ESCLUSIVA – Ricordate Nelson Rivas? “Il diluvio di Parma, la sfida a CR7, Mourinho. Ibra e Adriano erano immarcabili”
L'ex difensore nerazzurro ai microfoni di Passioneinter.com: "Cordoba era la mia chioccia. Vi spiego perché mi chiamavano Tyson"Raggiungiamo Nelson Rivas telefonicamente per una intervista. La sua voce è calma, posata, con in sottofondo i “richiami” dei figli. Mai come nel suo caso un soprannome con il quale è stato riconosciuto per l’intera carriera (“Tyson”, in onore del pugile Mike) poco si addice al tipo di persona a cui viene addossato.
A dispetto della fama di difensore duro e roccioso infatti, Rivas ci racconta, nell’intervista esclusiva che ha rilasciato a Passioneinter.com, anche quelle che sono state sue insicurezze durante il percorso in nerazzurro, a partire dall’arrivo a Milano: “Non fu facile arrivare in uno stato con cultura diversa, ero timido e arrivavo in una squadra che vinceva da anni”. Ma ad accoglierlo trovò colui che divenne il suo punto di riferimento negli anni a venire, Cordoba: “Con lui, Suazo, Zanetti e Chi vi ci sentiamo spesso, siamo amici e leggo sempre i vostri giornali sportivi per aggiornarmi sull’Inter”.
Di cosa ti occupi oggi Nelson?
“Sono più dedicato alla mia famiglia. Dopo molto tempo dedicato a fare il calciatore, un mestiere che costringe la famiglia a fare sacrifici, a seguirti da tutte le parti. Ma adesso ho tanto tempo da dedicare alla mia sposa ed ai miei figli. Li accompagno a scuola, li aiuto con i compiti e mi occupo degli affari familiari”.
Prima di arrivare in Italia, ti sei fatto conoscere in Argentina. Volevo chiederti se sono stati i tifosi del River Plate a darti il soprannome Tyson, per la forza che mettevi in campo?
“Beh nel River Plate bisogna dire che al tempo era raro vedere un giocatore di colore. Non per una questione di razzismo, ma era così. Quindi, vuoi per la mio colore della pelle, vuoi per la velocità e vuoi per il mio fisico e la mia forza, hanno iniziato a chiamarmi così, come Mike Tyson”.
Nel 2007 sei arrivato in Italia. Come ti sentivi a fare un passo così importante nella tua vita,ad arrivare in una città come Milano ed in un club come l’Inter?
“All’inizio sono arrivato in punta di piedi, timido. Per la diversa cultura e per il fatto che arrivavo in una delle grandi d’Europa, una squadra che vinceva ininterrottamente da 3-4 anni, imbattibile. Arrivare in una squadra così con le relative aspettative di dover rendere a certi livelli non fu facile, ma pensavo che con il tempo ed il lavoro mi sarei potuto adattare”.
Era importante per te avere come compagno di squadra Ivan Cordoba?
“Molto importante. Collega, amico, un grande essere umano, che mi aiutato moltissimo. Mi ha aiutato come compagno, come persona e come calciatore. Mi ha dato tutto l’appoggio possibile, inclusa la sua famiglia. Per una persona che arriva in un paese con una cultura così diversa non è facile integrarsi subito, Ivan fu fondamentale per me, mi ha fatto da chioccia”.
Al primo anno è arrivato uno scudetto al termine di una stagione incredibile, con la vittoria di Parma all’ultima giornata, sotto il diluvio e con la Roma che vi metteva pressione.
“Sapevamo di dover entrare in campo e fare il nostro lavoro. Durante la stagione la squadra ha avuto un andamento regolare, ma fu un bel combattimento con la Roma. Sentivo la fiducia di mister Mancini che anche in quella partita ha puntato su di me e per fortuna tutto è andato come doveva. Ricordo la pressione che saliva durante la settimana, poi la pioggia ininterrotta… sapevamo che una non vittoria avrebbe significato il sorpasso della Roma”.
Ti sei sentito meglio quando hai visto entrare nel campo Zlatan?
“Ovviamente! Sapevamo che Ibrahimovic non avrebbe potuto giocare per il suo infortunio, ma nel finale per fortuna l’ho visto entrare nel finale e ci ha aiutato a vincere il campionato con i suoi due splendidi gol”.
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