempo?

“Durante gli allenamenti no, era anche tranquillo. Nella nostra squadra c’erano giocatori carismatici, lo tenevano in riga. Il problema c’era quando non era con noi, si faceva trasportare da persone che non andavano bene per lui. Stava vivendo un momento pazzesco, è passato in un anno dagli allievi nazionali alla prima squadra. L’ho sempre detto: Mario poteva fare una carriera migliore, perché ha dei colpi che in pochi hanno”.

Passiamo ad Ibrahimovic: in che modo si sente la sua presenza nello spogliatoio?

“Un grandissimo professionista, mai un ritardo o un atteggiamento sbagliato, tutto perfetto anche nella gestione dei dettagli, come la dita. Nello spogliatoio era tranquillo: qualche battuta e basta. In quegli anni all’Inter ha dimostrato di essere il migliore al mondo: quando c’era Ibra partivi sempre dall’1-0”.

Il terzo nome è quello di Adriano: almeno in allenamento qualche volta lo fermavano? Quando era in forma, sembrava inarrestabile…

“Anche quando non era in forma… in allenamento Adri era imprendibile! Palla al piede, se riusciva a girarsi, beh… tu sapevi che andava a sinistra, ma non c’era niente da fare. Una forza della natura, anche fisicamente. Anche giocatori come Samuel, Burdisso, sapevano dove sarebbe andato. Ma lui ci andava lo stesso e non lo fermavano. I portieri si facevano il segno della croce. Con questi giocatori che hai citato tutti al top della forma saremmo stati la squadra più forte d’Europa”.

Sogni nel cassetto per il futuro?

“Mi piacerebbe allenare, quando smetto, spero tra cinque-sei anni. Ora che sono più vecchiotto mi accorgo che posso dare una mano a far crescere i ragazzi. Mi accorgo che ho un atteggiamento quasi paterno verso i giovani, anche dal lato umano intendo e non solo tecnico. Ci provano in tanti e non sarà facile”.

La redazione di Passione Inter ringrazia Francesco Bolzoni ed il Calcio Lecco 1912 per la disponibilità.

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Daniele Najjar

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