In occasione del decimo anniversario della vittoria dello Scudetto nell’anno del Triplete, Javier Zanetti ha rilasciato una lunghissima intervista ai microfoni di SportWeek per ricordare quell’annata. Dopo la prima parte, eccone la seconda.
Paura di non centrare un titolo – “No. Se inizi a pensare così, sei finito. Ragionavo al contrario, dovevo farlo: vinco tutto. E infatti ho vinto tutto. È proprio quello che ci aveva inculcato nella testa Mourinho. Aveva un potere magico, differente da qualsiasi altro tecnico: davanti a lui, ti convincevi che avresti potuto sfidare il mondo. E che per lui l’avresti fatto. José ti entra dentro, non ti molla più. Lo faceva con tutti, prima di ogni singola partita, che si trattasse di Milito o Mariga era lo stesso. In allenamento si respirava un’aria particolare, tutti volevano rendersi disponibili, tutti andavano a mille. Paura di farsi male e saltare il finale di stagione? Mah, io e Samuel abbiamo fatto mezza Champions da diffidati, pensi cosa mi sarei perso se avessi preso un giallo a Barcellona…”.
Visita a Moratti per i premi vittoria – “Andai io, da capitano, dopo aver parlato con i miei compagni. Finii in ufficio dal presidente quasi per ‘dovere’, per noi in quel momento quel che contava era la voglia di gloria. Ma tanto poi, si sa, con Moratti non c’era problema. E infatti accadeva sempre che ci mettevamo a parlare di calcio…”.
Ritorno a Barcellona – “Il piano partita saltò dopo il rosso di Motta. Fu resistenza allo stato puro. All’intervallo Mourinho quasi non parlò. Ci disse solo: ‘Ragazzi, a rischiare qui sono solo loro'”.
Gesto Balotelli all’andata – “Ero soprattutto deluso, ancor più che arrabbiato. Mario non si rese conto, quello è un gesto che non va mai fatto, figurarsi in una serata simile. Dopo la partita gli dissi: ‘Mario, questo gruppo va avanti comunque, con o senza di te. Se hai voglia di risalire sul treno, noi siamo qui’.Ma già due ore dopo aveva capito”.
Notte prima di Madrid – “Non ho mai sofferto una vigilia di un match in vita mia, ho sempre riposato alla grande. Ma quella notte non la dimentico: ero in camera con Cordoba, siamo entrambi devoti a Santa Rita, che si festeggia il 22 maggio. Aspettammo mezzanotte, ci guardammo, accendemmo insieme una candela e ci mettemmo a pregare. Meno male che non prese fuoco l’hotel!”.
Discorso Mourinho prima della finale – “Ci ricordò il progetto iniziale, e ci disse che eravamo a un passo dal fare la storia. Fu un discorso emozionante. Fu così convincente, Mou, che entrammo in campo con una concentrazione pazzesca. Me ne accorgo quando rivedo la foto in cui alzo la Coppa: quello non sono io. Quello non è Zanetti, non è la mia faccia, quel viso va al di là della felicità. Era una vita che mi passava davanti, in pochi istanti ripensai a tutto, a me bambino in Argentina. Quella sera, proprio quella sera, facevo 700 partite con l’Inter. In una finale di Champions, al Bernabeu: insomma, tutto scritto, tutto perfetto”.
Smettere con il calcio in quel momento – “No,mai. Avevo ancora voglia, poi l’ho dimostrato no?”.
Addio di Mourinho – “Avevo intuito qualcosa, come me pure molti miei compagni. Ma c’era pudore ad affrontare l’argomento. Anzi, paura più che pudore. Paura che questa cosa potesse farci male, potesse privarci del sogno per cui stavamo lottando. Ricordo che dopo la partita, in campo, io e Mou ci abbracciammo forte. E ci dicemmo solo una parola, la stessa: ‘Grazie'”.
San Siro pieno ad accogliervi – “Ero in diretta a Sky, mi intervistavano dopo la partita. Facevano vedere le immagini del Duomo, mi pareva incredibile tutta quella gente, mi veniva da piangere. Arrivammo all’aeroporto di Malpensa, c’erano tifosi anche lì. A un certo punto ci dissero: ‘Oh ragazzi, andiamo a San Siro, vi stanno aspettando’. Pensavo fosse uno scherzo, invece fu impressionante”.
Un oggetto che conserva – “La maglia, non l’ho data a nessuno. E la fascia, con la scritta delle 700 partite”.
Complimento più bello ricevuto da un avversario – “La sera stessa della finale mi si avvicinò Rummenigge. Mi disse: ‘Siete troppo forti, non date mai la sensazione di poter mollare’. Era proprio così. E poi fu carino anche Gabi Milito, fratello di Diego, che giocava nel Barcellona”.
Cambiare la squadra l’estate 2010 – “Era troppo difficile farlo in quel momento, era complicato modificare quel gruppo. E comunque la stagione dopo, nonostante un cambio di allenatore, arrivammo secondi in campionato e vincemmo la Coppa Italia. Quell’Inter aveva ancora fame. Solo successivamente il calo fu fisiologico”.
Morais ha detto che Messi potrebbe venire all’Inter, perché c’è lei – “Ho grandissimo rispetto per Leo. Potrei dire qui che gli ho parlato, per fare bella figura. Ma la verità è che non ho mai affrontato l’argomento con lui, non c’è mai stata la minima possibilità. E credo peraltro che lui stia molto bene a Barcellona”.
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