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ESCLUSIVA – Castellazzi a Passione Inter: “Vi racconto la Coppa Italia vinta con Leonardo”

Luca Castellazzi è stato un grande portiere che, dopo aver difeso alla grande i pali di Brescia e Sampdoria, nel 2010 è passato all’Inter del post Triplete. Nonostante qualcosa nell’ingranaggio perfetto di quella squadra leggendaria si fosse rotto con l’addio di Mourinho, in quel primo anno in nerazzurro Castellazzi ha messo in bacheca una Supercoppa Italiana, il Mondiale per Club e la Coppa Italia, vinta in finale per 3 a 1 contro il Palermo. E proprio di quella finale l’ex portiere, come sempre gentilissimo, ha voluto parlare con noi in vista dell’imminente finale di Coppa Italia tra Inter e Juventus di mercoledì.

Luca Castellazzi (@Getty Images)

Cosa ricordi della finale di Coppa Italia contro il Palermo? Pensi ci siano analogie tra quella stagione dell’Inter che veniva dal Triplete e quella di questa Inter post Scudetto?

“Della finale ricordo un avvicinamento alla partita molto sereno da parte di tutti. Il Palermo aveva sorpreso tutti battendo il Milan in semifinale. Era una squadra temibile proprio perché partiva già sconfitta nei pronostici, di conseguenza non aveva nulla da perdere. C’era consapevolezza da parte nostra di affrontare una partita molto importante ma anche la sicurezza di avere giocatori che sapevano essere decisivi in gare del genere”.
“Un’analogia con l’Inter attuale è sicuramente la capacità di raggiungere degli obiettivi importanti e la confidenza con le vittorie. Nell’Inter post Triplete si percepiva la sicurezza nei propri mezzi, che acquisisci quando ottieni risultati straordinari che rimarranno scritti nella storia. La finale di Coppa Italia era la chiusura di un’altra stagione super, iniziata con le vittorie della Supercoppa Italiana e del Mondiale per Club. L’Inter di questa stagione sta cercando di creare un ciclo vincente, partendo dalle basi poste con la vittoria dello Scudetto dell’anno scorso e della Supercoppa di quest’anno”.

Cosa scatta quando arrivi a giocarti una finale secca? Cambia molto secondo te farlo contro i rivali di sempre della Juventus?

“Per affrontare una finale in partita “secca” devi riuscire ad accumulare tutte le energie fisiche e nervose che sono necessarie. La difficoltà maggiore è essere capace di esprimerle tutte sul campo, senza disperderle in pensieri e tensioni inutili. Il fatto che la finale sia un’altra puntata dell’infinita rivalità tra Inter e Juve, sarà sicuramente uno stimolo in più per fare bene e legittimare la superiorità sull’avversario”.

Pur non riuscendo a vincere lo Scudetto, la tua Inter nel 2010/2011 si rese protagonista di una grande rimonta dopo l’arrivo di Leonardo, con anche l’impresa di Monaco contro il Bayern in Champions League. Cosa portò l’arrivo di Leonardo a quella squadra secondo te? Ricordi se vi disse qualcosa di particolare prima della finale?

“L’arrivo di Leonardo portò serenità a un ambiente che aveva due stati d’animo opposti: grande euforia per la vittoria del Mondiale per Club, ma anche un po’ di fibrillazione per l’esonero di Benitez. Ricordo che le parole del Mister prima della finale facevano leva sul fatto che ci meritavamo di giocare una partita del genere in virtù di quello che avevamo dato sul campo e che sapeva di contare su giocatori di alto spessore che non avrebbero sottovalutato l’avversario”.

In tanti dicono che la Coppa Italia sia una “Coppetta” di poco conto e che le big la snobbino. Pensi che sia così? Negli anni è cambiato qualcosa o anche quando tu eri all’Inter era molto sentita?

Personalmente penso che la Coppa Italia sia un trofeo da rispettare. È vero che nei primi turni le big la utilizzano per dare spazio anche a chi gioca meno. Però quando le partite si fanno più impegnative, si alza anche la qualità dei protagonisti impiegati in campo. Quando ero all’Inter si dava molta importanza a quel trofeo e questo ci veniva trasmesso sia dallo staff tecnico, sia anche dalla Società. Penso che i gruppi vincenti affrontino ogni partita di ogni competizione come se fosse l’ultima, senza fare distinzioni”.

Eto’o quell’anno era una forza della natura, forse la migliore stagione della carriera. Cosa si prova ad avere un giocatore simile in rosa? E in allenamento faceva ammattire voi portieri?

“Eto’o era un fuoriclasse, lo dicono i numeri di gol fatti e i trofei che ha vinto nella sua carriera. Le sue qualità tecniche e di rapidità gli permettevano, in ogni momento della partita, di essere determinante con una giocata o una “fiammata” delle sue. In allenamento, nelle conclusioni verso la porta, cercava di essere sempre il più preciso possibile, proprio per non perdere la “confidenza” con il gol. È vero che ogni tanto faceva “rosicare” noi portieri, ma allenarsi con certi campioni ti può solo migliorare”.
Pietro Magnani