APPUNTI TATTICI – I pochi gol dell’Inter (parte I)
Da diversi mesi, ormai, l’attacco dell’Inter è sotto i riflettori in quanto spesso è stato considerato come la principale ragione dei problemi della squadra, palesatisi in maniera fin troppo evidente tra dicembre e gennaio. 27 reti in 23 partite non sono un gran numero, è oggettivo, ma più ancora che guardare alle nude cifre è […]Da diversi mesi, ormai, l’attacco dell’Inter è sotto i riflettori in quanto spesso è stato considerato come la principale ragione dei problemi della squadra, palesatisi in maniera fin troppo evidente tra dicembre e gennaio. 27 reti in 23 partite non sono un gran numero, è oggettivo, ma più ancora che guardare alle nude cifre è forse più interessante guardare a come queste sono arrivate e, soprattutto, cosa è mancato.
Tanto per cominciare, è fondamentale notare che i gol, ancorché pochi per una squadra con ambizioni di altissima classifica, sono piuttosto ben distribuiti perché in sole tre partite su ventitré i nerazzurri non hanno trovato la rete: anche da qui è arrivata l’etichetta di “squadra cinica” (o “fortunata”, a seconda di chi si esprimeva in merito). Curiosamente, è sempre successo a San Siro: due volte in casa e in trasferta contro il Milan – e il derby, si sa, è appunto la più atipica delle trasferte.
Provando a entrare più nel cuore della questione “gol segnati”, il dato che balza all’occhio osservando la ricostruzione planimetrica dei gol fatta da Squawka (e basata su dati Opta) è che appena quattro sono arrivati da fuori area e ben tre di questi hanno portato da soli i tre punti: la punizione di Ljajić contro il Genoa, il tiro di Medel contro la Roma e la conclusione di Guarín nel derby d’andata. Tre gol per nove punti, in ossequio al dogma degli 1-0 a cui il Biscione sembra così devoto questa stagione. Il quarto, invece, è il bellissimo siluro a giro di Marcelo Brozović contro l’Udinese, rete tanto bella quanto “inutile”, che cristallizza il punteggio sullo 0-4 finale ma che, di fatto, non sposta gli equilibri di una gara già ampiamente segnata prima della marcatura del croato.
I dati confermano quindi la sensazione che, sin dall’inizio del campionato, l’Inter sia in qualche modo preda di una certa tendenza a voler entrare in porta con la palla che, pure, mal si sposa con le caratteristiche proprie dei vari componenti della rosa, costituita da giocatori più abili nel fondamentale del tiro di quanto non dicano i numeri di questa stagione e meno portati per un calcio fatto di possesso continuativo e di posizione col quale meglio si sposerebbe la volontà di arrivare alla finalizzazione entro i sedici metri avversari. In realtà, si può legittimamente supporre che lo scarso numero di conclusioni da lontano visto fin qui sia anche figlio del preciso dettame tattico di Mancini, basato sul dominio fisico-atletico e, soprattutto, sulla compressione territoriale che l’Inter pare cercare ossessivamente quale sua unica possibilità per fare gol.
Di fatto, i gol nerazzurri arrivati grazie a dei tiri da fuori sono appena il 14,8% del totale e, per capire se fosse un numero in linea col trend del campionato, ho esaminato un campione composto da tutte le prime sei squadre del campionato e le formazioni che hanno segnato un numero di gol paragonabile a quello dell’Inter, aggiungendoci la Sampdoria perché è l’unica compagine della seconda metà della classifica che ha segnato molto più dei nerazzurri. Il risultato che ne ho tratto è la percentuale media di gol da fuori area di queste tredici squadre, che è pari al 19,4% quindi, approssimando di poco, si può dire che tutte le squadre di Serie A che hanno fatto più di 25 gol segnano mediamente una volta su cinque da oltre i famosi sedici metri. La percentuale, prendendo in esame le sole compagini che hanno segnato un numero di reti paragonabile a quello dell’Inter – dai 26 ai 29 –, addirittura sale di un punto percentuale abbondante, per arrivare al 20,7.
