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5 cose che abbiamo imparato da Bayern Monaco-Inter

L’Inter esce sconfitta dall’ultima sfida del girone di Champions League contro il Bayern Monaco, ma non certo ridimensionata, anzi. Nonostante una squadra zeppa, almeno inizialmente, di riserve, i nerazzurri hanno fornito una buona prova corale e di carattere, certamente migliore rispetto a quella della sfida di andata. La squadra di Inzaghi può guardare con ottimismo al futuro, a partire dalla sfida di domenica contro la Juventus. Ecco, come di consueto, le 5 cose che abbiamo imparato dalla sfida di ieri.

1- Darmian dove lo metti sta

Darmian Matteo (@Getty Images)

Arrivato senza troppe pretese, Darmian, sia con Conte che con Inzaghi, si è dimostrato una pedina di fondamentale importanza. Bravo in tutto ed estremamente versatile, è talmente duttile che probabilmente all’occorrenza può sostituire anche idraulici ed elettricisti vari ad Appiano. Anche ieri grande prova in un ruolo non suo, braccetto di difesa a 3. Un’indicazione importante per il tecnico nerazzurro che, dopo un banco di prova del genere, ora sa di poter contare ancora di più su Darmian. In caso di emergenza Inzaghi avrà a disposizione un ottimo centrale in più.

 

2 – La vera vittoria è stata…un pareggio!

Esultanza Inter @GettyImages

Anche alla luce del risultato di ieri, risulta ancora più evidente l’importanza dell’impresa del Camp Nou. Uscire indenni dalla trasferta catalana dopo la vittoria di San Siro è stato fondamentale, la vera svolta del girone. Perché, come dimostrato sia dalle partite del Barcellona che da quelle dell’Inter contro il Bayern, fare punti contro i tedeschi è praticamente impossibile. Ecco perché quel 3 a 3 risulta ben più importante di tante altre vittorie, la vera chiave per il passaggio del turno. Ed è bene rimarcare ancora una volta quell’impresa tutt’altro che scontata, se ancora ce ne fosse bisogno. Facile per i detrattori dire “non è più il Barcellona di una volta” senza affrontarlo…

 

3 – L’Inter ha cambiato faccia

Inter (@Getty Images)

La differenza di atteggiamento, al di là del medesimo risultato finale, tra andata e ritorno è stata enorme. A San Siro, nonostante la formazione titolare, i nerazzurri erano stati sommersi dalla marea tedesca. Il Bayern, giocando, diciamocelo, in ciabatte, aveva passeggiato al minimo sindacale al Meazza, abusando a piacimento di un’Inter in piena crisi d’identità. Dopo divere settimane la musica è decisamente cambiata. Nonostante le seconde linee infatti, i nerazzurri hanno tenuto bene il campo, potendo a fine gara anche recriminare su qualche episodio a sfavore. Una decisa inversione di tendenza rispetto alla resa incondizionata dell’incontro precedente. Da questa consapevolezza deve continuare a ricostruire l’Inter: la stagione è ancora lunga e con questo atteggiamento c’è tutto il tempo per andare ancora lontano.

 

4 – Ci sono giovani e giovani…

Kristjan Asllani (@Getty Images)

Bayern Monaco-Inter ha anche evidenziato l’enorme abisso che c’è tra i giovani non solo delle due rose, ma dei due campionati. In Germania, anche in un colosso come quello bavarese, classe 2003-2004-2005 vengono considerati dei professionisti al pari degli altri. Se sono lì c’è un motivo e possono giocarsi le proprie carte anche contro professionisti ben più rodati. La fiducia è di un altro livello, ben più tangibile. In Italia invece i giovani di belle speranze, come Asllani e Bellanova, impallidiscono al confronto di quelli tedeschi. Ma non per demeriti loro, sia chiaro. Non sta scritto da nessuna parte che siano “più scarsi”. Semplicemente vengono da un sistema calcistico differente, dove la fiducia va erogata col contagocce, sacrificata per il bene superiore del risultato.

Certo, in una piazza come quella nerazzurra è evidente che si debba accontentare una tifoseria esigente in primis coi 3 punti, anche a costo di rischiare di bruciare qualche bella promessa. È anche qualcosa di legittimo quando devi necessariamente competere per vincere. Ma se club come il Bayern possono permettersi di avere in prima squadra e nelle rotazioni giovani e giovanissimi, alcuni anche tra i titolari (vedi Musiala) qualcosa vorrà pur dire. Non è ora che il calcio italiano, gradualmente, ovvio, provi anche a imparare qualcosa dagli altri?

 

5 – Correa non riesce a ritrovarsi

Joaquin Correa @GettyImages

Correa non riesce a ritrovarsi… o forse non lo ha mai fatto? La domanda a conti fatti è lecita. L’investimento di oltre 30 milioni, fortemente voluto da Inzaghi, non ha ancora dato alcun frutto tangibile. E gli alibi ormai sono ampiamente finiti per il Tucu. L’anno scorso erano i continui infortuni, stavolta? Di difficoltà di ambientamento non si può parlare, così come di quelle di adattamento, giocando in Italia da anni. Correa semplicemente, potrebbe essere un giocatore non da Inter. Leggero e lezioso, mai pronto a mettere il cuore oltre l’ostacolo e la gamba oltre il tackle. Fumoso, coi dovuti paragoni, come lo fu Zarate. Ovviamente non siamo a questi livelli. Tuttavia i punti interrogativi stanno diventando sempre più grandi e pesanti.

Senza dubbio potrebbe dare molto all’Inter, che non ha nessun giocatore in rosa con le sue caratteristiche. Ma quel potrebbe diventa un condizionale sempre più ipotetico e meno probabile ogni partita che passa. Correa purtroppo non è mai decisivo. Non sposta nulla, semplicemente si esalta quando la squadra va a mille ed il risultato è acquisito. Altrimenti non solo, per ora, non si sta dimostrando una risorsa, ma quasi un danno, un peso. Urge una svolta continua e duratura sotto l’aspetto psicologico. Deve scrollarsi di dosso un’evidente fragilità. Altrimenti saranno inevitabili i mugugni dei tifosi. Così come le valutazioni della società a fine anno.

Pietro Magnani

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