Adriano: “Distrutto dalla morte di mio padre: ero depresso, arrivavo agli allenamenti ubriaco. L’Inter per coprirmi…”
L'Imperatore a cuore aperto spiega il suo declino: "La mia rovina sono stati gli amici che frequentavo a Milano"I campioni che hanno vestito la maglia dell’Inter, nel corso della storia, sono davvero molti. Uno di quelli ricordati con più affetto degli ultimi anni, nonostante in nerazzurro non sia finita come si poteva pensare inizialmente, è Adriano Leite Ribeiro. A Milano l’ormai ex Imperatore ha mostrato inizialmente tutto il proprio potenziale, salvo poi crollare sul più bello. A spiegare i motivi di questa caduta ci pensa ancora una volta lo stesso brasiliano, ai microfoni della rivista R7: “A distruggermi è stata la morte di mio padre mi ha distrutto. Dopo ero sempre ubriaco e l’Inter mi copriva. Mi sono isolato, in Italia mi vedevo solo, triste e depresso e quindi ho cominciato a bere. Arrivavo all’allenamento ubriaco, ma mi presentavo sempre e lo staff mi portava a dormire in infermeria. L’Inter diceva che ero infortunato. So solo io quanto ho sofferto quando è morto mio padre e dopo è stato molto peggio perché mi sono isolato. In Italia ero solo, triste e depresso e quindi ho cominciato a bere”.
Dopo la perdita del genitore, l’alcool è stato il suo più grosso problema: “Mi sentivo felice solo bevendo e non c’era notte che non lo facessi. Bevevo tutto: whisky, vino, vodka, birra. Tantissima birra. Non smettevo mai e alla fine ho dovuto lasciare l’Inter. Non sapevo come nascondere la cosa e arrivavo ubriaco all’allenamento. Mi presentavo sempe e lo staff mi portava in infermeria a dormire. Alla stampa l’Inter diceva che avevo problemi muscolari”.
Non solo il lutto: sono state soprattutto le cattive amicizie ad indirizzare il brasiliano verso il declino: “Ho capito dopo che il problema era la gente che avevo intorno. Amici che non facevano altro che portarmi alle feste con donne e alcool, senza pensare a nient’altro. Tornando in Brasile ho rinunciato ai milioni, ma ho ritrovato la felicità”.