Dunque l’Inter è sotto media sia rispetto alla tendenza generale di due terzi di campionato, sia in confronto alle compagini che hanno un attacco similmente prolifico. Certamente non è l’unica e le altre due eccezioni tra le prime dodici in classifica sono il Milan, che ha segnato da fuori appena due volte in stagione (per uno striminzito 6,25% totale), e persino la stessa Juventus, che ha una percentuale quasi esattamente identica a quella dei nerazzurri – anzi, leggermente inferiore visto che è un 14% pulito contro un quasi 15%. Ma entrambe le storiche rivali del Biscione hanno fatto ben più gol in termini assoluti (rispettivamente 34 e 43), il che significa che sono le uniche due formazioni tra le prime dieci del campionato che sono riuscite a trovare abbastanza spesso la via della rete pur senza poter contare più di tanto sulle conclusioni da lontano, principalmente grazie all’ottima vena di Bacca, bomber d’area purissimo, e di Dybala (che peraltro ultimamente ha preso coraggio e segna ben più spesso anche da lontano).
Ciò nonostante, è evidente che per un attacco asfittico come quello di Mancini l’eventuale arma dei tiri da fuori non è sufficientemente presa in considerazione. A oggi i tiratori nerazzurri contemplano la conclusione da lontano come una scelta da fare solo in caso non ne siano disponibili altre. Perišić e Ljajić sono un ottimo esempio: il primo tira troppo poco da fuori e, in generale, fatica a trovare la porta perché arriva spesso alla conclusione dopo essere stato messo in condizioni di tirare da posizioni poco favorevoli; il secondo tira troppo poco in senso assoluto e fin troppo spesso indugia a lungo prima di scaricare in porta, finendo per venire murato (cosa accaduta tre volte su tre contro il Carpi, per esempio). Brozović, invece, conclude in porta spesso quasi quanto i due sopracitati pur partendo diversi metri più indietro ed è l’unico sufficientemente costante nei tentativi: peccato che invece non si possa dire lo stesso per la precisione. In generale, comunque, nessuno di loro tira più di una volta a partita da fuori area e, specialmente nel caso di Perišić e Ljajić, è probabilmente questo il dato che più rende l’idea dell’idiosincrasia interista per i tiri da lontano.
Anche Kondogbia fatica parecchio a pensare al tiro fino che questo non diventa una scelta talmente logica da diventare scontata e quindi facilmente leggibile dai difensori avversari. In realtà, più spesso e più semplicemente, la conclusione da lontano è un’opzione da ignorare, pensiamo soprattutto a Medel, Icardi o Palacio: non è dato sapere se sia per scarsa fiducia nelle proprie qualità o proprio per scelta consapevole/sistematica ma tutti loro cercano di non dover tirare, specialmente il cileno (che pure ha trovato proprio così il suo unico gol in maglia nerazzurra).
L’unico elemento della rosa che prova a cannoneggiare più spesso e con maggior dose di raziocinio, almeno finché rimane lucido, è Stevan Jovetić (si nota anche dallo schema riportato poco fa) che, però, per una curiosa legge del contrappasso, non ha segnato nemmeno una volta da fuori. Nell’ultimo paio di mesi, al di là del gol in Coppa Italia contro il Napoli, ha però sviluppato anche lui una pericolosa predilezione per il passaggio filtrante-a-tutti-i-costi che lo porta spesso a venire ineffabilmente murato dopo essersi ridotto all’ultimo secondo utile per scoccare il tiro, un po’ come fa Ljajić. Difficile dire, a ogni modo, cosa sia mancato alle conclusioni del montenegrino fin qui a parte un po’ di fortuna: senza dubbio l’ex Fiorentina e Manchester City meriterebbe almeno una gioia con uno screamer, come dicono in Inghilterra.
Certo è che se davvero Mancini avesse deciso che o gioca Icardi o gioca Jojo e non volesse più provare a farli coesistere, allora l’unica speranza per vedere un numero decente di tiri da fuori per i tifosi dell’Inter sarebbe il nuovo arrivato Éder, che già alla Sampdoria ha dimostrato di essere un buon tiratore dalla media/lunga distanza. Ammesso e non concesso che la Beneamata voglia provare a puntare di più su questa soluzione per provare a smarcarsi dalla filosofia del voler-entrare-in-porta-con-la-palla che sembra aver abbracciato totalmente (e acriticamente).